Specchio, 28 febbraio 2021
New York torna città violenta
Il 12 luglio scorso Davell Gardner, età un anno, stava dormendo nella sua carrozzina al Raymond Bush Playground di Bedford-Stuyvesant, quartiere difficile di Brooklyn. Verso le undici di sera due uomini erano scesi da un SUV scuro e avevano sparato contro un gruppo di persone che si godevano un picnic estivo nel parco, per ragioni mai chiarite dalla polizia. Un proiettile aveva colpito Davell allo stomaco, facendolo entrare nelle statistiche come la più giovane vittima di un omicidio a New York nel 2020.
Oltre a lui, durante l’anno passato in città sono state ammazzate 461 persone. Quasi nulla, davanti ai 25.000 morti falciati dal Covid. Però il balzo statistico degli omicidi rispetto al 2019 è stato del 45%, impressionante, a conferma del fatto che la violenza si sta riprendendo le città americane.
In alcuni casi si è trattato di scontri fra gang, in aumento ovunque. In altri di azioni criminali premeditate, tipo rapine o regolamenti di conti. Spesso, però, la violenza balorda ha fatto vittime innocenti a caso, spargendo ancora di più il panico. Per esempio alla fine di settembre Bertha Arriaga, immigrata messicana di 43 anni, stava dormendo nella sua casa di Jackson Heights con i tre figli Angel, 14 anni; Victor, 10; e George, 6. Poco dopo mezzanotte aveva sentito dei rumori in strada che l’avevano svegliata, e si era affacciata per vedere cosa succedeva. Una pallottola l’aveva raggiunta al collo, facendola stramazzare in una pozza di sangue, dove l’aveva trovata Angel. Il bambino aveva chiamato il padre, che aveva tentato di rianimare Bertha e chiamato l’ambulanza. Il proiettile però aveva reciso la carotide e non c’era stato più nulla da fare. Qualche giorno dopo la polizia aveva arrestato e incriminato Issam Elabbar, 31 anni, di Corona. Un video lo aveva ripreso mentre cercava di rubare uno scooter in strada, sotto la casa di Bertha, ma non ci era riuscito. Mentre andava via, però, aveva tirato fuori la pistola ed esploso un colpo alle sue spalle, senza neanche guardare. Così, tanto per fare.
A New York, secondo i dati appena pubblicati dal Dipartimento di Polizia, le sparatorie sono aumentate del 97%, cioè 1.531 contro le 754 del 2019. In totale, 1.868 persone sono state colpite dai proiettili. Gli omicidi sono saliti del 45%, ossia 462 contro i 319 dell’anno scorso. A dire il vero la città aveva vissuto tempi assai peggiori, come quando nel 1990 aveva fatto il record di 2.245 morti ammazzati. Anche con Giuliani sindaco, nel 2000, gli omicidi erano stati parecchi di più, 673, mentre durante il 2020 il tasso complessivo della criminalità a New York è sceso dell’1%, perché sono diminuiti altri reati come stupri e rapine. L’impennata di omicidi e sparatorie resta però impressionante, e riflette una preoccupante tendenza nazionale. A Chicago è andata anche peggio, con 796 cittadini uccisi, ossia 274 in più del 2019.
Gli omicidi sono aumentati in tutte le grandi città, come Detroit e Washington, ma pure in quelle più piccole, tipo Grand Rapids. Secondo uno studio condotto dalla National Commission on Covid-19 and Criminal Justice su 34 centri urbani, da Norfolk a New York, nel 2020 la percentuale nazionale delle persone uccise è cresciuta del 30%. Parliamo del 55% in più a Chicago, 45% nella Grande Mela e 38% a Los Angeles, ma anche del 97% a Milwaukee e 90% a Louisville. In totale, 1.268 omicidi in più rispetto al 2019. Numeri da guerriglia urbana. E siccome la paura genera paura, naturalmente c’è stato anche un balzo nella vendita di fucili e pistole. Nel gennaio scorso gli americani hanno comprato oltre due milioni di armi, cioè l’80% in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. È successo un po’ per il timore delle violenze, e un po’ perché si aspettano che Biden vieterà o limiterà il commercio di questi strumenti di morte, dopo aver promesso in campagna elettorale di bandire i mitra semiautomatici AR-15.
Secondo sociologi e criminologi, le principali cause nazionali dell’aumento degli omicidi sono i problemi socio-economici provocati dal Covid, la disoccupazione, la riduzione delle risorse a disposizione delle comunità più povere, il risentimento e le proteste razziali seguite all’uccisione di George Floyd a Minneapolis in maggio. Trump aveva cercato di sfruttare queste tensioni durante la campagna elettorale, scaricando la colpa dei disordini sugli amministratori locali democratici. Aveva anche ripreso le esecuzioni federali, 13 nel giro di sette mesi, per presentarsi all’America come il presidente della legge e l’ordine, ma non è servito comunque a farlo vincere nelle presidenziali del 3 novembre.
A New York, oltre a queste spiegazioni nazionali, si punta il dito soprattutto contro la riforma della libertà provvisoria, varata allo scopo di diminuire la popolazione carceraria del 40%, togliendo la cauzione in contanti per il 90% degli arresti. Ciò ha aumentato le scarcerazioni, rimettendo in circolazione soggetti pericolosi. I critici di de Blasio poi accusano il sindaco di essere debole contro il crimine, e di aver ceduto alle pressioni della sinistra che chiede di «defund the police», cioè punire le forze dell’ordine togliendo loro i soldi. Infatti ha ridotto i fondi del Dipartimento di Polizia di un miliardo di dollari, demoralizzando gli agenti. Il taglio in realtà è stato più piccolo, circa 345 milioni sul bilancio operativo, ma è avvenuto. I portavoce del sindaco rispondono che lui è contro la carcerazione di massa, però ha sempre sostenuto gli arresti per i crimini violenti. L’aumento della criminalità invece è un fenomeno generale che ha cause nazionali, ma viene sfruttato a livello locale per attaccare de Blasio e condizionare la campagna per l’elezione del nuovo sindaco, in programma il 2 novembre. A conferma di questa spiegazione il primo cittadino di New York fa notare che l’impennata dei reati è cominciata a maggio, in corrispondenza con il primo picco del Covid, e poi con le tensioni seguite all’uccisione di George Floyd.
Qualunque sia la verità, non c’è dubbio che il problema tocchi il presidente Biden, perché tutte le cause dell’aumento della criminalità sono legate ai temi di fondo che aveva promesso di affrontare durante la campagna elettorale. Deve superare l’emergenza Covid, far ripartire economia e occupazione, e quindi eliminare le principali ragioni contingenti. Poi però si è impegnato anche a sanare il razzismo sistemico e riformare la polizia, senza toglierle i finanziamenti, ma rendendola più efficace e giusta attraverso il dialogo fra tutte le parti. Già quando era il vice di Obama, poi, aveva cercato di limitare o regolare la vendita delle armi, che ora torna in agenda. Una sfida complessiva enorme, da cui dipenderà il suo successo personale, quello delle grandi città come New York, e dell’intera America post trumpista, spaccata da una guerra culturale insanabile.