la Repubblica, 27 febbraio 2021
Le deleghe di Giorgetti
ROMA – Difficilmente si assisterà al remake della scena andata in onda (anzi, in strada) la settimana scorsa a Roma, via Molise angolo via Veneto. Era giovedì e, mentre nelle aule parlamentari il governo Draghi attendeva la fiducia, il ministro incaricato allo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, apriva le porte del dicastero ai sindacati che capeggiavano il rumoroso sit-in degli operai della Whirlpool di Napoli. Un gesto di disponibilità non scontato (il predecessore, Stefano Patuanelli, per dire si era seduto la prima volta a un tavolo di crisi industriale solo quando era toccato alla Ferriera di Trieste, la sua città), ma che ha dato la stura ad una valanga di lettere con richiesta di incontro urgente arrivate sul tavolo di Giorgetti da tante fabbriche, e relativi enti territoriali. Dalla Blutec di Termini Imerese, con gli operai che si preparano a replicare la protesta a Roma dei colleghi di Whirlpool, alla Bekaert di Figline Valdarno; dalla ex Embraco di Torino alla Acc di Belluno; dalla Corneliani di Mantova alla Treofan di Terni. E via via tutte le altre crisi industriali che saranno il core business principale (e più scomodo) del Mise dopo il riordino dei ministeri. Non ci saranno molti remake di quel giovedì perché nella distribuzione delle deleghe che sta immaginando, Giorgetti si riserva di giocare in prima persona solo le partite politicamente più sensibili: dunque i dossier Ilva, Alitalia e Rai, oltre ai rapporti con il Comitato interministeriale per la transizione digitale che sarà presieduto da Mario Draghi o, in assenza del premier, dal ministro per l’Innovazione, Vittorio Colao. Insomma, un ruolo soprattutto di pivot politico della Lega nell’esecutivo Draghi, che compensa per certi versi la perdita di potere del Mise nel settore dell’energia, dopo che già Di Maio aveva sottratto a via Molise il commercio estero. Giorgetti, forte dei trascorsi parlamentari e governativi, può contare su donne e uomini di sua fiducia in altri ministeri e anche a Palazzo Chigi dove sedeva come sottosegretario del Conte gialloverde. Ora sarà interessante vedere la sua postura rispetto a partite delicate come quelle della rete unica, della banda ultralarga o delle frequenze televisive. E la spesso evocata frequentazione di Giorgetti (allora presidente di commissione parlamentare) con Draghi (allora direttore generale del Tesoro), dovrà fare i conti con la scelta del nuovo premier di affidare i gangli dell’economia (Recovery Plan in primis) a ministri tecnici di sua assoluta fiducia. Proprio gli equilibri politici, peraltro, stanno determinando la distribuzione delle deleghe nel Palazzo dell’Industria. A ieri sera lo schema prevedeva per Alessandra Todde, che sarà viceministro, le tlc e la politica industriale, ma non le crisi industriali (seguite dall’esponente grillina con risultati tangibili quando era sottosegretaria di Patuanel-li), che andrebbero a Anna Ascani, sottosegretaria in quota Pd; per Gilberto Pichetto Fratin (viceministro in quota Forza Italia) delega su cooperative, consumatori e pmi. Giorgetti, che come capo di gabinetto avrà Paolo Visca (era a palazzo Chigi con Salvini vicepremier), al Mise dovrà mettere mano a una struttura tecnocratica che negli ultimi anni ha perso pezzi rischiando in alcune fasi la paralisi. C’è chi ipotizza, ad esempio, il ritorno di Giampiero Castano come coordinatore dei tavoli di crisi industriale, ruolo svolto lunghi anni dall’ex sindacalista per governi di ogni colore e interrottosi con l’avvento di Luigi Di Maio.