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 2021  febbraio 28 Domenica calendario

QQAN10 Gilles Kepel: «La contrapposizione tra sunniti e sciiti è superata. La Cina ha vinto la Terza guerra mondiale senza sparare un colpo»

QQAN10

«La combinazione tra pandemia e crollo del petrolio ha provocato un cataclisma in Medio Oriente». Il 2020 è stato un anno di svolta nella regione più tormentata del pianeta come racconta l’intellettuale Gilles Kepel nel nuovo saggio Il Profeta e la pandemia appena pubblicato da Gallimard e in corso di traduzione da Feltrinelli. Rispetto al suo precedente libro, Uscire dal caos, nel quale tornava su mezzo secolo di storia della regione, Kepel firma adesso quasi un instant book, presentando la cronologia degli eventi del 2020 – dagli Accordi di Abramo alle nuove tensioni nel Mediterraneo – in una documentata analisi e una vasta cartografia. «Quello che mi ha affascinato è l’importanza degli sconvolgimenti geopolitici concentrati in un unico anno. Credo che nessuno li abbia ancora raccontati con la giusta prospettiva». Docente all’École Normale Supérieure e all’università italiana di Lugano, Kepel è ormai un punto di riferimento fisso nel dibattito francese sull’Islam. Viene citato sia da Emmanuel Macron che da Marine Le Pen. «Spesso a sproposito» aggiunge lui dopo che la leader dell’estrema destra si è appropriata di alcune sue teorie. Descrivendo i nuovi equilibri nel Medio Oriente lo studioso arriva fino alla Francia, ai recenti attentati, dall’attacco al professore Paty alla basilica di Nizza. La minaccia è ora secondo Kepel il «jihadismo di atmosfera», terroristi autoproclamati che non rispondono a una organizzazione strutturata ma seguono «fomentatori della rabbia come il presidente turco Recep Tayyip Erdogan». La prima data chiave del 2020 è il 6 marzo. Perché? «È la riunione a Vienna dell’Opec +1, nella quale l’Arabia saudita e la Russia, il secondo e terzo produttore mondiale, decidono di far scendere i prezzi del petrolio per combattere l’egemonia che l’America ha riconquistato sul mercato. Il patto tra Riad e Mosca funziona ma non hanno immaginato l’effetto devastante della pandemia. Il prezzo del barile crolla molto di più di quanto avessero previsto, fino a 30 dollari in aprile. Putin riesce nella sua operazione ma con un costo economico e sociale considerevole sul Medio Oriente e il Nord Africa». Quali sono le conseguenze politiche? «È secondo me uno degli elementi chiave per capire perché gli Emirati arabi avviano il dialogo con Israele per concludere i Patti di Abramo. Le petro-monarchie capiscono che devono cominciare a proiettarsi in un mondo post-petrolio e quindi investire ed appoggiarsi sulle tecnologie israeliane. La pandemia funziona da acceleratore negli equilibri del conflitto israelo-palestinese che avevano già cominciato a modificarsi e porta a quello che ho chiamato, con una citazione indiretta della prima guerra mondiale, la “Triplice fratello-sciita”, ovvero l’intesa fra Turchia, Qatar e, per la prima volta, l’Iran». Un’alleanza che spezza la tradizionale contrapposizione tra sunniti e sciiti? «Sono convinto che sia una contrapposizione ormai superata. L’asse tra Turchia, Qatar e Iran dimostra che non vale più la dimensione del nazionalismo arabo. Al tempo stesso, nel mond o sunnita la nuova linea di conflitto è tra chi è vicino o contrario ai Fratelli musulmani, che sono il collante del Qatar, della Turchia, ma anche – e molti lo ignorano – un modello intellettuale che ha ispirato i rivoluzionari iraniani». Accanto alla “Triplice” qual è l’altro blocco? «Di pari passo, si crea un blocco molto più vasto tra America, Israele, Emirati, Bahrein, Sudan e Marocco. Uno degli effetti più sorprendenti, ad esempio, è che Benjamin Netanyahu potrebbe essere rieletto grazie al voto degli ebrei di origine marocchina. La monarchia di Rabat ha fatto un colpo da maestro poiché, in cambio del riconoscimento di Israele, ha ottenuto la sovranità sul Sahara occidentale. È uno dei tanti casi di come ognuno abbia cercato di trarre il massimo vantaggio da questa fase di disordine». Come ha fatto Erdogan? «Per lui la data cruciale è il 24 luglio 2020 quando inaugura la preghiera del venerdì nell’antica basilica bizantina di Santa Sofia, riconsacrata al culto musulmano. Erdogan cancellando il gesto di Atatürk, seppellisce il laicismo kemalista e riesuma il califfato ottomano. E sceglie di farlo proprio nell’anniversario del trattato di Losanna che disegnava le frontiere della giovane repubblica turca alla fine della prima guerra mondiale. In un colpo solo Erdogan combina il turbante e la spada, per affermare le sue pretese neo-imperialiste, come aveva già cominciato a fare mandando i suoi soldati in Libia o in Siria, le sue navi a cercare gas nelle acque greche e cipriote. Tutto questo approfittando del disimpegno dell’America di Donald Trump». E di un’Europa divisa? «Dobbiamo renderci conto che il Mediterraneo è diventato la regione più esplosiva del Pianeta. Erdogan non è stato fermato dall’Ue perché può esercitare il ricatto dei flussi migratori e si fa forte della sua appartenenza alla Nato, anche se poi compra missili russi. La Germania lo teme perché può manipolare a distanza i voti di una forte comunità turca. L’Italia non vuole guastare il forte export verso la Turchia. Ora lo scenario cambia con l’arrivo del presidente Biden. Gli Stati Uniti saranno più esigenti sia sul comportamento all’interno della Nato che sul rispetto dei diritti umani. Erdogan l’ha capito e ha già cominciato a riposizionarsi». Come? «Dopo essersi trasformato in una replica dall’ayatollah Khomenei con la sua fatwa, non contro Salman Rushdie, ma contro il giornale francese Charlie Hebdo e poi Emmanuel Macron, il leader turco sta tentando di riaprire un canale di comunicazione con la Francia. Non a caso ha mandato a Parigi come nuovo ambasciatore un diplomatico turco che ha studiato all’Ena, la stessa scuola di Macron». La Russia aveva già conquistato un ruolo di primo piano in Medio Oriente. La novità del 2020 è una presenza sempre più forte della Cina? «C’è un dato globale: Pechino ha vinto la terza guerra mondiale senza sparare un colpo. È la potenza mondiale che esce più rafforzata dalla pandemia e ha usato l’onda di destabilizzazione per avanzare le sue pedine anche in Medio Oriente. Prendiamo l’Iran, paese al tracollo tra le sanzioni Usa e una pandemia particolarmente grave. La Cina ha proposto al regime di Teheran un trattato di investimenti pari a 400 miliardi di euro. Per adesso è stato fermato a sorpresa dall’ex presidente Mahmud Ahmadinejad che l’ha giudicato troppo rischioso. Ma non sappiamo cosa succederà in futuro. Intanto i vaccini cinesi sono distribuiti a molti governi della regione, come in Marocco. E vediamo che nelle petro-monarchie c’è una fascinazione per il modello cinese in quanto rappresenta un misto di sviluppo economico e assenza di democrazia».