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 2021  marzo 03 Mercoledì calendario

Periscopio

L’equivoco è sotto gli occhi. La sottosegretaria sarà mica quella che fa le fotocopie alla segretaria? Aldo Grasso. Corsera.

Di cavalli ne ho tre, due me li hanno regalati. Per loro non spendo più del tre per cento del mio reddito. E poi i cavalli mi danno soddisfazione. Sono meglio degli asini che trovo nei giornali. Luciana Baldrighi, Feltri racconta Feltri. Sperling & Kupfer Editori, 1997.

Mi ero infatuato di Renzi. Mi piaceva la sua pars destruens. Penso che l’Italia vada destrutturata: sindacato, Pa, vecchi Pd. È la premessa per uscire dai guai. Renzi saprà poi ricostruire? Non so. Qui, torna la mia sfiducia verso l’Italia. Temo sia un paese inguaribile. Fabrizio Rondolino, scrittore (Giancarlo Perna). Libero.

Un segnale rivelatore dei piani di battaglia a cui Draghi si prepara è nella scelta dei tecnici che non ha chiamato a sé, i cosiddetti «draghetti». Contrariamente alle attese, Fabio Panetta è rimasto alla Bce, Dario Scannapieco alla Bei e neanche Ignazio Angeloni è stato convocato a Roma. In effetti la trattativa sul Recovery Fund è ormai imminente e non ci sarebbe stato il tempo per sostituirli adeguatamente a Francoforte, oltre al fatto che averli lì è certamente una garanzia. Luigi Bisignani. Il Tempo.

Salvini è sempre più incalzato dalla Meloni: chi vincerà la leadership? È in corso un riequilibro. Salvini aveva occupato nel Centro-Sud, in modo estemporaneo, lo spazio che politicamente era della destra, di An. Ora la Meloni si sta riprendendo l’elettorato che era suo. L’insieme dei voti finali non cambia. Il centrodestra ha comunque la maggioranza. Massimo Cacciari (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.

Non è mai stata colpa dei reprobi (più di 35 tra onorevoli e amministratori locali pentastellati, sottoposti alla gogna online come surrogato moderno del mito di purificazione) essere epurati per poter rinascere. Loro sono colpevoli solo di aver seguito quell’armamentario opaco di idee e tesi bislacche sul quale è stato costruito il consenso del Movimento. Bastava essere contro qualcosa oppure a favore di teorie improponibili, non importa se magari in contraddizione l’una con l’altra. E le Cinque stelle diventavano subito un rifugio sicuro. Marco Imarisio. Corsera.

La teoria quantistica è stata messa in piedi da quattro fisici: Heisenberg, Jordan, Dirac e Born. I primi tre erano ventenni. L’unico adulto era Born, quarantenne. All’inizio la chiamavano la «Knabenphysik», cioè la «fisica dei ragazzi». Non credo sia un caso: ci vuole lo sfrenato coraggio dei vent’anni per avere la forza o l’ardire di ripensare tutto in modo così radicale. Carlo Rovelli, scienziato, impegnato nella teoria quantistica (Antonio Gnoli), Repubblica.

Ho cominciato a leggere Orwell nel 1973 quando il Sessantotto degenerava producendo piccoli o minuscoli partiti o gruppi in lotta fra loro. Culturalmente, un guaio del Sessantotto è stato anche non essersi ricordati di quello che avevano scritto Orwell, Koestler, Silone, Simone Weil, Camus. Si credette di poter tornare al rivoluzionarismo del 1920, senza vedere cos’era successo dal 1930 in poi. Non aver preso sul serio le migliori critiche al comunismo è stato un errore fatale. Non ne potevo più della politica di gruppi o partiti. All’individualismo non credo che si debba rinunciare, non è né giusto né utile. Come diceva Camus, bisogna essere prima soli e poi solidali. Alfonso Belardinelli, critico letterario (Nicola Mirenzi). HuffPost.

La quarta vita di Scerbanenco comincia a settembre del ’43, con la fuga in Svizzera, e finisce con la quinta, nel dopoguerra che segna il ritorno del «russo» in un’Italia liberata e tutta da ricostruire. Scerbanenco ricomincia da dove aveva interrotto, stavolta in Rizzoli, con la direzione di Novella, Bella, e Annabella. Intorno a lui, l’Italia comincia a mutare la pelle: da paese semirurale a piccola potenza industriale, dal carretto tirato da un asino alla bicicletta allo scooter alla Seicento. Maurizio Pilotti. Libertà.

«Ha insegnato alle donne che avere il libero arbitrio in camera da letto non era scandaloso», scrive il Guardian, ricordando brani come A far l’amore comincia tu e Tanti auguri in cui canta «ma girando questa terra io mi sono convinta che non c’è odio non c’è guerra quando a letto l’amore c’è. Com’è bello far l’amore da Trieste in giù, l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu», una canzone che «è diventata un inno al sesso e alla sessualità». Raffaella Carrà (Maria Volpe). Sette.

Alessandro Barbero, 60 anni, ordinario di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale. Oltre 40 pubblicazioni (a settembre uscirà per Laterza un suo libro su Dante), presenza amatissima su Rai Storia e al fianco di Piero Angela. Negli ultimi anni Barbero è diventato una rockstar online: dalla discesa di Carlo VIII in Italia all’epidemia di Spagnola, i suoi interventi storici raggiungono clic da derby, senza contare i gruppi di fan su Facebook. Una sua lezione online su Carlo Magno ha raggiunto quasi 400 mila visualizzazioni. Roberta Scorranese. Corsera.

Anche se il giudizio non è così netto come in Gran Bretagna dove basta aprire la bocca per essere subito classificati a che strato sociale si appartiene, un orecchio esercitato scoprirà più facilmente con chi ha a che fare in Germania che non in Francia o in Italia. Brigitte Sauzay, Le vertige Allemand. Olivier Orban, 1985.

Qui a San Pietroburgo mi viene di pensare che cosa straordinaria è stata la civiltà italiana, essa e tutti i suoi stravaganti operosi. Senza di noi l’Europa non ci sarebbe. E tirarcene fuori sarebbe come toglierle i polmoni. La sera l’ho trascorsa tutta a leggere Dumas. Geminello Alvi, Ai padri perdòno. Mondadori, 2003.

Il giorno in cui mia figlia Paola dovette mettere gli occhiali, la Guerrina, che è in casa nostra da quarant’anni ma ha le radici a Bomporto di Modena, pianse in segreto. Guglielmo Zucconi, La scommessa. Rizzoli, 1993.

Quando c’è da spedire un telegramma, o da registrare una lettera raccomandata, Matteo manda allo sportello l’Evelina, sua aiutante e schiava, una zitella timida, coi capelli rossi, che nel parlare si mangia le esse. Perché lui, dev’essere chiaro, lui Matteo non si abbassa allo sportello. Rimane impenetrabile alla scrivania, che è massiccia e ornata come un trono seicentesco: protetto da un vetro smerigliato, passa il tempo a far parole incrociate, o solitari con le carte dei tarocchi. Nantas Salvalaggio, Villa Mimosa. Mondadori 1985.

Ho vissuto abbastanza per avere più rimpianti che ricordi. Roberto Gervaso.