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 2021  febbraio 24 Mercoledì calendario

L’anoressia e i bambini

Loro si sono ribellati così all’emergenza Covid-19. Hanno smesso di mangiare. Il digiuno come manifestazione di disagio e come protesta. Perché incapaci di alzare la voce, di capire bene quello che stava accadendo, di incontrare un amico, di evitare la preoccupazione e l’ansia che il virus ha portato nelle case.
Tanti bambini, secondo la Società italiana di pediatria, hanno deciso di reagire a quello che è accaduto nell’ultimo anno eliminando o quasi il cibo. Bocche cucite, sia per parlare che per mangiare. Anche a 8 anni. I ricoveri stanno aumentando. Tre milioni e mezzo, in Italia, sono i casi di anoressia e bulimia. Il 15% di questi riguardavano i minori. Ma ora il numero è salito. Sono piccoli pazienti che neppure in ospedale riescono a trovare le parole per raccontare. Per spiegare perché hanno dimezzato il loro corpo e azzerato quel felice contatto con il cibo che permette loro di crescere.
IL VIRUS
«Stiamo ricoverando bambini che hanno meno di dieci anni – spiega Elena Bozzola Segretario della Società italiana di pediatria specialista all’ospedale Bambino Gesù di Roma – casi di disturbi alimentari ne avevamo anche prima dell’arrivo del virus ma ora ne vediamo sempre di più. Sono soprattutto femmine ma abbiamo anche maschi. Se proviamo a chiedere o a capire il perché del rifiuto restano muti. I loro occhi sono fissi, mostrano una tristezza assoluta. I genitori ci guardano increduli. Molti fanno fatica ad accettare che stiamo parlando di anoressia, pensano che la malattia riguardi solo gli adolescenti o le giovani donne. Ma non è vero».
Sembra essere stato il lockdown di dodici mesi fa ad aver scatenato, lentamente, questa sorta di rivolta silenziosa. Verso il mondo e verso se stessi. Dopo quel periodo i bambini che avevano rotto con il cibo non sono più riusciti a tornare indietro e a ricominciare un’alimentazione corretta. Sono sprofondati in questa insana autodistruttività. Come è accaduto, nelle scorse settimane, a quella bambina di dieci anni a Palermo che, per una maledetta sfida su Tik Tok, ha perso la vita. O a tutti i suoi coetanei che il quotidiano vivere in tempi di pandemia ha spinto al suicidio, come ricordano gli psichiatri infantili.
In un’epoca in cui sono calate drasticamente le malattie infettive e le conseguenze pericolose dell’influenza stagionale, viste le precauzioni antivirus, i pediatri erano sicuri di dover fronteggiare soprattutto l’eccesso di peso nei loro pazienti. Un problema generalizzato, tra grandi e piccoli, che al momento sembra essere più risolvibile rispetto alla scelta del digiuno. «Si separano dal cibo per dimostrare il loro malessere – aggiunge la dottoressa – i genitori non devono scambiare il rifiuto per inappetenza. E, quando si rendono conto che il rapporto con l’alimentazione mostra lati preoccupanti devono subito chiedere aiuto. Poi è difficile che in casa, da soli, si rimettono a posto le cose. Anche nell’organismo. Una drastica perdita di peso per digiuno ferma la crescita, danneggia il cuore, fa comparire l’anemia e, nelle bambine, compromette l’arrivo del primo ciclo». Alcuni segnali, suggeriscono i pediatri, vengono dal modo in cui il bambino mangia: lo sminuzzare il cibo in pezzi piccolissimi, la lentezza del pasto, l’esclusione di alcuni alimenti, l’iperattività fisica.

L’ESCLUSIONE
Il bambino che arriva in ospedale dopo aver rinunciato a mangiare ha sicuramente frantumato il rapporto con il suo corpo vedendosi in modo distorto. Dice di essere grasso anche se è molto magro. Come accade nei ragazzi più grandi, anni diversi ma stessi comportamenti dettati dalla malattia. L’anoressia ha preso il sopravvento in chi già aveva una situazione fragile ma anche in chi, secondo i familiari, stava bene.
E gli esempi, raccolti nelle corsie, raccontano di bambini bullizzati che durante il lockdown si sono sentiti ancora più esclusi dal gruppo, di bambine che un anno fa avevano qualche chilo di troppo e ora sono divorate dall’anoressia più grave, di piccoli depressi o pregresse storie di obesità. Per molti altri non si riesce ad afferrare il bandolo della matassa e capire.

LA RICERCA
Certamente si tratta di una risposta al trauma che gli specialisti, anche attraverso un’analisi dei social, ora inizieranno ad esaminare nel dettaglio. Dal momento che proprio il tablet è diventato il compagno elettivo di molti bambini. Studieranno, in particolare, le patologie psichiche che portano al ricovero dall’inizio della pandemia.