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 2021  febbraio 27 Sabato calendario

12QQAFA10 Biografia di André Aciman

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«Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni» : la celebre frase della Tempesta di William Shakespeare brilla nell’esergo che André Aciman premette al suo nuovo romanzo L’ultima estate, come sempre edito da Guanda. Niente di più appropriato per un autore che da sempre è assillato da ciò che avrebbe potuto essere e non è stato ma che potrebbe ancora accadere, dalla riflessione sul potere dell’immaginazione ( argomenti a cui ha da poco dedicato Homo irrealis, una raccolta di saggi su uomini come Sebald, Kavafis, Pessoa, Freud... in uscita negli Usa e in Inghilterra), perseguitato dalla nostalgia, dagli amori non consumati, dallo spaesamento. Anche ne L’ultima estate, i rimpianti per ciò che si è perso o non si è diventati lo muovono, le pulsioni lasciate a mezz’aria l’accendono, una poetica che normalmente ha percorso con lingua raffinata e capacità introspettive estreme. Non a caso considera Proust il suo faro. Ma qui la trama è cucita, stranezza delle stranezze per lui, da un realismo magico che ci spiazza.
André Aciman è un uomo ibrido, fatto di progetti e riuscite, una carriera, un matrimonio felice e tre figli, e al tempo stesso dilaniato dalle malinconie. Da un lato il suo lato pragmatico – insegna Letteratura comparata alla City University di New York, coltiva con entusiasmo il successo raggiunto con Chiamami col tuo nome ( 2008) tramutato nel 2017 nell’omonimo celeberrimo film da Oscar girato da Guadagnino e sceneggiato da James Ivory a cui Aciman ha fatto presto seguire il sequel Cercami ( 2019) che si aspettava diventasse in breve tempo una pellicola, ma così per ora non è stato -, dall’altro la sua storia e la poetica a questa dedicata, molto più difficili. Infatti il primo tratto della vita di Aciman non fu affatto semplice: figlio ( nel 1951) di una famiglia ebraica con radici italiane e turche, mezzi commercianti, mezzi nulla facenti, chiassosi, tanto non religiosi quanto radicalmente ebrei, sbarcarono in Egitto nel 1905 da Costantinopoli, e furono espopriati e cacciati al culmine dell’ondata nazionalista di Nasser nel 1965. Finiti in Italia, a Roma ( André, per la difficoltà a relazionarsi col fuori, cominciò proprio nella nostra capitale a rifugiarsi sempre più nei classici, un amore mai abbandonato, tanto che dichiara a chiare lettere di non apprezzare mai la letteratura contemporanea), dove stettero alcuni anni senza una lira, poi fu la volta di Parigi e infine l’America, un paese in cui il padre non trovò mai se stesso.
Su queste complicate origini André ha scritto un bellissimo memoir, Ultima notte ad Alessandria ( 1995), vivace, ironico, lucido, straziante, primo seme della sua melanconia e del suo senso di perdita, di esilio, e un bel saggio sulla madre pubblicato sul New Yorker nel 2014 ( mentre adesso si sta dedicando a un racconto lungo sul padre). Anche Harvard Square ( 2013) fa parte di questo filone autobiografico: non solo ci parla del suo allunaggio da studente a Cambridge nel 1977, in un mondo assai più privilegiato di quanto André avesse conosciuto fino ad allora, ma esplora le proprie attitudini mimetiche e traditrici, così come, da tutt’altro punto di vista, fa in fondo anche in un lungo articolo intitolato Reflections of an Uncertain Jew, che affronta il tema dell’assimilazione partendo da Freud, passando per la Arendt, Svevo, Einstein e altri per arrivare a se stesso, mentre in Variazioni su un tema originale
( 2017) tesse e ritesse, con profondità e precisione lirica, mai indulgente, il fluttuare dell’amore, delle occasioni perse.
Soggetto primario anche ne L’ultima estate, il dolore e la brama per una passione volata via sta al centro del racconto che inizia e finisce lungo la costiera amalfitana ( quante volte troviamo l’Italia nelle narrazioni di Aciman: gli è rimasta nel cuore, questo è evidente). In un bell’albergo affacciato sul mare, un gruppo di ragazzi americani incontra al bar un uomo fascinoso e stravagante sulla sessantina: in genere rimane in disparte, ma un giorno si fa avanti e guarisce con il veloce tocco di una mano la spalla dolente di uno dei giovani. Le meraviglie non finiscono qui: il signore di nome Raùl ( peruviano, come qualche altro personaggio di Aciman, chissà perché) è evidentemente dotato di capacità soprannaturali, tanto da vedere in uno del gruppo l’esser stato il gemello di un feto scomparso all’atto della nascita, o la morte del padre pochi mesi prima di un altro, la reincarnazione di un terzo. Di più, si inerpica sugli io trascorsi che ognuno porta dentro di sé, sulla possibilità di tornare indietro per correggere la propria vita magari in una futura. Il misterioso Raùl ha poteri e visioni che rivolgerà soprattutto a Margot, il cui vero io si chiamerebbe Maria. E non vi diciamo di più per non spoilerare. Comunque, questo è il nuovo Aciman? Può essere, un excursus interessante, dalla prosa e le riflessioni puntuali a un filone di chiromanzie e fantasia. Noi aspettiamo fiduciosi il prossimo libro, magari proprio il racconto lungo che sta scrivendo su suo padre.