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 2021  marzo 02 Martedì calendario

12QQAFZ10 Intervista alla scrittrice Elizabeth Wetmore

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Il romanzo più interessante e sorprendente di questi mesi è un debutto a firma di Elizabeth Wetmore, una storia di violenza, stupro e ricerca di giustizia con i canoni del più maschile dei generi: il western. In uscita per Ponte alle Grazie, il romanzo è intitolato La notte di San Valentino , ed è stato celebrato dalla critica e dagli autori statunitensi: sia il Washington Post che il Chicago Tribune hanno parlato di un debutto «emozionante» e «commovente » e Ann Patchett è stata la capofila di un nutrito numero di scrittori che lo hanno osannato come «una rivelazione», parlando di un testo «sconvolgente» e dall’«urgenza morale». Raccontato per bocca di cinque donne, il romanzo è stato lanciato con una tag-line illuminante: «È difficile la pietà in un luogo come questo ».
L’ambiente, che evoca il mondo di Cormac Mc-Carthy e Marilynne Robinson, diviene un personaggio, così come il clima torrido, nel quale si stagliano caratteri indimenticabili. La vicenda prende lo spunto dallo stupro di Gloria Ramirez, una messicana di soli 14 anni per mano di un cowboy di nome Dale Strickland. La comunità della cittadina di Odessa, nel Texas, si interroga su come reagire, in un mondo segnato dal razzismo, lo squallore, la disperazione e la solitudine. «È ambientato nella mia città natale », mi racconta con tono appassionato «da ragazzina amavo origliare le storie dei grandi: le notti d’estate passavo ore ad ascoltare le conversazioni di mia madre e le sue amiche fin quando non mi cacciavano. Il libro è nato così, con le voci delle donne».
È vero che in origine era un
racconto?
«Sì, e ci sono molte scene tagliate, che spero di riunire un giorno in una raccolta. Amo i racconti, mi piace leggerli e mi piace scriverli: è una forma nobile ed elegante e nulla mi rende più felice di leggere una storia quasi perfetta (anche scriverla, ma non vedo nessuno tra i miei racconti che sia quasi perfetto)».
Come mai ha ambientato il romanzo negli anni Settanta?
«Nella prima stesura mi sono ispirato ad alcune ragazze che vivevano a Larkspur Lane, la strada in cui sono cresciuta. Mi sono basata anche sul boom del petrolio degli anni Settanta che ha consentito a molta gente, compresi i miei genitori, di entrare a far parte della classe media. Uno dei piaceri inaspettati è un’ambientazione in cui non c’erano i cellulari, internet o il Gps».
Lei utilizza un genere prettamente maschile come il western per una storia al femminile.
«Ho appena finite di leggere lo splendido libro di Attica Locke,
Texas Blues , nel quale fa la stessa operazione sul thriller. Nelle prime stesure non consideravo il mio libro un western, volevo soltanto raccontare delle storie.
Ma poi mi sono resa conto che utilizzavo degli stilemi classici di quel genere: i vasti cieli e il terreno duro, il mito dell’uomo solitario e la presenza di una giustizia brutale».
Che importanza ha avuto il paesaggio del West Texas nel romanzo?
«Mi ha consentito di focalizzare la mia attenzione sulla meraviglia della creazione di Dio, anche se mi trovavo nel mezzo di una storia difficile da raccontare.
Spero di aver realizzato un libro bello e utile: mi auguro che richiami l’attenzione anche sui disastri ambientali perpetrati da quando è stato scoperto il petrolio».
Nonostante l’orrore e il razzismo il libro sembra una dichiarazione d’amore per il Texas.
«Lo è, e la ringrazio per averlo notato. È una lettera d’amore per il Texas, per la mia città, per le donne e le ragazze che hanno vissuto a Larkspur Lane, ma soprattutto per il personaggio di Gloria, che cambia il nome in Glory».
È un mondo caratterizzato dal razzismo del suprematismo bianco: la giustizia sarebbe stata differente se Gloria fosse stata bianca?
«La risposta che mi sono data è: forse. Se fosse stata di una classe sociale diversa, se la famiglia avesse avuto delle risorse importanti, se avesse avuto dei rapporti con la polizia o con i giudici. Il suprematismo bianco e la misoginia sono due facce della stessa medaglia e nel momento stesso in cui una ragazzina accetta un invito, sarà sempre biasimata per quello che succede dopo».
Gloria spera che Dale “muoia giovane” e con “nessuno che pianga per lui.” Non c’è spazio per il perdono?
«C’è sempre spazio per il perdono, specie quando una persona esprime autentico pentimento per quello che ha causato e chiede di essere perdonato. Ma dubito che il perdono provenga da una ragazzina di 14 anni che è sopravvissuta a un violento abuso. Dale non esprime mai pietà o rimorso: alla fine sono stata contenta di lasciarlo al suo fato, tuttavia credo nella riconciliazione anche nella redenzione».
Il razzismo e la misoginia ci sono ancora oggi?
«Quando penso agli Stati Uniti mi viene in mente sempre una verso di Democracy di Leonard Cohen: amo il mio paese, ma non riesco a sopportarne la realtà.
Il suprematismo bianco e la misoginia sono ancora un problema nel West Texas, così come in ogni villaggio, città, borgo e anche metropoli degli Stati Uniti. Non è sorprendente, se si ricorda che la nazione è stata costruita sul lavoro e sul dolore degli schiavi, e che il Texas, il mio stato, è stato sottratto al Messico come territorio di schiavi. Io temo che fin quando coloro che hanno il potere — in questo caso i bianchi — rifiutano di ammettere quello che sono e da dove provengono, il peccato della supremazia bianca continuerà ad agire come un veleno che uccide lentamente la nazione».