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 2021  febbraio 23 Martedì calendario

I due ragnetti di Airolo

Vorrei prendere diversi (forse troppi) piccioni con un «Piccolo fratello». Tutti relativi alla poesia e dintorni. Partendo da un critico eccelso, studioso di Leopardi, Manzoni e Montale, accademico per niente accademico: Gilberto Lonardi, che ha raccolto in volume (Un naufragio e altre favole, editore Casagrande di Lugano) alcune lezioni tenute per le scuole ticinesi. Introdotte da un dialogo con Aurelio Sargenti, in cui Lonardi riconosce che «per pochi la poesia è un bene davvero necessario», e che in fondo è giusto così. Un «privilegio dello spirito» che facilmente può diventare «merce o cioccolatino» e il cui fascino spesso viene distrutto dai corsi universitari. Detto ciò, leggendo queste lezioni, il fascino della poesia si moltiplica e si precisa. Perché parlarne qui? Perché nel libro di Lonardi si trovano barlumi (bella parola montaliana) luminosi che accendono orizzonti più ampi. Per esempio, leggendo alcuni testi di Giorgio Orelli (secondo piccione di questo «Piccolo fratello»). Dove si mette in evidenza come il poeta di Airolo (magnifico poeta di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita) sia sempre più attratto dal minimo e dal causale: come i due ragnetti «inquilini abusivi del soffitto, / strani compagni della mia vecchiaia», che rinviano al desiderio (del poeta) di respirare «solo ai piani più bassi dell’esistere», ovvero di apprezzare il «niente» della vita e con quello fare poesia. È il caso di Leopardi, che vede una foglia di faggio arrivare da lontano e poi fuggire e ritornare trascinata dal vento. Ma, ci dice Lonardi, anche la sedia di van Gogh è un «quasi-nulla tematico» capace di riempire quel vuoto (il nulla etico) in cui ci imbattiamo «se appena vogliamo salire dal piano-terra del mondo ai così detti piani alti». E tutto ciò mi fa riflettere (terzo piccione) sulle ragioni (sacrosante) di Walter Siti che, intervistato domenica da Candida Morvillo, spiegava che il suo prossimo libro, Contro l’impegno, tratterà dell’idea (diffusa quanto ingenua) che la letteratura serva a combattere per le buone cause: i migranti, le donne, l’ambiente eccetera… Buona letteratura e buone cause non sono sinonimi, anzi spesso sono le cause minime, nella buona letteratura, a diventare gigantesche. Un richiamo alla grandezza delle cose piccole e alla piccolezza di ogni «nulla etico» quotidianamente spacciato per gigantesco.