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 2021  febbraio 27 Sabato calendario

“ERA UNO STRADIVARI NELL’ORCHESTRA DELLO STATO” – LA CHIESA DI SAN BELLARMINO AI PARIOLI SI RIEMPIE PER L’ULTIMO SALUTO AD ANTONIO CATRICALÀ – GIANNI LETTA CONSOLA LA MOGLIE E LE DUE FIGLIE: “DOVETE ESSERE ORGOGLIOSE DEL NOSTRO GRANDE ANTONIO” – SERGIO RIZZO: “LA MAGGIOR PARTE DEGLI ITALIANI NON SA NEMMENO CHI FOSSE. EPPURE POCHE STORIE COME LA SUA RIESCONO A CHIARIRE LE DINAMICHE DEL POTERE IN QUESTO PAESE..." -

1 – CATRICALÀ: FUNERALI IN FORMA PRIVATA IN PARROCCHIA PARIOLI (ANSA) - ROMA, 27 FEB - È piena, pur nel rispetto del distanziamento per le misure anti-Covid, la chiesa di San Bellarmino, nel quartiere romano dei Parioli, per i funerali in forma privata di Antonio Catricalà, scomparso mercoledì.

All'ingresso il libro delle firme e una foto sorridente dell'ex sottosegretario ed ex presidente dell'Antitrust. Nell'omelia del parroco, Antonio Magnotta, parole di stima: "Affidiamo un uomo grande alle mani sicure di Dio.

Non solo un uomo delle istituzioni ma che ha dato forma alle istituzioni. Antonio Catricalà ha dimostrato risorse creative, alta competenza giuridica e tecnica, è stato capace di dare fiducia e sapersela conquistare". Tra i presenti, Gianni Letta, il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, l'ex ministro Claudio De Vincenti e il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, per portare un saluto alla moglie, Diana e alle figlie Michela e Giulia.

Al termine della celebrazione, nella chiesa di San Bellarmino, una delle figlie ha letto una poesia dedicata al padre, per rivolgergli un ultimo abbraccio ideale. Tanti anche i ricordi di amici e colleghi. "È lunga la lista di coloro che l'hanno incontrato e conosciuto, come era lunga ieri la fila ieri a piazza Verdi. Tutti desiderosi di testimoniare stima e amicizia verso quest'uomo grande.

Era grande la sua cultura, saggezza ed equilibrio. Il suo senso dello Stato", ha detto Gianni Letta aggiungendo poi: "Era uno Stradivari nell'orchestra dello Stato". E rivolgendosi alla moglie e alla figlie, "dovete essere orgogliose del nostro grande Antonio". Per Filippo Patroni Griffi "sapeva cogliere l'essenza delle questioni e cercare una soluzione che potesse raccogliere tutti i punti di vista e poi risolvere i problemi. Voglio ricordarlo per la sua ironia e la sua autoironia, per il suo lavoro serio e responsabile". L'ex ministro Paola Severino ha ricordato che negli ultimi tempi "si era dedicato all'insegnamento, per lasciare il segno nei giovani"

2 – CATRICALÀ IL POTERE DIETRO LE QUINTE SUICIDA L'AVVOCATO DEL PALAZZO Sergio Rizzo per "la Repubblica"

Giovedì 18 febbraio, una settimana fa. Antonio Catricalà ha appena compiuto 69 anni e approda all' ennesima carica di una carriera infinita. Presidente dell' Istituto grandi infrastrutture: anche se ora un po' liso, è pur sempre il salotto buono dei big delle costruzioni. Il che può rendere ancora più incomprensibile il suo gesto. Ieri mattina si è suicidato con un colpo di pistola e non si sa perché.

La moglie, Diana Agosti, a capo del dipartimento delle politiche europee a Palazzo Chigi, ha riferito a chi indaga che il marito avrebbe dovuto subire a giorni una delicata operazione al cuore, e questo lo preoccupava molto.

La maggior parte degli italiani non sa nemmeno chi fosse Catricalà. Eppure poche storie come la sua riescono a chiarire le dinamiche del potere in questo Paese. Lui è di Catanzaro e studia legge, a Roma. Perché la laurea in giurisprudenza ti apre un sacco di porte, a cominciare da quelle dei concorsi pubblici. Per non parlare del mestiere di avvocato, che quando Antonio si laurea, a 22 anni nel 1974, promette ancora bene. Meglio a Roma che a Catanzaro, garantito. Ai ragazzi della Luiss racconta che a suo papà, avvocato, capitava anche di venire pagato in natura. Una volta il cliente si presentò con un pollo.

