ItaliaOggi, 27 febbraio 2021
Pericopio
Essendo Mario Draghi ben noto e stimato a livello internazionale, Di Maio, come ministro degli esteri, non avrà troppo lavoro. Cesare Cavalleri. Studi cattolici.
Il potere non ha bisogno di parlare. Più grande è e più silenziosamente agisce. Il silenzio è d’oro. Lo sanno bene i monaci, i capi militari ma anche è forse soprattutto chi è abituato a maneggiare l’esplosivo delle leve finanziarie, la dinamite dei mercati, il governo della moneta. Filippo Ceccarelli. La Repubblica.
Mario Draghi ha un solo colpo in canna. Fra breve, dovrà dimostrare che le sue riforme offrono prospettive di miglioramento e di ripresa. Altrimenti, prenderà di nuovo sopravvento il miope sguardo verso l’ombelico della politica romana, con politici di partito, che non capiscono (o non vogliono capire), in quale pericolo si trova l’Italia. Tobias Piller, Frankfurter Allgemeine Zeitung.
I migliori in politica non sono ricercati dai partiti ma a loro volta non hanno nessuna voglia di impegnarsi in politica. Persino Platone, 24 secoli fa si era posto il problema e lo aveva risolto auspicando che i migliori fossero «costretti» alla politica. Marcello Veneziani (la Verità).
Mario Draghi già al suo debutto alla riunione dei leader del G7, collegato in videoconferenza davanti a un tavolino «stile Ikea-Santa Marta», in netta rottura rispetto agli stucchi e ai velluti pomposi del «fu Giuseppi», «Super Mario» è risultato più noto e acclamato dell’altro debuttante, il presidente Usa Joe Biden. E dire che solo 24 ore prima si trovava a dover provare un nobile moto di umana pietas verso la fuoriuscita grillina Rosa Alba Testamento, nomen omen, che ha qualificato il suo Esecutivo un «governo di restaurazione», «un’ammucchiata» e lui come «legato a grandi banche d’affari e a colossi finanziari» che hanno dilapidato l’Italia. Luigi Bisignani. Il Tempo.
È da troppo tempo ormai che il M5S ha smesso di essere qualcosa. In questo momento non è uno oppure centomila, è solo nessuno. Proprio per questo, l’adesione sofferta e chissà quanto sincera al governo Draghi rappresenta un passaggio decisivo come può essere un’ultima possibilità. Se per tutti i partiti questo esecutivo appena varato significa un nuovo inizio, per il M5S lo è ancora di più. Grillo scrive che i suoi adepti non sono più marziani, rigettando così una identità, quella del diverso, dell’alieno della politica, che lui stesso ha creato, senza definirne un’altra. Non basta una battuta per eludere il problema. Marco Imarisio. Corsera.
Un anno dopo, arrivato alla fine del libro 1984 e di se stesso, George Orwell chiede all’editore di mandare sull’isola qualcuno che ribatta a macchina la stesura definitiva. Anche Orwell ormai fatica a orientarsi tra quelle bozze piene di scarabocchi, correzioni e ripensamenti. Ma non si trova nessuno così pazzo da andare fino a lì a fare da dattilografo in un cottage senza riscaldamento né elettricità. La candela bruciata da due lati. George Orwell (Maurizio Pilotti). Libertà.
Gli arredi dell’Harris bar furono disegnati da mio padre con una perfetta proporzione corpo, braccia, gambe, come le sedie. La gente muore perché negli ospedali non si aprono mai le finestre. Da noi c’è un impianto di aerazione da 22.500 metri cubi l’ora. In 60 minuti cambiamo l’aria totalmente 17 volte. E nessuno avverte il freddo: il pavimento in travertino ha una temperatura costante di 19 gradi. Arrigo Cipriani (Stefano Lorenzetto), l’Arena.
Da sempre voglio abbassare l’alto, far capire le cose, divulgare. In molti credono che questa mia ossessione derivi dal fatto che penso che il pubblico sia scemo. E invece no. Penso semplicemente che le persone abbiano di meglio da fare che ricordarsi quello che dico, come mi chiamo, cosa racconto. La radio spesso è un sottofondo e allora meglio dirle due volte le cose, e dirle bene, con semplicità, di modo che entrino in testa anche a chi è sovrappensiero, impegnato in altro. Nicola Savino (Simonetta Sciandivasci), il Foglio.
Io sono nato nel 1936 e in prima elementare come tutti i bambini fui costretto a vestire la divisa Balilla. Dovevamo farlo. Quando la nonna mi vide abbigliato in quel modo mi fulminò con lo sguardo: «Non mostrarti più così conciato in mia presenza», mi disse e io ne rimasi profondamente colpito. In casa si parlava solo inglese, perché era la lingua della famiglia materna. Con grande gioia di mio padre: non capiva una parola, dunque a tavola non era costretto a parlare. Mio nonno paterno, invece, ad un certo punto sperperò il patrimonio di famiglia. Alla sua morte, mio padre chiamò Fernanda Wittgens, sua amica e all’epoca direttrice della Pinacoteca di Brera, per vedere se il suo museo poteva essere interessato all’acquisto di due dipinti del pittore rinascimentale Moretto da Brescia, opere che nonno ci aveva lasciato. Wittgens guardò le tele, le esaminò sul retro poi disse a mio padre: «Questi quadri sono stati dipinti dieci anni fa». Altro che Rinascimento bresciano! Mio nonno, in sintesi, si era venduto gli originali, che adesso stanno uno al Metropolitan di New York e un altro a Londra. E poi aveva fatto fare due falsi da lasciarci in eredità. Luigi Rainero Fassati, transplantologo (Roberta Scorranese). Corsera.
All’inizio, non ci volevo mica stare in fabbrica, non mi piaceva, venivo da un’idea sbagliata di lavoro. Avevo avuto un attacco giovanile di comunismo, mi sembrava che vi si sfruttassero gli operai. Solo dopo capii che quello che credevo di sapere era falso. La filiera di produzione di Prato era fatta di piccole aziende e artigiani e tutti guadagnavano e potevano fare la luna di miele in Polinesia, c’era l’idea che il lavoro si poteva condividere e il benessere toccasse un po’ a tutti, se eravamo bravi, se ci impegnavamo. Era un mondo risolto, aveva le sue regole e, se ubbidivi, avresti avuto benessere. Edoardo Nesi, scrittore. Candida Morvillo. Corsera.
Lo ricorda un bel libro pubblicato dalla Libreria Ticinum di Voghera (Passeggiando con Alberto Arbasino). Dove si evoca quanto la scrittura pirotecnica dell’amico Nino (così Alberto Arbasino veniva chiamato da ragazzo) debba alla provincia. Lì frequentava Franco Antonicelli, il vicino di casa che pubblicò per la prima volta in Italia Melville, Kafka e Joyce. Lì, al circolo Il Ritrovo, incontrava la bibliotecaria Ernesta Marangoni Pelizza, amica di Einstein, e poteva leggere i libri proibiti dal fascismo. Lì pubblicò sulla rivista Capricorno, da ragazzo, una sua Traviata che mescolava il testo di Piave con l’elenco telefonico di Voghera. Antonio D’Orrico. Corsera.
Ho un tale bisogno di amarmi che non mi lascerò mai. Roberto Gervaso.