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 2021  febbraio 24 Mercoledì calendario

L’arresto di Emma Coronel può significare due cose: o che sta prendendo in mano le redini del Cartello di Sinaloa, o che siamo di fronte a un’operazione di facciata, un modo per metterla al sicuro in vista di un possibile percorso di pentimento del Chapo Guzmán

L’arresto di Emma Coronel Aispuro, la moglie del Chapo Guzmán, avvenuto ieri negli USA, rappresenta una novità insolita nella pratica investigativa. I narcotrafficanti costruiscono intorno alle mogli un sistema di sicurezza per cui le escludono da responsabilità dirette e da prove che potrebbero coinvolgerle nelle attività criminali, difatti raramente la polizia americana arresta le mogli dei narcos. Questo arresto può significare due cose: o che le indagini hanno rivelato che Emma Coronel sta prendendo in mano le redini del Cartello di Sinaloa, o che siamo di fronte a un’operazione di facciata, un modo per metterla al sicuro in vista di un possibile percorso di pentimento del Chapo Guzmán. El Chapo non sa stare in carcere e le sue evasioni (nel 2001 e nel 2015) lo dimostrano. Le sue verità sono preziose per gli Stati Uniti, che per ottenerle sarebbero disposti a negoziare enormi sconti di pena. Ma il pentimento del Chapo è ancora una congettura. Emma Coronel Aispuro è cresciuta sulle montagne di Durango, in quel famoso Triangolo d’oro messicano dove i campi di marijuana, le distese di papaveri da oppio e i laboratori di cocaina e metanfetamine si susseguono quasi senza soluzione di continuità. È qui, protetto dai boschi della Sierra Madre e dall’omertà dei suoi abitanti che il Chapo stava trascorrendo la latitanza nel 2007, quando Emma fu eletta «reginetta di Canelas», un concorso di bellezza locale. Nel gennaio 2007 Emma diede una festa per la sua partecipazione al concorso, come sono solite fare tutte le aspiranti reginette. Ma la festa di Emma ebbe un ospite speciale: El Chapo, il boss del cartello di Sinaloa, che in quelle zone è tuttora considerato più importante di un presidente della Repubblica. Abbigliamento sportivo, cappellino da baseball, AK-47 in mano e pistola nella cintura, El Chapo era arrivato a bordo di un piccolo aereo. Aveva portato con sé il suo gruppo folk preferito, «Los Canelos de Durango», autori di innumerevoli narcocorridos che esaltano le sue gesta. Nella sua prima intervista televisiva, rilasciata a Telemundo nel febbraio 2016, Emma racconta: «Lui stava ballando con un’altra ragazza e io stavo ballando con il mio ragazzo – a quei tempi avevo un ragazzo – e ci incontrammo nel centro della pista. Mi sorrise in modo provocante. Dopo un po’ arrivò una persona e mi disse che quell’uomo voleva ballare con me e io accettai (…) Appena lo vidi mi ispirò molta fiducia, non subito come uomo, ma come amico». Sei mesi dopo, il giorno del suo diciottesimo compleanno, su quelle stesse montagne, Emma Coronel si unì in matrimonio a Joaquín «el Chapo» Guzmán, più vecchio di lei di trentadue anni. Dopo il matrimonio, Emma si trasferì a Culiacán, quartier generale del marito, ma riusciva a vederlo di rado perché lui era ancora latitante; a volte doveva aspettare mesi prima di essere convocata. Quattro anni più tardi, il 15 agosto 2011 Emma diede alla luce due gemelle in una clinica di Los Angeles: la DEA la seguì, ma non poté fare nulla perché Emma è anche cittadina americana e all’epoca era incensurata. Come unica precauzione, la giovane mamma lasciò in bianco il nome del padre sul certificato di nascita, ma sia i giornali americani sia i giornali messicani diedero la notizia che El Chapo era diventato di nuovo papà. Per le due gemelline, El Chapo ha messo a rischio anche la sua latitanza. Nel 2014, infatti, poco prima di essere catturato, il capo di Sinaloa aveva regalato