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 2021  febbraio 26 Venerdì calendario

Intervista a David Malpass, il presidente della Banca Mondiale

«Serve più trasparenza, nei contratti per i vaccini firmati dai paesi ricchi con i produttori, perché ciò limita la possibilità di farli arrivare a quelli poveri». L’appello lanciato dal presidente della Banca Mondiale David Malpass, attraverso questa intervista esclusiva con La Stampa, è cruciale per sconfiggere la pandemia di Covid, perché non sarà possibile fermarla e far ripartire l’economia globale, fino a quando tutto il mondo sarà immunizzato.
Lei oggi partecipa al G20 dei ministri finanziari e governatori delle banche centrali, ospitato dall’Italia. Quale messaggio lancerà?
«È vitale che ci muoviamo rapidamente e insieme per crescita, vaccini, e sostenibilità del debito».
Come giudica l’agenda preparata da Roma?
«La Banca Mondiale sostiene fortemente le vostre iniziative. L’agenda è molto ambiziosa, perché tocca clima, sviluppo e migrazioni. L’Italia è in buona posizione per esercitare la leadership su sfide come il debito, il processo per la sua risoluzione nei paesi in via di sviluppo, e i pagamenti transnazionali. Sono elementi chiave per avere una forte ripresa nei paesi poveri, di cui l’Italia beneficerebbe in maniera sostanziale».
Il nuovo governo guidato da Draghi cosa può fare per la ripresa?
«È la grande domanda che sempre fronteggia l’Italia: come cambiare le regole del lavoro, e le procedure interne per le “internal licesing” (le attività burocratiche, ndr), allo scopo di dare più flessibilità al settore privato. Garantire più libertà ai privati consentirà all’Italia di provare che la sua gente è tra le più produttive al mondo, se trova spazio nella struttura regolatoria. Draghi è un esperto mondiale su come incoraggiare il finanziamento delle piccole imprese e le start up. Sono la chiave, perché assumono i nuovi lavoratori e creano i nuovi prodotti. Questa sarà la sfida: come far arrivare i crediti ai nuovi arrivati, incluse le imprese guidate dalle donne, e quelle che non esistevano cinque anni fa. È vitale che abbiano un’occasione. Poi avrà grande importanza anche l’efficacia della spesa pubblica. Il tema riguarda tutta l’Europa, con le nuove risorse in arrivo, ma è una sfida per Draghi. È cruciale che i nuovi fondi siano usati nella maniera più efficace possibile».
Ha suggerimenti?
«Gli investimenti vanno fatti in maniera trasparente. La gente deve vedere i contratti e i benefici che ne ricava. Questo è il punto di partenza. Per fare buoni investimenti servono politiche disegnate per la crescita futura. Ciò varia da paese a paese, perciò non scendo nei dettagli, ma va fatto in modo che incontri i bisogni dell’Italia in termini di infrastrutture, clima, assorbimento dell’immigrazione».
Come si risolve il problema delle disuguaglianze?
«Sul piano economico con la creazione di più posti nel mercato del lavoro, e più equità nell’allocazione degli stimoli. La maggior parte ora va a gente che è già parte del sistema. Ad esempio, gli stimoli delle banche centrali vanno a chi emette bond. Servono strumenti per dare i benefici ai nuovi arrivati, incluso chi vive nei paesi più poveri. Anche in termini climatici la disuguaglianza è evidente. La maggior parte dei paesi poveri non emette molti gas, e perciò ha bisogno di un diverso sostegno per l’adattamento ai cambiamenti in corso».
La transizione verso l’economia verde è un’opportunità per la crescita?
«Dobbiamo riconoscere la connessione fra le buone politiche di sviluppo e il clima. Ciò significa che le nationally determined contribution (NDC) per i paesi più poveri devono avere un impatto in termini di sviluppo e adattamento alle sfide climatiche, per beneficiare la popolazione. Ad esempio sotto forma di protezione dalle inondazioni».
Come si esce dalla crisi economica provocata dal Covid?
«Alcuni paesi stanno avendo una forte ripresa già ora, e ciò aiuta tutti, ma per avere davvero una crescita resiliente bisogna raggiungere i paesi poveri. Una chiave è il debito, che deve diventare più sostenibile, affinché le risorse liberate vengano investite nell’istruzione e nelle iniziative relative al clima che costruiscono il futuro».
Le vaccinazioni nei paesi poveri vanno a rilento. Perché?
«I paesi devono avere la capacità di iniettare le dosi, e poi servono più forniture. La Banca ha lavorato su entrambi i fronti. Ora la questione sta arrivando rapidamente al board, dove ci aspettiamo finanziamenti per oltre 3 miliardi di dollari destinati alle vaccinazioni tra marzo e aprile. Stiamo accelerando, perché ora più vaccini vengono approvati dalle autorità regolatorie».
Secondo alcune stime, però, l’immunizzazione dei paesi poveri non verrà prima del 2022. È vero?
«Due fattori sono decisivi: la capacità dei paesi di fare le vaccinazioni, e averne abbastanza per quelli in via di sviluppo. Serve più trasparenza, perché non c’è chiarezza nei contratti già firmati dai produttori con le economie più avanzate, e ciò impedisce ai paesi poveri di conoscere le forniture su cui possono contare».
Le donne sono le più colpite dalla crisi. Come vanno aiutate?
«Bisogna intervenire sulle regole che non consentono di partecipare a pieno all’economia. In alcuni paesi ci sono divieti o limitazioni per i viaggi, l’istruzione, la possibilità di aprire imprese o ricevere eredità. Tutto questo deve finire».
Il Covid ha creato anche un’emergenza cibo. Come si risolve?
«È un problema urgente, che richiede diversi passi. Il primo è far arrivare subito il cibo a chi soffre la fame. Lo stiamo facendo con altre organizzazioni della famiglia Onu, come l’Unicef. Poi bisogna lavorare sulle forniture, affinché i raccolti siano più produttivi. Diversi paesi puntano troppo sul riso, che ha grandi costi ambientali perché produce molto biossido di carbonio e consuma risorse idriche scarse. Dovremmo ridurre i sussidi al riso e favorire altri raccolti. Lavoriamo anche sul problema delle locuste in Africa orientale, le tariffe che impediscono la libera circolazione dei prodotti agricoli, e i fertilizzanti, spesso scelti per fare l’interesse di governi e produttori, invece dei contadini».
Queste emergenze favoriscono le migrazioni, che rappresentano un problema per paesi tipo l’Italia. Come va risolto?
«Dal Sahel alla Somalia, dal Chad al Sudan, abbiamo programmi per creare lavoro. Questa è la chiave, per aiutare la gente a costruire nuove opportunità nei paesi d’origine».
La moratoria del debito dei paesi poveri (DSSI) va estesa?
«Sì, ma il suo impatto è stato inferiore alle attese, perché il settore privato e la Banca cinese per lo sviluppo (CDB) non hanno partecipato. Quindi andrebbe prolungata, ma allargandola. I paesi poi dovrebbero ricavarne più risorse per sanità, istruzione, clima, ed iniziative utili a sostenere gli abitanti».
Lei è stato nominato da Trump, andrà d’accordo con Biden?
«Sono stato proposto dall’amministrazione precedente, ma scelto dai membri della Banca. Abbiamo già avuto ottime relazioni col nuovo governo Usa, perché la riduzione della povertà, la condivisione della prosperità, e l’emergenza climatica sono obiettivi centrali condivisi». —