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 2021  febbraio 27 Sabato calendario

235QQAFM10 Il microchip di Xi Jinping

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Ma Daode è un corrotto e spregiudicato funzionario di provincia, direttore dell’Ufficio del Sogno cinese appena istituito nella città di Ziyang. Il suo compito è fare in modo che la grande campagna politica del presidente Xi Jinping, il progetto di potenza nazionale riassunto nello slogan del “sogno cinese”, entri nella testa di ogni cittadino. Ma Daode ha un’idea eccezionale: sta lavorando a un microchip da installare direttamente nel cervello delle persone, che cancelli ogni ricordo e li sostituisca con la visione del leader.
Il chip però serve prima di tutto a lui. Da qualche tempo infatti i suoi incubi sono diventati visioni, il funzionario è tormentato dalle immagini del proprio passato, dalle violenze a cui assistito durante la Rivoluzione culturale, quando era una giovane Guardia Rossa, e da quelle di cui è stato responsabile. Una in particolare gli si ripresenta di continuo davanti agli occhi, durante le riunioni ufficiali, quando conta le tangenti ricevute o mentre fa sesso con una delle sue dodici amanti: il suicidio dei genitori, che si sono tolti la vita dopo essere stati picchiati e umiliati da un gruppo militanti maoisti, dopo che lui stesso li aveva denunciati. Il passato che Ma vorrebbe rimuovere si sta fondendo con il presente, spingendolo sull’orlo della pazzia.
Il sogno cinese, l’ultimo libro dello scrittore cinese Ma Jian, è una satira dark, allucinata e soffocante della Cina contemporanea, quella in cui Xi Jinping e il Partito comunista stanno imponendo una stretta ideologica che a molti ricorda proprio la Rivoluzione Culturale. Ma Jian, 67 anni, vive da tempo esule a Londra. I suoi libri, a cominciare da Pechino è in coma, il racconto dei fatti di Piazza Tiananmen attraverso i ricordi di uno studente ridotto allo stato vegetativo dalla pallottola sparata da un militare, sono censurati in patria. Questa distanza gli permette di criticare il regime con una schiettezza proibita agli intellettuali che vivono nella Repubblica Popolare e Il sogno cinese, appena pubblicato in Italia da Feltrinelli, trasmette tutto il suo senso di urgenza: la prima versione, tradotta in inglese dalla compagna Flora Drew, è uscita nel 2018, subito dopo che Xi Jinping aveva eliminato il limite di due mandati previsti per il presidente, aprendosi potenzialmente la strada al potere a vita. È un libro scritto di getto e questo lo rende potente.
«Xi Jinping sta riportando indietro l’orologio all’era di Mao, usando 1984 di Orwell come copione», diceva Ma Jian a Robinson due anni fa, subito dopo la pubblicazione del libro. La tendenza in Cina è chiara: man mano che il Partito comunista, con il segretario generale Xi al suo “nucleo”, riprende il controllo di ogni aspetto della società, gli spazi per ogni voce indipendente si chiudono. Ogni dibattito sulla storia della Repubblica Popolare viene spento, soffocato dalla celebrazione dei successi del regime e dalla promozione del suo sogno.
«Eppure questo tentativo di cancellare il passato non può riuscire perché l’oscurità è troppo grande», dice Ma Jian. Il funzionario Ma Daode è disposto a tutto per cancellare la propria storia e i propri rimorsi, vorrebbe aderire anima e corpo al sogno nazionale e vivere una vita di «gioia senza freni». Ma la sua mente, il suo corpo e i suoi desideri sono così profondamente scissi tra le epoche che ha vissuto, ognuna irrisolta, che ogni punto di riferimento temporale salta. In una delle scene più allucinate del libro, Ma fa sesso con tre prostitute vestite da Guardie Rosse, in un bordello arredato come la carrozza privata del treno di Mao, recitando un’antica poesia della dinastia Song, mentre sullo schermo passano le immagini del processo a Bo Xilai, il rivale purgato da Xi all’inizio del suo mandato.
La riscrittura del passato e la rimozione dei suoi aspetti più tragici sono evidenti nella Cina di oggi. Il risultato, secondo Ma Jian, è «una schizofrenia nazionale» destinata prima o poi ad esplodere. Ma i tormenti che il funzionario suo omonimo vive in maniera così tormentata, tra i cittadini del Dragone sono molto meno evidenti. Forse perché, come sostiene lo scrittore, sono vittime del «doppio pensiero» di cui parla Orwell: pensano una cosa e ne dicono un’altra, perché questo è l’unico modo in cui oggi si può vivere in Cina.
O forse perché le nuove generazioni quei pensieri diversi non li possiedono più. I giovani del Dragone sono nati e cresciuti nell’era del benessere, non hanno mai potuto discutere della Rivoluzione culturale o di Piazza Tiananmen. Molti sono orgogliosi dell’ascesa del loro Paese e sempre più nazionalisti. Il sogno cinese è anche il loro sogno.