Corriere della Sera, 24 febbraio 2021
Intervista aGiorgio Palù, virologo dell’Aifa
«N on ha senso parlare di prima, seconda o terza ondata. Il virus non ha mai smesso di circolare. Ora in certe aree del Paese la curva dei casi incidenti certamente si impenna, però a livello nazionale l’andamento è ancora a plateau».
Per Giorgio Palù, il virologo presidente dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) il sistema anti Covid può tenere. Il grande focolaio di Brescia è un avvertimento?
«Non abbiamo più bisogno di avvertimenti. Sappiamo già che questo lignaggio virale denominato B.1.1.7 sta prevalendo in gran parte d’Italia oltre che d’Europa. La situazione è comune a molte nostre città dove la variante sta prendendo il sopravvento. Quindi finirà per affermarsi».
Secondo i dirigenti della Sanità veneta di Luca Zaia, negli ospedali della regione arrivano ora malati più gravi. Segno che la variante inglese si è incattivita?
«Sicuramente stanno aumentando i casi positivi e quindi la possibilità che più soggetti si debbano ricoverare. Sappiamo che il virus equipaggiato delle mutazioni indicate come 501Y e 681H si riproduce il 40-50% più facilmente del progenitore cinese, trovato per la prima volta a Wuhan».
È anche più virulento?
«Ecco la buona notizia, non è affatto certo che sia responsabile di forme di malattia più gravi. I colleghi che sono nei reparti al momento non segnalano l’aggravamento del quadro clinico nei pazienti. Un’indagine del Nervtag (l’organismo Britannico sui virus respiratori) che ha misurato la carica virale in soggetti Sars-CoV-2 positivi non ha evidenziato differenze significative fra i casi dovuti alla variante e gli altri».
Non bisogna allarmarsi?
«Dobbiamo abituarci a considerare che il Sars-CoV-2 più circola, più muterà in quanto lo scopo del virus è propagarsi il più possibile. Ed è chiaro che più salgono i casi maggiore è il rischio che, tra questi, un numero più elevato di soggetti debba essere curato in ospedale».
Quali le contromisure?
«Primo, alzare il livello di sorveglianza. Sono stati messi a punto test diagnostici molecolari capaci di individuare le 3 varianti che finora si sono rivelate minacciose, l’inglese, la brasiliana e la sudafricana. Una volta accertato che l’infezione dipende da una di queste tre occorre sequenziare il genoma virale, attività che in Italia finora non è stata molto sostenuta. Sta nascendo anche da noi un consorzio di centri di ricerca dedicato».
E poi?
«Vanno aumentate le misure di contenimento, il che non significa lockdown generalizzato ma attenersi a restrizioni che limitino gli assembramenti, gli spostamenti, i trasporti, le attività pubbliche compresa la scuola laddove la variante si sta diffondendo».
Letizia Moratti, assessore lombardo al Welfare, propone che nella distribuzione dei vaccini vengano privilegiate le Regioni più colpite.
«Mi sembra una proposta ragionevole che dovrà però essere valutata, sulla base delle nuove evidenze epidemiologiche».
Sui vaccini buone notizie?
«Ovunque siano stati usati su larga scala si è visto il crollo di contagi. Guardiamo alla Gran Bretagna e a Israele. Viene confermato sul campo quello che gli studi di validazione avevano indicato. Non solo, l’immunità indotta dai vaccini perdura».
Sono efficaci anche contro le tre varianti?
«Ne abbiamo la certezza per la variante inglese. Contro quella brasiliana e sudafricana la protezione sembra possa ridursi ma permane l’efficacia nei confronti delle manifestazioni più severe».