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 2021  febbraio 28 Domenica calendario

Biografia di John Travolta

Due anni fa John Travolta accettò l’invito a partecipare alla Festa del Cinema di Roma a condizione di venire in Italia pilotando il proprio aereo: scoprii in seguito che si trattava di un Boeing riadattato per le proprie esigenze, che parcheggia nella sua tenuta in Florida dove ha costruito una pista per il decollo e l’atterraggio dei suoi quattro aerei. Come tutte le grandi star, fece alcune richieste: nulla di particolarmente esoso, ma certamente diverse da quelle di tutti gli altri. Chiese ad esempio di coprire con pannelli scuri le finestre della suite dell’albergo in cui avrebbe dormito, in modo da poter riposare durante il giorno. E poi mi chiese di parlare solo di cinema, sottintendendo di evitare domande su Scientology, o sulla sua famiglia, aggiungendo però: «Farò qualcosa di scandaloso: dirò la verità.»
Sin dal giorno in cui arrivò in compagnia del produttore italiano Oscar Generale, si rivelò affabile e professionale, ma nello sguardo sorridente e gigione si intravedeva a tratti l’ombra dei molti dolori che lo hanno colpito, così come il senso di precarietà che nasce dall’altalena continua tra trionfi e disastri. È diventato una star di prima grandezza giovanissimo, ma poi, a causa di troppe scelte sbagliate, entrò nel dimenticatoio, fin quando Quentin Tarantino non gli ha dato una seconda vita professionale con un ruolo indimenticabile in Pulp Fiction. Da allora ha continuato ad alternare successi e fiaschi, riuscendo a ottenere però cachet di venti milioni di dollari dall’alto di un valore di mercato indiscutibile: l’incasso complessivo dei suoi film supera i 4.3 miliardi di dollari. Per comprendere il suo status di icona basta pensare che venne invitato in occasione della visita di Lady Diana alla Casa Bianca, in modo che potesse danzare con lei. È nato sessantasette anni fa a Englewood, nel New Jersey da Salvatore Travolta, giocatore di football diventato commerciante in pneumatici, e Helen, attrice e cantante: è il più giovane di sei figli, educati tutti secondo i dettami della religione cattolica prima che lui si convertisse a Scientology. Ha abbandonato gli studi per dedicarsi alla recitazione, e dopo qualche sitcom e piccoli ruoli in film quali Carrie, viene scritturato come protagonista della Febbre del sabato sera.
Re per una notte
Il suo carisma scherzoso conquistò gli spettatori sin dei titoli di testa, nei quali cammina al suono della musica dei Bee Gees, e divenne una superstar immortalando una persona la cui massima aspirazione è quella di essere re per una notte ballando nei locali periferici di Brooklyn: un’interpretazione indimenticabile che lo fece diventare il più giovane candidato nella storia degli Oscar. «Diventai da un momento all’altro un sex symbol», racconta oggi, «ma adesso come allora non l’ho mai preso troppo sul serio». Il trionfo venne replicato l’anno successivo con Grease, al quale seguirono successi come Urban Cowboy e disastri commerciali quali Moment by Moment. Ancora oggi si pente di aver rifiutato inspiegabilmente sia American gigolò che Ufficiale e gentiluomo, che divennero entrambi enormi successi e costruirono la carriera di Richard Gere.
Il twist con la Thurman
Non è l’unica star beneficiata dai suoi errori: dopo il suo rifiuto, Tom Hanks ha interpretato Splash, Apollo 13 e Forrest Gump. Quando sembrava un «has been», termine che a Hollywood si usa per chi è finito, Tarantino ne ha intuito le potenzialità e lo ha scritturato nella parte di un killer con una pessima pettinatura, regalandogli dei dialoghi irresistibili e un indimenticabile twist insieme a Uma Thurman: «Mi sono trovato a scegliere tra Forrest Gump e il secondo film del regista delle Iene: ho scommesso su di lui e credo di aver fatto bene», mi ha spiegato, «ma né io né Quentin ci aspettavamo un successo di quel genere. Per quanto riguarda la scena del twist sono stato io a coreografarlo: Quentin sa valorizzare il talento di chi lavora con lui». Poche volte nella storia del cinema si è assistito a una rinascita di queste proporzioni, e sono numerosi i film di successo di quel periodo tra i quali Face/Off e I colori della vittoria, dove interpreta magnificamente un presidente ispirato a Bill Clinton.
Il legame con Scientology
Riguardo a questo film circola una leggenda secondo cui il ritratto del presidente sia stato addolcito in cambio di una posizione dialogante da parte del governo americano con Scientology: tale è il suo attaccamento, che nel momento di massima gloria ha deciso di adattare per lo schermo il romanzo di Ron Hubbard, Battlefield Earth, esponendosi a un nuovo disastro artistico e commerciale. La sua fede è coinvolta anche nella morte del figlio Jett, malato di autismo e morto per il morbo Kawasaki: la vicenda ha avuto anche ripercussioni legali dalle quali Travolta è uscito vittorioso, dopo che venne accusato di non curare adeguatamente il figlio per volere di Scientology. A quella tragedia familiare ha fatto seguito lo scorso anno la scomparsa, per un tumore, della moglie Kelly Preston, e la sua decisione di prendere una pausa dalla recitazione. Negli ultimi anni ha rifiutato di partecipare a Chicago, ma in questa occasione ha riso quando il ruolo è andato ancora una volta a Richard Gere. «Sono famoso come Marilyn ed Elvis, ma non sono finito come loro grazie alla mia fede», racconta. E poi aggiunge: «La gente giudica Scientology senza saperne niente». L’ho visto commuoversi al ricordo dell’amico Robin Williams, «dolce, intelligente e appassionato», e quando entra in confidenza con l’interlocutore parla volentieri dei suoi gusti più intimi come l’amore per James Cagney e per Un uomo, una donna, di Lelouch. A Roma, mi spiegò però che il film che gli ha cambiato la vita è stato La Strada di Fellini: «Non credevo che si potesse morire di dolore: è un insegnamento che mi porto dentro ogni giorno.»