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 2021  febbraio 22 Lunedì calendario

QQAN20 La mamma cattiva di Fenoglio

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“Non ho mai letto un suo libro, perché tutto quello che ha scritto l’ho vissuto con lui dal primo giorno, finché è morto”. È la primavera del 1980 Sono passati ben diciassette anni dalla morte di Beppe Fenoglio (1922-1963), eppure sua madre, la signora Margherita Faccenda (1896-1989) non fa niente per smentire la fama di “mamma cattiva” che il narratore albese ha raccontato nei suoi libri. Tanto che aggiunge: “Ricevo tanta gente in casa, anche dall’estero; pensi che una volta sono andata ad aprire la porta e uno mi ha chiesto: ‘Lei è la mamma cattiva?’. Pensate cosa mi ha detto! Poi, conversando, vedevano che non ero cattiva: volevo soltanto che mio figlio dormisse di notte, che andasse all’università”.
La testimonianza di Margherita Faccenda Fenoglio, registrata durante un incontro con la scuola media di Neive, nell’aprile 1980, è pubblicata ora in Voci dalle Langhe (Editrice Baima-Ronchetti & C., pagg. 148, euro 15), un libro curato da Donato Bosca e arricchito dalle belle fotografie di Bruno Murialdo, artista giramondo, dal Sudamerica al “mondo dei vinti” di Nuto Revelli. Promosso dall’associazione culturale “L’Arvàngia” e dalla Fondazione Radici, il volume raccoglie i testi delle conversazioni che scrittori e personaggi del mondo della cultura, ma non solo, tennero negli anni Ottanta nella scuola media Eugenio Montale di Neive, nelle Langhe, per un “progetto nato per coinvolgere gli studenti delle classi terze nello studio della storia”. Una serie di racconti, dunque, tutti inediti, che, oltre alla madre di Fenoglio, hanno come protagonisti Lidia Beccaria Rolfi (partigiana, d eportata nei lager nazisti), Placido Canonica, Ugo Cerrato, Davide Lajolo, Augusto Manzo (il grande campione di pallone elastico, o palla a pugno), Franco Piccinelli, Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern, Pinolo Scaglione (il Nuto di La luna e i falò di Cesare Pavese) e Bruno Murialdo.
È decisamente Fenoglio, tuttavia, a dominare la scena, attraverso i ricordi della “mamma cattiva”, ma anche di Placido Canonica, che fu oste in quel di San Benedetto Belbo, uno dei luoghi amati dall’autore de Il partigiano Johnny e immortalato in tante sue pagine, e di Ugo Cerrato, il “maestro”. Ne emerge un ritratto composito di Fenoglio, uomo e narratore. Quel Fenoglio che Cerrato conobbe da bambino, e che da uomo, quello che “diceva solo quello che era necessario dire”, un giorno, camminando per le colline dell’Alta Langa, gli confidò: “Non correrò il rischio che il vento spezzi la mia lapide, perché giacerò nel basso e ben protetto cimitero di Alba. C’è stato un tempo in cui sognavo di diventare un grande uomo e di poter scegliere il luogo della mia sepoltura”. Erano camminate che li portavano al piano della Bossola, fra San Benedetto e Murazzano. E Fenoglio, allora, diceva: “Al momento giusto vorrei scegliere la mia sepoltura e dato che non sono stato un grande scrittore, avrei pensato a un pino sul piano della Bossola”.
Un grande scrittore, invece, lo era già. Pure mamma Margherita, che gli rimproverava i soldi spesi per le sigarette, lo capì. “Io e mio marito – racconta – eravamo in Germania con mia figlia, che aveva avuto una bambina. Lei era andata a Francoforte, che è distante 110 chilometri da dove abitava. Stavamo accudendo la bimba quando, accendendo la radio italiana, abbiamo appreso che Beppe Fenoglio aveva vinto il premio delle Alpi Apuane. Ci siamo guardati domandandoci: ‘Ma è proprio il nostro Beppe?’”.
Chi aveva capito subito che Beppe sarebbe diventato uno scrittore, era l’oste Placido Canonica. “Da bambino – narra – leggeva molto e poi gli piaceva scrivere. Prima di alzarsi, al mattino, magari leggeva un’ora, poi andava nel campo da bocce e ricominciava a leggere un romanzo, un giornale, oppure scriveva. Aveva la camera sopra e si intratteneva delle ore con i suoi libri, poi magari scendeva e si faceva accompagnare da me in qualche posto. Un giorno siamo andati quattro volte a Mombarcaro. La prima volta siamo tornati indietro perché non si vedeva il mare, magari c’era un po’ di nebbia, lui diceva che dalla cima della Specola si poteva vedere il mare. Dopo un’ora mi disse di nuovo: ‘Andiamo a Mombarcaro!’. Io ribattei: ‘Ma siamo appena andati!’. ‘Tu non capisci – mi diceva – ma verrà il giorno che capirai!’”.
Beppe Fenoglio volle un funerale civile. Margherita, così energica e così devota alla chiesa, rammenta: “Mio figlio è stato sepolto con funerale civile. Quando don Bussi è andato a trovarlo all’Ospedale Molinette, lui lo ha avvertito. È scritto sul bollettino parrocchiale. Gli ha detto: ‘Però se mia moglie vuole, io sono pronto per essere in pace’. Don Bussi ha chiamato la moglie e gliel’ha chiesto, ma lei ha risposto no. Così Don Bussi ha rassicurato Beppe: ‘Tu non pensare a queste cose. Il tuo dovere l’hai fatto e sei a posto’. Beppe lo ha ringraziato dicendogli: ‘Io sono in pace’”.