Corriere della Sera, 27 febbraio 2021
Meglio i Comuni delle Regioni
Caro Aldo,
mi chiedo e le chiedo se non è il caso di rivedere i confini Mussoliniani in base alla cultura locale. Ad esempio Novara e Piacenza in Lombardia, Mantova e Pesaro in parte all’Emilia Romagna. Cosa ne pensa ? Ci sarebbe un comune item sentire!
Ermanno MonterminiCaro Ermanno,
gli attuali confini delle Regioni italiane coincidono in parte con quelli degli Stati preunitari: il Ticino ad esempio segnava già allora il confine tra il Regno di Sardegna e il Lombardo-Veneto, e fu varcato due volte dall’eroico esercito piemontese – affiancato dai valorosi volontari di Garibaldi – nelle due prime guerre di indipendenza. Ma non è sempre così. L’attuale Emilia-Romagna, ad esempio, era suddivisa tra il ducato di Parma e Piacenza, quello di Modena e Reggio e lo Stato pontificio, che amministrava le varie città tramite i legati, e quindi con regole e rapporti diversi. Questo aiuta a capire che le Regioni, da un punto di vista storico e culturale, non hanno molto senso. Le città toscane si detestano tra loro e tutte detestano Firenze. Nella nebbiosa e padana Piacenza si mangia polenta condita con il burro, nella solare e mediterranea Rimini si mangiano gamberoni rossi conditi con l’olio. Un lombardo della Valtellina o della Valsabbia non ha molto a che fare con un lombardo di Pavia o di Mantova. Pensi, gentile signor Montermini, a quante Regioni italiane hanno o hanno avuto il nome al plurale: Marche, Puglie, Abruzzi. A Pesaro come lei ricorda prevalgono il dialetto, l’accento, la gastronomia della Romagna; a San Benedetto del Tronto già si sente l’aria del Sud. Foggia non è Bari, e Bari non è il Salento. Nella calabrese Cosenza – come nella lucana Potenza – si sente l’influsso di Napoli; a Reggio si vede e quasi si tocca la Sicilia (mentre Matera guarda alla Puglia). Le risparmio la rivalità quasi antropologica che separa Catania (la Sicilia greca) e Palermo (la Sicilia araba). Insomma, il particolarismo italiano non è definito dalla Regione ma dal Comune, o se preferisce dal campanile.
La vera autonomia sarebbe quella dei sindaci: non a caso tra le poche figure politiche ad avere un rapporto con i cittadini e ancora un certo prestigio.