La Stampa, 28 febbraio 2021
Armani: «Sto dalla parte dei gorilla»
Dal salotto del signor Armani alla passerella. Ecco a voi Uri, il gorilla alto un metro e mezzo che campeggia nel teatro di via Bergognone, piazzato sul mega logo GA. E chi se lo aspettava uno scimmione nel regno dello stile understatement? Ma il re della giacca non fa nulla a caso. «Uri è un nome biblico, significa fiammeggiante, è una presenza eccentrica, di forte contrasto. Riflette il mio amore per gli animali e la natura, crea con leggerezza una sorta di oasi nel mio appartamento di Milano. Ho pensato di metterlo al centro della scena perché mi sembra fondamentale, oggi più che mai, ricordare quanto sia importante la salvaguardia del mondo naturale. Il mio impegno su questo fronte è grande», spiega lo stilista.
Elemento simbolico
Il gorilla, in resina verde, è opera dell’artista Marcantonio Raimondi Malerba. Armani l’ha ricevuto in regalo dalla sorella Rosanna tanti anni fa. Proviene da un set. Sottolinea il desiderio dello stilista di comunicare senza filtri con il pubblico, anche se virtualmente. Testimonia la sua passione per il cinema e l’impegno per la tutela dell’ambiente. Tanto che l’anno scorso ha devoluto fondi al WWF per sostenere la protezione dei gorilla a rischio di estinzione. Intorno a quel cucciolone di King Kong sfilano le modelle e i modelli dei due show, donna e uomo, dedicati al prossimo autunno/inverno.
Sottrazioni chic
Togliere è meglio che aggiungere. Regola base di Giorgio Armani che, pur evolvendo il suo stile sintonizzato sui cambiamenti della società, mantiene il piacere della linearità e della sottrazione. «Ho chiamato questa collezione Notturno perché è un invito a mescolare a tutte le ore il luccichio della sera con l’opacità del giorno», dice lui.
Il rigore si ammorbidisce per esaltare la femminilità. I tocchi gentili e romantici appena accennati si stemperano nelle sfumature acquose verdi, turchesi, violette e rosa su piccoli cappotti, maglie e bluse profilate di ruches che smorzano le linee più affilate maschili. Il velluto di seta tiene sempre banco, intercalato da motivi astratti e stampe check tratteggiate di cristalli.
«Così - dice- riporto l’attenzione sulla moda, come gesto liberatorio e gratificante, che asseconda il desiderio di scintillare, pur con la dovuta misura, anche in un momento tanto complicato».
Blazer lunghi, paltò avvolgenti con maniche a raglan e vita segnata creano silhouette slanciate. Neri e blu si confondono. I fiocchi di velluto decorano scarpe basse e borse geometriche. Tutto è impalpabile, leggero, luminoso. Ecco l’estetica che rinfranca e rassicura.
Davanti al guardaroba
Come Richard Gere in American Gigolò quando la mattina tira fuori dall’armadio i capi di Armani e studia gli abbinamenti, ecco che l’uomo ipotizzato nella collezione Passaggi fa lo stesso. Con naturalezza e spirito eclettico. Attingendo dai must del guardaroba, ma aggiornati. Mescolando a piacere. Giacche-camicia soft, cappotti morbidi, maglie aderenti. I patchwork geometrici in velluto e le fantasie floreali in tinte accese caratterizzano i pezzi unici di un armonioso percorso cromatico che parte dalle sfumature naturali e finisce sui bui black and blue. Sempre con estrema nonchalance. La pandemia ha influenzato la creatività di Armani? «Ho voluto creare una moda per consentire a uomini e donne di giocare in modo istintivo e personale. In questo momento storico avverto un grande desiderio di bellezza che suggerisco di assecondare. Penso che quando usciremo dall’isolamento forzato torneremo a vestirci con attenzione e cura. Non credo che il futuro sia rappresentato dalla tuta da ginnastica», conclude Armani che ancora una volta coglie e traduce con sensibilità i desideri dei più.
Ricomincio da me
«Riparto dalla sport couture come 20 anni fa, quando fondai la mia griffe, ma ora ha un forte contenuto tecnologico. Se non guardi al futuro ricadi nel vintage. E la praticità oggi sposa l’eleganza», dice Ermanno Scervino in un inno alla ricerca applicata alla sartorialità. Dai fuseaux rosa elasticizzati con bande logate, leggermente svasati al fondo, si passa alle gonne a pieghe in neoprene con bordo di pizzo. Da piegare come un fazzoletto in valigia. Mentre i golf intarsiati a mano sono tricottati come scoobydoo. «Ho ritrovato una borsa in coccodrillo di mia nonna con chiusura a scatto e l’ho rielaborata in tanti materiali». La pelliccia è finta. Gli stivaloni abbondano.
Il nuovo nero è il cioccolato. Sulle camicie sbocciano jabot e gorgiere souvenir del 700. Il video della sfilata girato a Milano a palazzo Serbelloni chiude con un abito nero, lungo, in macramè dal generoso spacco laterale. Da scaldare con la cappa in cachemire bianca, lavoratissima. «Perché oltre al comfort è anche la moderna artigianalità a definire l’immagine di lusso».