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 2021  febbraio 28 Domenica calendario

Quelle 21 martellate per eliminare Stefania Crotti

Alle 15.29 del 17 gennaio 2019 Stefania Crotti, 42 anni, è serena, sta per timbrare il cartellino. Come ogni giovedì raggiungerà la propria figlia - sette anni compiuti - per una cenetta con il marito Stefano Del Bello e la loro reginetta. Quell’orario ridotto di sei ore giornaliere è davvero perfetto; le permette di dividersi tra famiglia e lavoro, come impiegata nell’amministrazione della P.M.G., azienda specializzata nella produzione di mescole a base di elastomeri di Cenate Sotto, centro nel polmone industriale della Bergamasca. A pochi chilometri, a Gorlago, nella piacevole villetta bifamiliare divisa con la sorella Loretta, l’aspettano i suoceri che intrattengono la piccola tra giochi e i compiti. E’ un bel momento per questa famiglia. La mamma sta recuperando il rapporto con il marito, due anni più grande, impiegato in un’azienda di logistica. Litigi, delusioni e amarezze sembrano superati dopo quel periodo buio. Era l’estate del 2018 quando lei aveva scambiato qualche sms adultero con un amico, un certo Mario, e soprattutto era stata tradita. Il marito aveva coltivato una relazione clandestina con Chiara Alessandri, classe 1975, separata, tre figli. Un’avventura durata tre, quattro mesi con Stefano che si era trasferito in un monolocale, "per capire meglio", come si dice in questi casi. Chiara se n’era innamorata. Sognava ad occhi aperti di rifarsi una vita. Sul profilo Facebook aveva persino pubblicato una fotografia che li ritraeva abbracciati al concerto di Fabrizio Moro: "Quando in fondo – chiosava - per me l’eternità sei tu". Ma la rottura era all’orizzonte. Stefano tornava sempre più spesso a casa dalla moglie per poi trovarsi Chiara in mezzo alla strada. Chiedeva, imprecava, furibonda lo minacciava. E così quando Stefano ha fatto un passo indietro lei è esplosa: possessiva, gelosa, violenta. L’aveva assediato, arrivando persino a scrivere direttamente alla moglie tradita: "Lo vuoi esibire solo come trofeo, non sei innamorata, sei falsa". Stefania l’aveva bloccata e cercava di andare oltre.
La coppia ritrovata era andata persino dal tatuatore: lui si era fatto incidere sull’avambraccio sinistro: "Liberi di sbagliare, liberi di ricominciare", lei l’aveva perdonato, scegliendo "Believe", credere, sul polso destro. Si erano perdonati a vicenda dopo 24 anni passati insieme.
Si erano conosciuti al quarto anno dell’istituto tecnico a Trescore Balneario, il loro amore era sbocciato durante una gita con tutta la classe a Firenze, 7 anni di fidanzamento, il matrimonio nel 2002: «Passavamo il tempo - ricorda oggi – a disegnare con l’architetto la villa da costruire sul terreno dove un tempo sorgeva la casa della nonna di Stefania. Abbiamo vissuto quasi dieci anni stupendi di coppia poi il 13 settembre 2011, è nata nostra figlia, amore insuperabile».
Dunque, finito il lavoro, quel pomeriggio, Stefania alle 15.45 raggiunge il parcheggio per recuperare la sua Lancia Y bordeaux. Scorge quell’uomo sorridente che ciondola con una rosa rossa in mano, vicino a un furgone colore argento."Scusi, Stefania?" Le chiede e lei incredula tentenna, "Sì sono io, ci conosciamo?". "No, no mi scusi, sono Angelo, non la voglio spaventare ma ho questa rosa e un biglietto da parte di suo marito che l’aspetta, se viene con me…". Lei non ci crede ma riconosce la calligrafia del biglietto. È diventato matto il suo Stefano? Lui che non regalava mai un fiore? Nella mente, deve essere echeggiato un monito: "Dovete stupire la vostra dolce metà", le ripetevano gli esperti nel recupero di coppie in crisi del centro Zelinda, di Trescore Balneario, quando andavano insieme per le sedute. Forse suo marito aveva organizzato una sorpresa con i fiocchi? Stefania tende l’orecchio, le canzoni d’amore che uscivano dall’abitacolo erano quelle che preferiva. Perplessità e prudenza vengono così spazzati via dalla gioia per un uomo ritrovato e la curiosità di scoprire cos’ha organizzato. "Ecco Stefania se sale sul furgone…È una sorpresa, io lavoro per la ditta Gewiss che serve l’azienda di Stefano, andiamo!". Si decide, sale e va incontro alla morte. Né lei né il suo accompagnatore nemmeno lo immaginano.
