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 2021  febbraio 28 Domenica calendario

«Nessuno toccherà Mbs»

Intervista all’esperta di Arabia Saudita della London School of Economics di Francesca Caferri Per anni Madawi al Rasheed, visiting professor del Middle East center della London school of Economics, è stata una delle più note esperte di cose saudite. Con l’avvento di re Salman e di suoi figlio Mohammed bin Salman l’avversione per le sue analisi – come per quelle di altri osservatori – è salita a Riad, ma non ha fermato il suo lavoro. “The Son King. Reform and Repression in Saudi Arabia” è il suo ultimo libro, uscito solo pochi mesi fa. Che cosa pensa del contenuto del report della Cia sull’omicidio Khashoggi? «Non c’è nulla di nuovo rispetto a quello che sapevamo, quindi direi deludente. Ancora più deludente è stata la scelta che ne è seguita, ovvero l’annuncio delle sanzioni contro 76 cittadini sauditi ma non contro il principe ereditario Mohammed bin Salman». Gli Usa avrebbero potuto fare qualcosa di diverso? «È una scelta simbolica. Manda all’Arabia Saudita un messaggio forte, ovvero che le cose non possono più essere business as usual, tutto come prima. Ma non prospettano nessun reale cambiamento nelle relazioni: Mbs resta intoccabile, nonostante quello che ha scritto la Cia. L’unica speranza di un cambiamento concreto riguarda la guerra in Yemen: la pressione potrebbe spingere il principe almeno a cercare una rapida conclusione del conflitto. Ma anche su questo dobbiamo aspettare e capire: ci sono troppi attori esterni coinvolti nella guerra per essere certi che basta la volontà saudita a interromperla». Non crede che a questo punto gli Stati Uniti siano in posizione di chiedere a Riad di più anche sul fronte interno? «Ne dubito. Non vedo alcun tentativo di ragionare su possibili aperture democratiche, come potrebbe essere l’elezione di una assemblea nazionale indipendente e la creazione di una magistratura slegata dal potere politico. Il dibattito negli Usa in questo momento è su quale di due leader dispotici sia più giusto appoggiare: Mohammed bin Nayef, l’ex erede al trono e ex alleato di ferro di Washington che Mbs ha fatto arrestare. O lo stesso Mbs che si sta godendo i frutti dello stato di sicurezza privo di diritti civili che lo zio ha creato nei suoi anni da ministro degli Interni». La famiglia reale saudita è composta da centinaia di principi. Solo l’attuale re, Salman, ha avuto 13 figli: perché nel carniere delle scelte c’è solo Mbs? «Perché ha lavorato sistematicamente per eliminare tutti gli altri contendenti. In modo metodico e prolungato nel tempo. Imprigionandoli, ricattandoli, togliendo loro soldi e potere. I membri della famiglia reale saudita sono sicuramente infastiditi e inorriditi dall’ambiente tossico che Mbs ha creato intorno al Paese, dalla reputazione che li accompagna. Ma sono troppo terrorizzati per agire». Al di là della linea di successione, su quali altre questioni gli Usa potrebbero intervenire ? «Si potrebbe condizionare il supporto all’Arabia Saudita al rispetto di regole base come quelle della libertà di stampa e dei diritti civili. Penso alle decine di attivisti che sono in catene semplicemente per quello che pensano, e alla repressione sistematica e continuata nel tempo dei dissidenti che si trovano all’estero, minacciati e ricattati se non rapiti e riportati in patria a forza. Vedo gli Usa molto pronti a intervenire su questi temi in Paesi come Russia, Birmania e Cina: non in Arabia Saudita». Parliamo degli altri Paesi: non sono solo gli Stati Uniti a poter parlare con i sauditi sul caso Khashoggi e sulla questione diritti umani… «Certo, ma nessuno parla. Girano la testa dall’altra parte fingendo che tutto quello che è accaduto non li riguardi. Con una speranza recondita: che se le relazioni fra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita si faranno davvero tese, potranno beneficiarne dal punto di vista economico subentrando in campi di affari tradizionalmente occupati dagli americani. Penso al business delle armi, prima di tutto». Applica questo discorso anche ai singoli leader? Glielo chiedo perché qui in Italia c’è molta polemica sulla partecipazione di Matteo Renzi alla Future Investment Initiative di quest’anno… «Credo che quell’intervista si commenti da sola».