ItaliaOggi, 25 febbraio 2021
Periscopio
A Franco Marini, bocciato in extremis come presidente della repubblica, era andata meglio quando nel 2006 era stato eletto presidente del Senato, e per stanare i franchi tiratori, ogni partito doveva scrivere sulla scheda il suo nome in modo diverso: i Ds Franco Marini, quelli della Margherita Marini Franco, l’Udeur F. Marini, i Verdi Francesco Marini… Aldo Cazzullo.
Corsera.Riforme complessive, sono ostacolate in Italia da resistenze particolarmente grandi perché contengono costi politici molto alti. Questi sono compensati, in altri paesi, realizzando delle riforme all’inizio di una legislatura. Poi i politici possono più facilmente superare un periodo di magra nel consenso tra gli elettori, nella speranza, che alle successive elezioni, dopo quattro o cinque anni, si vedano i vantaggi che facciano capire che le riforme valevano la pena. Ma in Italia, con il suo sistema politico traballante, finora non c’è la speranza di avere una politica così lungimirante: Italia è bloccata in una campagna elettorale continua. Per questa ragione, in ogni momento, politici italiani aspirano a fare regali elettorali per le loro clientele. Tobias Piller. Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Ricciardi, il virologo di fiducia di Speranza, se ne frega di tutto. Rilascia interviste. Polemizza. Proclama. E annusa l’aria (quanto gli piace la politica: nel 2013 cercò invano di arrivare in Parlamento candidandosi con i montiani di Scelta civica in quota Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo). E cosa sente nell’aria? Odore di nuovo. Così, a sorpresa (e si suppone senza concordare la richiesta con nessuno), invoca l’arrivo di Guido Bertolaso al comando della campagna vaccinale. Fabrizio Roncone. Corsera.
Mio padre mi bocciò a un esame universitario. Andò così. La sera prima dell’esame gli dissi che non ero preparato solo su due autori. Il giorno dopo mi fece le domande proprio su quelli. Mio padre era così. Non poteva accettare che suo figlio fosse favorito in qualche modo. Se oggi nutro per lui una sconfinata ammirazione è anche per questo suo modo di essere onesto e integerrimo. Nella patria delle raccomandazioni e dei nepotismi, papà ha incarnato la parte migliore del nostro Paese. Carlo Verdone, attore e regista (Nino Materi). il Giornale.
Cercavo di scorgere in mio padre ogni traccia di sofferenza per la dura prigionia subita in Germania, ma lui era bravissimo a dissimulare, a non trasformare quella tragedia in retorica. Quella era un’altra generazione. Per esempio, per tutta la vita si è rivolto a sua madre dandole del «voi». Francesco Guccini, cantautore (Roberta Scorranese). Corsera.
«Come fai, tu romano, a vivere nell’uggiosa Milano da trent’anni?». «Mi piace moltissimo, mentre a Roma, dopo la morte di mio figlio Fabio, soffro troppo. Milano ha due atout: è la città dove ho conosciuto Ilaria, fiorentina ma milanesizzata, ed è piatta, ideale per chi, come me, cammina molto. Giorgio Forattini, disegnatore satirico (Giancarlo Perna). Libero.
Di carta è la casa di Pierluigi Battista, nel Rione Monti, a Roma, nel senso che i libri sono i protagonisti di ogni spazio: «Qui ho i libri di letteratura catalogati in ordine alfabetico fino alla emme», mi racconta portandomi in pellegrinaggio da una stanza all’altra dell’appartamento in cui si è trasferito da circa un anno, lasciando la casa in cui aveva vissuto con la moglie, morta otto anni fa («l’ho venduta, perché ormai ci vivevo come dentro un mausoleo dei ricordi»). «Vedi? Qui la sezione della letteratura prosegue, n, o, p, q e si arriva alla erre del mio amato Roth, la esse di Sciascia». Il bassotto Enzo («come Enzo Tortora, in nome di tutte le vittime della giustizia») ci segue mentre arriviamo infine nello studio, dove ha sistemato i saggi: «Quella parete di fronte è dedicata interamente al comunismo, la mia materia». Pierluigi Battista (Nicola Mirenzi). HuffPost.
All’hotel Europa-Brittania di Venezia mio padre incontrò Harry Pickering, uno studente che abitava in albergo con una vecchia zia, accompagnata da un gigolò e da un cane pechinese. Mio padre intuì dallo sguardo infelice che stava finendo i soldi e gli offrì spontaneamente un prestito di 10 mila lire per saldare il conto e far ritorno in America. Passarono i mesi. Nel febbraio 1930 Pickering gli restituì quattro volte tanto: «Cipriani, grazie, ecco i soldi. Serviranno per aprire un locale in società. Lo chiameremo Harry’s bar». E così fu. Nel 1946 andai con mio padre a Montecarlo a trovare Pickering. Stava male. Morì di lì a poco. Arrigo Cipriani (Stefano Lorenzetto). l’Arena.
Una volta, papà, arrivasti da Malpensa, fiero, con la tua valigia in mano, proprio lei. Senonché, aprendola, quella si rivelò colma di farina bianca. Farina? Di corsa in Questura. («Ancora lei?») La valigia era identica, ma era di un trafficante di coca. Altre volte conservavi la valigia ma perdevi l’aereo, o il treno. Un giorno dalla Praga del ’68, invasa dai sovietici, stavi tornando in Italia. Decine di treni erano in partenza e finalmente trovasti il tuo. Ma il facchino con la valigia non si vedeva. Una manata sulla fronte, gesto che ti era abituale: «Oddio, non gli ho detto quale treno prendevo!». In quel mentre hai visto arrivare al binario, flemmatico, l’anziano facchino, diritto come un ufficiale prussiano. «Ma come faceva lei, a sapere che partivo per Vienna?», gli hai chiesto sbalordito. E quello, in perfetto francese, con un sorriso malinconico: «Signore, da Praga oggi un gentiluomo non può andare che a Vienna». Lo raccontavi commosso, al ricordo dell’aristocratico facchino nella Praga invasa dai carri armati. E un po’ anche perché quella fu l’unica volta, che una tua valigia ti trovò. Marina Corradi, scrittrice. la Gazzetta di Parma.
Sulla scena di duchesse, principesse, ecco una checcona vestita da donna e certe bambinacce... tutte con tiare e collaretti, con fiocchettini giù dai petti, con bordure di pellicce un po’ russe e con diademi di strass un po’ bassi: tutto un garbo, un porgere, un sedere di sbieco e un inchinarsi di tre quarti, tutto un gorgheggiare di traverso. E gli uomini? Spiccano non tanto per la recitazione quanto per gli oggetti introdotti nei calzoni attillati allo scopo di evidenziare la propria presunta virilità: chi aveva messo panini, chi brioches, chi lenzuola annodate, chi infine la cornetta del telefono… Alberto Arbasino, Grazie per le magnifiche rose. Adelphi
È meglio un culo che una faccia da culo. Tinto Brass, regista. Libero.
A me m’hanno rovinato i matrimoni delle altre. Roberto Gervaso.