alle figlie una scimmietta, non un peluche, ma un animale in carne ed ossa. L’avevano chiamata «Botas», come la scimmia della versione spagnola del cartone animato Dora, l’esploratrice. Da allora, Botas aveva seguito la famiglia del Chapo in ogni trasferimento, tanto da divenire nota anche lei alle forze dell’ordine. Quando El Chapo evase dal carcere dell’Altiplano del 2015 e si ricongiunse alla sua famiglia, le bimbe chiesero di poter avere Botas con loro anche nel nuovo nascondiglio e il Chapo non seppe dire di no. Fu seguendo le tracce di Botas che la Marina militare messicana riuscì a localizzare il nascondiglio del boss e diede il via alle operazioni che avrebbero portato al suo nuovo arresto nel gennaio 2016. El Chapo ha sempre vissuto la sua vita e le sue relazioni come un satrapo. Più eredi, più sangue da mettere al servizio dell’impero. Ha avuto tre mogli che gli hanno dato 10 figli, anche se alla fine del 2015 la rivista messicana Proceso rivelò che, secondo le carte raccolte nel suo dossier, Guzmán aveva avuto in tutto 18 figli con 7 donne diverse. Durante il processo del Chapo a New York, in un’udienza poco prima di Natale del 2018, Emma si presentò in aula con le gemelline che allora avevano 7 anni: quando le vide, il Chapo si alzò e con gli occhi lucidi cominciò a salutarle e mandare baci con la mano. Ricordo i giornalisti americani smarriti nel vedere la commozione di fronte alle figlie di un uomo di cui fino ad allora in quell’aula si erano elencati i più atroci delitti. Contraddizioni che, invece, noi italiani siamo da sempre abituati a vedere nei boss delle mafie nostrane. Quando poi, in quella stessa udienza, furono fatte entrare in aula delle armi, Emma si premurò di coprire gli occhi delle bambine e di portarle fuori, dando l’idea di essere una madre attenta che voleva evitare alle sue bimbe – figlie del narcotrafficante più potente del mondo – immagini violente. Emma, invece, da quell’aula del tribunale di Brooklyn non se ne andò mai per tutta la durata del processo, rimase sempre seduta tra il pubblico a far sentire il suo supporto al marito. Rimase lì anche quando in aula vennero mostrati i messaggi che il Chapo scriveva alle sue amanti. Come quelli mandati a «La Fiera», al secolo Agustina Cabanillas Acosta, che nei messaggi del Chapo era definita la donna più importante della sua vita. Dalle conversazioni tra di loro si apprese che il Chapo le aveva pagato una liposuzione, ma con lei parlava anche di affari, come quando le confidò di aver creato delle società in Ecuador che sarebbero servite per esportare droga in Europa, Australia e Stati Uniti o quando discutevano dell’acquisto di precursori chimici in Cina. Agustina veniva usata dal Chapo anche come messaggera. Fu arrestata nel 2012, in un raid della polizia in una delle residenze di lusso del Chapo a Los Cabos, nella Baja California.
Oggi, invece, è Emma a finire in arresto per aver collaborato agli affari del leader del cartello di Sinaloa: è accusata di aver preso parte a un’associazione a delinquere finalizzata all’importazione negli Stati Uniti di cocaina, metanfetamine, eroina e marijuana; di aver aiutato il Chapo ad evadere dal carcere nel luglio del 2015, quando scappò su una motocicletta modificata attraverso un tunnel scavato sotto la doccia della sua cella; e di aver concorso a pianificare un’altra evasione dopo l’arresto del Chapo nel 2016, un progetto andato in fumo con la sua estradizione negli Stati Uniti. Se il boss di Sinaloa si pentisse e cominciasse a collaborare con le autorità americane, potrebbe riuscire a negoziare riduzioni di pena e protezione anche per sua moglie. Il Chapo potrebbe fare a meno dei suoi eredi nella gestione del cartello di Sinaloa ma non di Emma, il loro destino è annodato nella buona ma soprattutto nella cattiva sorte.