La Stampa, 22 febbraio 2021
Per l’immunità di gregge basta il 65% dei vaccinati. Intervista a Giorgio Palù
«L’Italia produce da tempo vaccini in conto terzi e ha una grande potenzialità di impianti». Per Giorgio Palù, professore emerito di Virologia all’Università di Padova e presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), «l’industria potrebbe fare la sua parte per fronteggiare l’emergenza».
Come esattamente?
«Intervenendo in varie fasi della produzione dei vaccini autorizzati, come i processi di diluizione, filtrazione, concentrazione, liofilizzazione e infialamento».
L’Aifa ha già esaminato dei siti produttivi?
«È un tema delicato, posso solo dire che l’Aifa svolge questo tipo di indagini sia in proprio, sia per conto di Ema e Fda».
Molti invocano lo Sputnik russo, che ne pensa?
«I dati pubblicati su Lancet sono ottimi. La protezione verso la malattia è del 91 per cento, ma sarà l’Ema a verificarlo e ad esaminare i siti produttivi».
Che tempi prevede per l’approvazione del vaccino Johnson&Johnson?
«Circa un mese. Si conserva a 4 gradi e funziona con una sola dose, mentre tutti i vaccini finora autorizzati necessitano di due».
Su AstraZeneca ci sono nuovi dati…
«Fanno ben sperare: con la seconda dose distanziata dalla prima fino a tre mesi la protezione salirebbe all’80 per cento, che non significherebbe eliminare la seconda dose, ma consentirebbe intanto di vaccinare più persone. L’Ema sta esaminando i dati così come approfondirà le novità sulla conservazione di Pfizer in frigo e il suo utilizzo in una dose».
AstraZeneca si potrà dare anche gli anziani?
«Su questo uscirà presto una circolare del ministero della Salute per fare chiarezza».
Cosa pensa dell’approvvigionamento parallelo delle regioni?
«Bisogna guardare con estrema cautela a queste forniture. È vero che la Germania si è assicurata altre dosi di Pfizer-Biontech, la seconda è un’azienda tedesca, ma c’è prima un contratto europeo da soddisfare e le case farmaceutiche devono rifornire in base a quello».
Arriveranno dosi sufficienti?
«Sì, bisogna portare pazienza finché non si assesterà la produzione. Non è mai successo che in un anno si arrivasse a scoprire, sperimentare, produrre e approvare tanti vaccini».
Le autorizzazioni dei vaccini in emergenza o sotto condizione cosa comportano?
«Sicurezza ed efficacia sono garantite, ma si sorvegliano sul campo rischi e benefici delle vaccinazioni, durata dell’immunità, evoluzione del virus e quali popolazioni proteggere prima. Gli studi finora dicono che i vaccini sono migliori del previsto».
Che tempi prevede per la vaccinazione?
«Se le case farmaceutiche rispetteranno le consegne per l’estate avremo vaccinato molte categorie. Gli Stati Uniti hanno usato 60 milioni di dosi, il Regno Unito 17, la Germania 4,7, l’Italia 3,4, la Francia 3,5 e la Spagna 2,9. Siamo nella media europea, a parte l’Inghilterra partita prima».
Ha anche scoperto la variante e dato subito una dose sola…
«A parte l’iniziale riferimento all’immunità di gregge di Boris Johnson, che ha mal tradotto le indicazioni dei suoi consulenti, gli inglesi sono dei pragmatici sperimentalisti. Con un sistema sanitario scarso e pochi posti letto hanno puntato a proteggere gli anziani e poi vaccinato con una dose più persone possibili. Così hanno avuto 4 milioni di casi e 120mila morti, proporzioni simili all’Italia».
Quando raggiungeremo l’immunità di gregge?
«Difficile dirlo. Bisognerebbe vaccinare il 65 per cento della popolazione, ma non sappiamo quanto durino gli anticorpi per cui meglio accelerare la campagna per limitare la diffusione del virus. Senza dimenticare che la pandemia finirà quando tutti i Paesi avranno i vaccini».
Serve un passaporto per i vaccinati?
«Il Centro europeo per il controllo delle malattie lo suggerisce e mi pare una buona idea, anche per permettere spostamenti sicuri».
Dovremo rivaccinarci per le varianti?
«Al momento sembra di no, ma dipenderà dalla durata dell’immunità e della pandemia e da eventuali varianti resistenti ai vaccini».
Che probabilità ci sono su questo?
«Le varianti vanno sorvegliate senza allarmismo, ma creando un consorzio di virologi. Come quella inglese anche la sudafricana e la brasiliana si diffondono rapidamente, ma le ultime due potrebbero resistere in parte agli anticorpi creati dai vaccini. In ogni caso, nelle sue mutazioni di lungo periodo questo virus già poco letale tenderà a uccidere sempre meno per non estinguersi».
La variante inglese porterà un aumento dei contagi anche in Italia?
«È chiaro che è più contagiosa del 40-50 per cento rispetto ai ceppi prima in circolazione, dunque in presenza di focolai vanno inasprite le misure su assembramenti, mobilità, trasporti e protezioni individuali».
Gli anticorpi monoclonali approvati da poco come vanno usati?
«Il ministro Speranza si è adoperato perché dopo Usa, Regno Unito, Germania e Francia venissero autorizzati anche in Italia per uso emergenziale. Sono utili nella prime fasi dell’infezione e andrebbero utilizzati per soggetti in isolamento domiciliare e a particolare rischio a causa di comorbosità». —