Corriere della Sera, 24 febbraio 2021
Vaccini, dove si inceppa il meccanismo
Certo, di vaccini ce ne vorrebbero di più. Vero, i tagli non aiutano. Specie quello di ieri, con AstraZeneca che dimezzerà le consegne nel secondo trimestre, un crollo da 24 a 12 milioni di dosi. Ma c’è anche altro dietro l’andamento lento della campagna vaccinale italiana. E cioè una rete che spesso si inceppa proprio all’ultimo miglio, non riuscendo a somministrare velocemente nemmeno le poche fiale a disposizione. È dai numeri che bisogna partire.
Il dato di ieri alle 18.52 dice che in Italia sono state distribuite alle regioni poco più di 5 milioni di dosi. Per la precisione: 5.198.860. Di queste, quelle effettivamente somministrate sono poco più di 3 milioni e mezzo. Sempre per la precisione: 3.682.425. La differenza è la misura più efficace della (scarsa) efficienza messa fin qui in campo. Ci sono più di un milione e mezzo di dosi rimaste in attesa, come le persone che aspettano il vaccino per tornare a vivere in modo quasi normale. Il numero esatto è 1.516.435. Ne abbiamo usate meno di tre su quattro, il 70,8%. E qui bisogna fermarsi un attimo.
All’inizio di gennaio era stato chiesto alle Regioni di accantonare il 30% delle dosi per poter garantire il richiamo, la seconda iniezione a distanza di 21 giorni. Un orientamento valido al momento anche per AstraZeneca, per il quale ieri è stata ufficialmente alzata a 65 anni l’età massima di utilizzo. Un freno inutile visto che per questo vaccino, già da tempo, il protocollo del ministero della Salute prevede che il richiamo si faccia almeno a tre mesi dalla prima dose. Nei fatti questo obbligo di «magazzino» è stato superato da un’interpretazione flessibile e più pragmatica: disegnare un flusso che consenta di avere una riserva in linea con le dosi utilizzate 21 giorni prima. Si potrebbe fare di più. Anche perché, come sempre, vale la regola ferrea del pollo di Trilussa. E bisogna abbassare la lente di ingrandimento sulla cartina dell’Italia.
Il «passaporto»
Bruxelles frena sul «passaporto»: non sarà obbligatorio per chi viaggia
Ci sono regioni che la vecchia regola del 30% l’hanno sempre ignorata. E per questo sono andate più veloci. La Valle d’Aosta ha utilizzato il 92,6%% delle dosi a disposizione. La provincia di Bolzano, che pure ha avuto i tassi più alti di rifiuto tra medici e infermieri e per questo è passata subito agli over 80, è arrivata all’87,3%. Piccolo è bello? Di sicuro più semplice. Ma anche una regione grande come la Toscana ha un dato ben al di sopra della media nazionale con l’81,9%. Buona parte delle regioni è proprio intorno al 70%. La Campania al 76,5%, l’Emilia Romagna al 74,7%, il Piemonte al 73,8%, il Lazio al 73,1%. Un po’ più indietro la Lombardia al 70,5% e il Veneto al 68,3%. Il dato peggiore è quello della Calabria con il 55,3%. Ma va piano anche un territorio dove la varianti hanno cominciato a colpire prima: l’Umbria che viaggia al 63%. E la regione più anziana (e quindi più fragile) d’Italia, la Liguria è ferma al 60,2%.
Da questi numeri si capisce come sia giusto, anzi giustissimo, protestare quando Pfizer, Moderna e AstraZeneca consegnano meno dosi di quelle previste. Ma anche che attribuire tutti i guai al flusso in arrivo significa vedere solo un pezzo del problema. Con un paradosso. Abbiamo visto che finora sono arrivate poco più di 5 milioni di dosi. Entro la fine di marzo – come ha confermato Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità – dovremmo arrivare a 13 milioni. Nelle previsioni iniziali dovevano essere più del doppio: 28 milioni. Se fossero arrivate davvero tutte, quante ne saremmo riusciti ad utilizzare?
Se la somministrazione è un problema italiano la produzione dei vaccini è una questione soprattutto europea. Per potenziarla il piano del commissario agli Affari interni Thierry Breton prevede il coinvolgimento di altri sedici stabilimenti europei. Nella lista provvisoria ce ne sarebbero anche due in Italia, uno nel Lazio, l’altro nel Veneto. Con un gioco ad incastro in cui ogni impianto dovrebbe farsi carico di un pezzo del processo produttivo. Ma i tempi non sono brevi. La stessa commissione frena sull’ipotesi del passaporto vaccinale: non ci sarà «un obbligo al vaccino per chi viaggia», dice il commissario alla Giustizia Didier Reyneders. E «sarà possibile anche per le persone non vaccinate continuare a viaggiare sottoponendosi a test e quarantena».