Il viaggio dura pochi minuti. Si sussegue una playlist che sembra preparata proprio da Stefano. Angelo le porge un foulard: "Si può bendare? Pochi minuti, è una sorpresa!". Stefania ormai si fida e accetta. Il furgone arriva alla rampa di un garage. Stefania scende fa qualche passo, l’insolito accompagnatore riparte. E lei si ritrova di fronte a un’ombra che con la luce diventa una donna. La riconosce. È Chiara Alessandri. Una colluttazione, Stefania è colpita più volte dal martello a testa metallica che l’avversaria brandisce, si accascia intontita. Sono nel box dell’Alessandri, sotto casa sua. Chiara avvolge in asciugamani e coperte il corpo della rivale in amore, lo infila nel baule della sua berlina, richiude e parte. Sono passate da poco le 18, parte per raggiungere un boschetto ad Adro nel bresciano. Adagia il corpo e gli dà fuoco. Stefania è ancora in vita, come dimostrerà la presenza al 15% di carbossiemoglobina nel sangue. Al polso rimane l’orologio che segna le ore 6.35 pomeridiane, un anello e la fede nuziale, "Stefano, 06/09/2002". Poco più in là il martello da carpentiere da 300 grammi, una pinza in metallo da 160 grammi a becco dritto con residui di stoffa carbonizzati alla punta, un sacchetto di plastica trasparente, contente una porzione di falange e frammenti di radio/ulna. Una morte lancinante. Il decesso è determinato da uno "shock termico da esposizione a fiamme in soggetto già sottoposto a traumatismo contusivo-cranico". Durante l’autopsia il professor Andrea Verzelletti individua ben 21 ferite lacero contuse, ventuno colpi d’odio. A pochi chilometri Stefano era uscito alle 17.30 dal lavoro, aveva raggiunto la villetta ma Stefania non era tornata. L’uomo va dai carabinieri e alle 21.26 firma denuncia la scomparsa.
La mattina seguente la situazione inesorabilmente precipita. Alle 11.17 la sorella della vittima, Loretta, mette a verbale il nome dell’Alessandri, indicandola come ex amante del cognato e quello dell’uomo che aveva avuto un contatto con Stefania.
In quelle ore l’Alessandri porta l’auto a lavare e fa arrivare a Stefano un messaggio scritto al computer attribuendolo alla moglie, unendo le chiavi della Y10 e di casa: "Darò presto mie notizie, perdonatemi. Sono con chi amo. Non tornerò ma vi spiegherò, è da un anno che voglio andarmene". Un goffo depistaggio smentito alle 16 quando viene ritrovato il corpo. È invece ormai notte quando si presenta in caserma a Bergamo Angelo P., amico dell’Alessandri: il 4 gennaio Chiara mi ha chiesto se potevo recuperare un’amica con la quale aveva avuto dei dissapori e che si stava lasciando dal marito. Avrebbe dovuto convincerla a salire sul furgone, bendarsi, per essere portata da lui.
Angelo aveva acconsentito e così il giorno del raggiro, ricevuto biglietto e rosa l’autista alle 14.45 aveva raggiunto il parcheggio dell’azienda in attesa che Stefania uscisse. «Strano, non si fidava mai – riflette oggi il marito Stefano - Stefania era paurosa e timorosa».
Angelo ricostruisce ogni passaggio. Stefania dimentica biglietto e rosa nel furgone, scende bendata, portata dall’uomo davanti al box dell’Alessandri. Chiede chi l’attende ma Angelo le risponde che era un segreto. Poi Alessandri prende in consegna Stefania, Angelo riparte senza insospettirsi di nulla, complice ignaro. La ricostruzione della dinamica ha lasciato il marito perplesso: «Se uno ti regala una rosa – osserva oggi il marito Stefano-, non la dimentichi con il biglietto sul sedile, quasi che l’autore del gesto non fossi io». Passa un’ora e alle 17.50 Angelo riceve un messaggio dall’Alessandri tranquillizzante: "Ohi tutto a posto, più o meno abbiamo risolto, adesso vediamo nei prossimi giorni… e… ti è rimasta la rosa giusto? Niente! Tira via il bigliettino buttalo via e regalala alla tua donna che è andato tutto bene ok? Grazie ciao". Quest’ultimo messaggio e alcuni vocali dell’assassina, consegnati agli inquirenti, salveranno Angelo dall’accusa di complicità nell’omicidio. Si è prestato, senza volerlo.
Il 18 giugno 2020 dopo un processo in cui Alessandri giustificava l’omicidio come esito di un litigio con reciproche aggressioni finito male, arriva la sentenza. La donna è incastrata da tabulati, telecamere e anche dal Gps della sua auto. È condannata con rito abbreviato a 30 anni di reclusione per omicidio volontario, occultamento e distruzione di cadavere. Tra poche settimane sarà celebrato l’appello. Rimangono Stefano e la piccola figlia: «Sicuramente mi sento un po’ in colpa – afferma - Se non l’avessi tradita sarebbe qua ancora. Il pensiero che nostra figlia debba crescere senza un genitore è inimmaginabile, con una situazione peggiorata dal fatto che Stefania non è mancata per una malattia ma perché uccisa». Vorrebbe ricostruirsi una vita? «In questi due anni ho avuto alcune occasioni ma io proprio zero, mai mi sono interessato. È già difficile crescerla da solo, figurati se condividerla con una figura femminile. Mia figlia poi ha visto la mamma uccisa da una donna, quindi lei nutre profonda diffidenza verso le persone dello stesso sesso».