Roba d' altri tempi. Certo di un' altra Italia. Così a trent' anni il giovane Catricalà sceglie di fare il magistrato amministrativo, sulla scia che già stanno solcando i principi dei gabinetti ministeriali. E che porta dritta nella stanza dei bottoni. La prima volta che ci entra è nel 1998 con Angelo Piazza, giudice del Tar e ministro della Funzione pubblica nel primo governo D' Alema. Piazza è della filiera socialista, ma della parte che guarda più verso il centrosinistra.

Pure di Catricalà si dice che appartenga alla stessa parrocchia, ma versante berlusconiano. Per i maligni la prova arriva un paio d' anni più tardi, quando Catricalà piomba sulla poltrona di segretario generale della presidenza del Consiglio con Silvio Berlusconi. E non fa rimpiangere chi l' ha scelto, al punto da meritarsi il salto di categoria. A marzo 2005 il centrodestra lo piazza alla guida dell' Antitrust. Spalancando la via delle autorità indipendenti ai consiglieri di stato, cioè agli esponenti di quella magistratura che giudica i ricorsi contro le stesse Authority.

La cosa, oggettivamente discutibile, non turba però nessuno nel Palazzo. Infatti, due mesi dopo il presidente del Tar del Lazio, Calabrò, arriva al vertice dell' Agcom. E lo stesso Catricalà potrebbe addirittura trasferirsi all' autorità per l' Energia mentre è ancora all' Antitrust se solo accettasse. Ma quel mandato non c' è comunque verso di farglielo completare, perché a novembre 2011 è sottosegretario a palazzo Chigi con Mario Monti, sulla poltrona che a lungo è stata di Gianni Letta.

«Mi applaudivano di più quando venivo qui come presidente dell' Antitrust », scherza con Giovanni Floris a Ballarò . Anche se c' è poco da scherzare. Il momento è difficilissimo, e tenere la barra del governo dritta è un' impresa. A Lucia Annunziata confessa che sta facendo «un mestiere strano, che non s' impara subito e quando si inizia a capire come si deve fare è già tempo di andare a casa ».

Ma a casa, nel vero senso della parola, non ci va. Resta al governo con Enrico Letta, come viceministro dello Sviluppo, delega per le Comunicazioni. Dove incrocia di nuovo Tim, che ha già multato quando era all' Antitrust, stavolta alle prese con lo scorporo della rete telefonica. E qui, davvero, ancor prima di cominciare è già ora di andare a casa. Letta deve lasciare il campanello a Matteo Renzi e per Catricalà l' avventura nel governo è finita. Tornerebbe subito al consiglio di stato se Forza Italia non lo candidasse alla Corte costituzionale. Sarebbe il coronamento di una carriera strepitosa, ma neppure il sostegno di Berlusconi può evitare che le faide interne lo brucino.

Difficile dire se quella sia la causa. Fatto sta che passano pochi giorni e Catricalà lascia la magistratura. Caso più unico che raro di un consigliere di Stato che si stacca la spina prima della pensione. Apre uno studio da avvocato: i clienti non gli mancano. E che clienti.

C' è, per esempio, la Morgan Stanley chiamata in causa dalla Corte dei Conti per un affaruccio di qualche miliardo di derivati sui titoli pubblici italiani che il governo italiano sull' orlo della crisi finanziaria ha dovuto pagare alla banca d' affari per una rescissione unilaterale del contratto. Sgarbo avvenuto proprio mentre Catricalà era a Palazzo Chigi, dall' altra parte della barricata.

Ma fioccano anche le occasioni. Il patron della Lazio Lotito lo candida alla presidenza della Lega di serie A. I francesi lo vorrebbero presidente di Tim (chi si rivede!). Intanto la corte dei Benetton ha fatto breccia e l' ex capo dell' Antitrust è presidente degli Aeroporti di Roma. Senza contare lo strapuntino nel consiglio di amministrazione di Caltagirone editore, che pubblica il Messaggero . C' è stato pure chi nelle scorse settimane ha fatto il suo nome per il governo Draghi Con quello che si è visto sarebbe stato uno scandalo?