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 2021  febbraio 22 Lunedì calendario

«Insulti, botte e umiliazioni. Ecco chi era mio padre: Amos Oz».


Tel Aviv
Era tale l’urgenza di raccontarla, questa storia di figlia maltrattata e umiliata da un padre simbolo dell’orgoglio culturale di una nazione, che le parole più difficili da pronunciare, le più aspre, le ha buttate avanti subito, direttamente in copertina. Qualcosa travestito da amore – la parola amore cancellata da una riga tracciata in rosso – è l’autobiografia con cui Galia Oz, scrittrice di libri per l’infanzia tra le più amate in Israele, rivela un lato oscuro del padre defunto, Amos Oz, osannato romanziere e uomo stimato.
«Durante la mia infanzia», racconta nell’incipit e in copertina, «mio padre mi ha picchiata, insultata e umiliata. L’abuso era creativo: mi trascinava per casa e mi gettava per terra, nella veranda. Mi chiamava spazzatura. Non erano scoppi di ira né schiaffi occasionali, ma una routine di abusi seriali. Il mio crimine era essere me stessa, e quindi la punizione, infinita. Doveva essere sicuro che ne uscissi distrutta». La potenza con cui Galia Oz ha tirato fuori, a distanza di due anni dalla morte del padre, il rapporto conflittuale tra i due, ha lasciato interdetta l’opinione pubblica israeliana. Ma soprattutto, sono stati gli altri membri della famiglia – la vedova Nili e i due altri figli Fania e Daniel – a sentirsi feriti. E a prendere le distanze. «Abbiamo conosciuto un padre diverso», hanno scritto in una nota, «affettuoso, cordiale e attento, che amava la sua famiglia, pieno di cure, devozione e sacrificio». Galia, spiegano ancora, aveva interrotto i contatti con tutti loro circa sette anni fa. E già in quella occasione erano stati colti di sorpresa dalle pesanti affermazioni della figlia sul padre. Sostengono poi che lo scrittore non si riconoscesse nelle accuse e che, fino all’ultimo, avrebbe cercato un chiarimento. Ma la versione di Galia è all’estremo opposto. E sostiene che gli abusi, fisici e psicologici, sarebbero proseguiti fino alla morte del padre, per cancro, alla fine del 2018.
Nel riportare la vicenda, il Jerusalem Post ha riferito un’ipotesi secondo cui, per il personaggio di una figlia complicata, nel romanzo del 1989 Conoscere una donna, Amos Oz si sarebbe ispirato proprio a Galia.
Gli editori, Kinneret Zmora, presentano il libro come «un’autobiografia pubblicata dopo molti anni di paura, silenzio e occultamento» e hanno scelto di rendere disponibile per la lettura, direttamente online, dalla homepage del sito, tutto il primo capitolo. «Questo libro», si legge nelle prime pagine firmate da Galia, «parla di me, ma non sono sola. Case come quella in cui sono cresciuta in qualche modo fluttuano nello spazio, fuori dalla portata degli assistenti sociali, lontano dal raggio di influenza di rivoluzioni come #MeToo, senza lasciare un segno sui social media. Terrorizzati e isolati, criptano saggiamente i loro segreti, come le famiglie criminali. Per scriverne non ho altra scelta che superare la violenza e la segretezza, l’abitudine di tenermi tutto dentro e la paura di quello che dirà la gente».
Nonostante tutto, nell’interpretazione degli editori, non ci sarebbe rabbia o disperazione, nel libro. E difendono la qualità di un testo che, spiegano, nasce da esperienze personali ma è radicato in un profondo terreno accademico e poetico. Insomma, per Kinneret Zmora, Qualcosa travestito da amore sarebbe una guida tascabile per sopravvissuti agli abusi, scritta per chiunque voglia addentrarsi nelle ombre della vita umana e in una realtà in cui la casa non è sempre un luogo sicuro