Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 04 Giovedì calendario

Cristo s’è fermato a Termoli

Un tempo Cristo, com’è noto, si fermava a Eboli, Salerno, cioè prima di arrivare in Basilicata. Oggi non più: si ferma a Termoli, costa del Molise. Il motivo pure stavolta non è religioso, ma politico: la sanità lucana non è stata commissariata, quella molisana lo è da 12 anni e sette governi.
Cristo s’è fermato a Termoli qualche giorno fa: un tizio attraversava in autostrada il breve lembo di terra detto Molise che vicino alla costa separa Abruzzo e Puglia e ha avuto la doppia sfortuna di avere un brutto incidente automobilistico proprio a Termoli. Sfortunato per l’incidente, certo, e ancor di più perché in Molise non c’è più un ospedale per “politraumatizzati”: sono tutti stati declassati anni fa dal commissario alla sanità, quello nominato a Roma per tagliare le spese in Molise. L’automobilista è morto mentre lo portavano a Chieti.
Essendosi fermato al porto di Termoli, Cristo non ha visto Bojano, nel Molise interno, dove un 61enne, punto da un calabrone, è morto per choc anafilattico mentre aspettava l’ambulanza. È arrivata troppo tardi perché il 118 in Molise, quel poco che c’è, ormai serve solo per spostare i malati Covid. E di spostarli c’è bisogno: i letti sono pieni, specie quelli di terapia intensiva, e i molisani emigrano pure da intubati. Cristo stavolta s’è fermato a Termoli, non a Eboli, perché Molise e Basilicata hanno più o meno gli stessi morti per Covid, ma la seconda ha il doppio degli abitanti: e a quel conto, a voler essere onesti, bisogna aggiungere il 61enne di Bojano e gli altri come lui, morti di malagestione. A Campobasso, a Isernia e negli altri comuni della piccola regione è in atto da mesi una sorta di esperimento che consiste nel negare ai cittadini il diritto costituzionale alla salute.
Da sei mesi ogni attività sanitaria ordinaria in Molise è ferma. Risparmiata di fatto dalla prima ondata, la piccola regione ha le peggiori performance durante la seconda. Quel che si doveva fare, non si è fatto, ma la situazione di partenza era già disastrosa. Colpa (anche) del commissariamento e del rigido sistema di tagli decisi al chiuso di un paio di ministeri: ospedali declassati (meno reparti, meno personale), posti letto dimezzati nel pubblico (ma saliti del 38% nel privato, che significa Neuromed o Gemelli), rete territoriale rasa al suolo. Può sembrare una piccola cosa, ma il budget sanitario del Molise è di 700 milioni l’anno: metterci le mani sopra fa felici i bilanci.
E veniamo alla pandemia. Non è stato creato un ospedale Covid, rendendo di fatto inagibili per gli altri malati i tre esistenti, c’è un solo laboratorio per i tamponi (e infatti se ne fanno pochi) e nessuno per sequenziare le varianti, le Usca non reggono e il personale è un buco nero un tempo detto pianta organica. In questi mesi, però, prendere decisioni è parso quasi impossibile: per mesi in cabina di regia il presidente di Regione Donato Toma (FI), autorità di Protezione civile, e il commissario ad acta per la sanità hanno litigato o finto di litigare senza concludere molto. La scorsa settimana sono finalmente riusciti a firmare una convenzione con Neuromed – il gruppo di Aldo Patriciello, “il Berlusconi del Sud” il cui cognato è vicepresidente regionale – per attivare 12 posti di terapia intensiva: sostanzialmente già esauriti.
Posti necessari e benedetti, per carità, però in primavera, quando un decreto invitò le Regioni a ristrutturare la propria rete sanitaria in vista della seconda ondata, la “cabina di regia” disse no alla riapertura del moderno ospedale di Vietri di Larino – dotato pure di camera iperbarica, uno dei pochi al Sud – chiuso per tagliare i costi, come quelli di Venafro e Agnone: un no che arrivò a fronte di due mozioni del consiglio regionale e di una petizione sottoscritta da 118 sindaci su 136. Si è deciso invece di creare una nuova ala “Covid” al Cardarelli di Campobasso: peccato che sia ben lontana dall’essere pronta e il costo sia già salito del 50%. Riassumendo: al 1° ottobre le vittime in Molise erano 24, ieri 357.