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 2021  marzo 03 Mercoledì calendario

Laura Pausini parla dopo il Golden Globe vinto

Questa voce incredibile, inconfondibile e casalinga canta anche nel telefono, squilla ad ogni sillaba arrotondando l’accento romagnolo. La voce di Laura Pausini guizza contenta dopo tanto buio. Lei ha vinto il Golden Globe ma pensava di avere perso tutto.
C’è chi dice: là fuori si muore e intanto sul quel palco cantano.
«Ma noi cantiamo proprio perché là fuori si muore, e non solo di Covid.
La vita c’è, e si deve vivere anche per rispetto di chi questa vita ha dovuto salutarla. La musica accompagna chi rimane, la musica consola e accarezza. Come un libro, un quadro, una partita di calcio. È la bellezza».
Lei come ha resistito?
«Da marzo ad agosto non riuscivo neppure ad ascoltare la radio, mi sentivo in colpa, inutile. Un blocco emotivo e creativo totale. Pensavo di essere arrivata alla fine della storia. Non riuscivo più a scrivere e nemmeno a leggere. Mi dicevo: vado avanti a fare cosa? Cosa racconto, adesso? Volevo quasi smettere»
Poi cos’è successo?
«Ho trovato il mio vaccino morbido, cioè la telefonata di Edoardo Ponti e Sofia Loren per scrivere Io sì . Questa canzone mi ha salvato, mi ha ridato la voglia di cercare parole e ascoltarle. Mi ha restituito la voce. Il premio è stato questo, più del premio vero che pure è enorme, inimmaginabile. Una cosa talmente grande che non la sognavo nemmeno».
Lei non voleva fare la stella mondiale?
«Ma no! Io volevo cantare nei piano bar da sola, senza papà, questo mio desiderio era crescere. Gli amici mi prendevano in giro».
Laura vinse a Sanremo 28 anni fa: c’è ancora? È sempre lei?
«Abita nel mio profondo, anche se per sopravvivere si è costruita la corazza. Però la ragazza che l’altro giorno urlava e saltava è proprio Laura di una vita fa».
Perché quella corazza?
«Perché nel mio mondo c’è gente pesante da digerire, persone che mi hanno fatto male. Non mi capacitavo, ora ho imparato a resistere. Ma ne ho viste di cose. Ho perso l’innocenza, quello zucchero che un po’ ero anch’io. I miei occhi vedevano solo cose belle, pulite.
Non era così, però le cerco ancora, le cerco sempre».
La solitudine , il suo primo grande successo. Un tema sempre attuale.
«La pandemia ci ha tolto le persone ma ci ha detto qualcosa di più su di noi. È stata utile. Restare in Romagna è il mio reset: la famiglia, le radici, i compagni di scuola, il mio mondo e il mio motivo. Bello».
Poi squilla il telefono. Pronto?
E all’altro capo c’è Sofia Loren.
«Mi ha detto: tu non devi cantare una canzone, devi essere la mia voce nell’ultima frase del film. Ha creduto in me, mi ha voluto e mi ha scelto, lei così attenta a ogni dettaglio, così puntigliosa.
Un’intesa perfetta, e pensare che in questo anno non ci siamo mai incontrate di persona: non ce n’era bisogno e comunque non si può. Io avevo sempre detto no al cinema, spesso la canzone non c’entra niente col film. Forse me lo sentivo che un bel giorno sarebbe arrivata una cosa del genere, una storia piena di significato, un messaggio forte di inclusione. E poi, accidenti, io sarò anche Laura Pausini ma lei è la Loren!»
Stavolta ha scritto più di una canzone: perché?
«Edoardo Ponti mi ha diretta, e non mi era mai successo: la mia voce affidata a un regista. Mi diceva: la seconda riga della seconda strofa devi farla più soffiata, io ho quest’immagine da accompagnare alla musica, devi essere fragile. E io l’ho seguito».
Ma lei è fragile?
«Io sono del Toro, dunque sul lavoro penso di saperla lunga, però questa esperienza del film mi ha cambiata, ora sono più completa e anche più contenta».
Eppure è stata appena aggredita verbalmente: che tristi quelle frasi della signora d’Eusanio che ha cercato di gettare ombre sulla sua famiglia.
«L’ho detto, bisogna corazzarsi ma non basta mai. La sera ti corichi e ti domandi da cosa dovrai difenderti al risveglio. E intanto la calunnia vola. È molto triste: la mediocrità ha un accesso privilegiato, ormai è la strada di tanti».
Come vive la violenza contro le donne?
«Esistono persone cattive, losche e false. Io mi tengo il mio mal di stomaco e vado avanti».
Dove comincia la musica?
«Sempre dallo strumento, anche se la tecnologia offre risorse e nuovi suoni che sono delle figate assurde. Ma se ti abitui alla troppa semplicità, se ti appoggi alla comodità sei fregato».
Lei urla molto?
«Eh sì, per contratto! Ma anche per indole. Quando ho saputo della nomination al Golden Globe , mi stavo filmando: sapeste quante parolacce! Al momento del premio, almeno, ho gridato e basta » .
Il film si intitola La vita davanti a sé : e davanti alla sua, cosa c’è adesso?
«Il nuovo disco, le ore in studio di registrazione, la gioia di dire e di cantare che è tornata in un anno di svolta terribile ma cruciale, importantissimo».
Lei appare sempre molto semplice e sincera: è proprio così?
«Mi esibisco da quando avevo otto anni, credo di essere una persona normale anche se mi è accaduta questa vita pazzesca. Ma avere di fronte cento persone o centomila non cambia il senso della mia musica e di me stessa. Perché il significato è dentro».
Laura, ha preparato l’autocertificazione per Sanremo?
«Eccome! Dal festival mi hanno mandato il modulo, non sto scherzando. A Cervia mi trovo in zona arancione rinforzato o come diavolo si chiama, io direi piuttosto arancione merda, e per spostarmi serve un valido motivo di lavoro.
Così stamattina parto, vado al festival, canto la mia canzone, mi rimetto in macchina e rientro subito a casa. Con l’autocertificazione bella pronta sul sedile».