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 2021  febbraio 26 Venerdì calendario

Colao, Giavazzi, Gorno Così il partito del Nord vince alla corte di Draghi

C’è una Bre-Be-Mi (politica) che arriva fino a Palazzo Chigi. Come l’autostrada A35 parte da Brescia, passa da Bergamo, arriva a Milano e dintorni ma poi (quella politica) scende giù, nel cuore del potere romano.
Con l’arrivo di Francesco Giavazzi, come consigliere economico del presidente Mario Draghi, si rafforza l’asse del Nord e soprattutto l’asse lombardo del governo. Giavazzi è di Bergamo, Vittorio Colao, ministro dell’Innovazione e della transizione digitale, è di Brescia, Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, è di Milano, Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, arriva da Cazzago Brabbia nel varesotto. E poi Giovanni Gorno Tempini, anche lui di Brescia, presidente della Cassa depositi e prestiti, crocevia di economia, politica, partiti e finanza, e sempre meno la “vecchia” banca del risparmio postale.
Prende forma così un nuovo soggetto di potere molto trasversale, nel quale il tratto distintivo è l’appartenenza al territorio lombardo, con la sola eccezione del romano Mario Draghi che però è il regista di questa operazione. Comunanza di sensibilità, percorsi professionali paralleli, incroci. Ci sono l’Università Bocconi, la cultura di impresa, le banche, l’innovazione tecnologica, l’integrazione europea e la globalizzazione con le sue lunghe filiere produttive. Dopo anni di discussione intorno alla scarsa rappresentanza politica del Nord, dopo la “questione settentrionale” intensa come il malessere dei ceti produttivi incompresi dalla politica romanocentrica e pronti, per ripicca, a cavalcare la rivolta lega-populista, la Lombardia si fa governo, forte di quel 25% circa di Pil nazionale. Il Pil pro capite in Lombardia (ultimi dati dell’Istat) è di 39,7 mila euro, la prima regione del Mezzogiorno è l’Abruzzo con 25,1 mila euro. Nel governo a trazione settentrionale ci sono 18 ministri nordici su un totale di 23.
C’è un filo conduttore in questa storia e si chiama Next Generation Eu. Ci sono 209 miliardi, di cui 82 a fondo perduto che l’Europa, cioè, non vorrà restituiti. Debito comune, un salto senza precedenti nella politica dell’Unione in cui in Nord italiano si sente profondamente integrato. Con le aziende, medie e grandi ma anche le piccole della fornitura, connesse con l’industria tedesca di alto valore aggiunto. Imprese internazionalizzate e che meglio hanno resistito alla pandemia.
Secondo un sondaggio di Bankitalia la perdita di fatturato delle imprese manifatturiere è stato sensibilmente inferiore per quelle inserite nei processi della produzione globale: intorno al 13,7% contro il 30% di quelle con lo sbocco al solo mercato domestico. A Brescia, dove sono nati il manager-ministro Colao e il finanziere Gorno Tempini, esponente di quel che è stata la finanza bianca di rito bazoliano, l’industria esporta oltre il 60%. Il mercato italiano è minoritario. I due bresciani Colao e Gorno Tempini sono talmente amici che il primo è stato testimone di nozze del secondo. E poi condividono in maniera profonda l’esperienza formativa nei Carabinieri.
Dunque le risorse del Recover y Fund per la trasformazione digitale ed eco-sostenibile, questioni strategiche, insieme a quella dell’aggiornamento infrastrutturale, per l’apparato produttivo nazionale con tutti gli effetti sul modello di sviluppo, proprio come chiede Bruxelles.
Draghi ha affidato la gestione al ministero dell’Economia, dove Daniele Franco è un suo fedelissimo ma anche un bellunese. Oltre che tecnici, i ministri che riscriveranno il Recovery plan, disegnando l’Italia del futuro, sono nordici, con la sola eccezione del romano Enrico Giovannini (Infrastrutture): Franco, Colao, Cingolani. Assistiti dal professor Francesco Giavazzi.
E poi Giancarlo Giorgetti, l’uomo del ripensamento europeista della Lega salviniana a vocazione nazionale. Il leghista bocconiano, che piace agli industriali e che dà del tu a Draghi, ha riportato – nei fatti – la Lega nel suo alveo territoriale tradizionale. Sì, certo Salvini ha allargato come non era mai accaduto l’area geografica del consenso al Centro e al Sud, ma la constituency leghista resta ancora il Nord. Dove i piccoli imprenditori non avrebbero capito – di fronte alla richiesta di un governo di ricostruzione nazionale – una Lega all’opposizione fuori dalla gestione delle risorse europee. «Non c’è sovranità nella solitudine», ha detto Draghi pensando alla cacofonia del sovranismo anti-euro. Salvini continuerà ad alzare la voce, ma è prevalsa la linea Giorgetti. E la Bre-Be-Mi politica ha aumentato le corsie con il lombardo Bruno Tabacci a fare il sottosegretario al coordinamento della politica economica. Il nuovo potere lombardo.