Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  febbraio 22 Lunedì calendario

Ruini, il don Sturzo della destra di B. oggi salviniano

Il 19 febbraio scorso Sua Eminenza Camillo Ruini ha compiuto novanta anni e la celebrazione del suo venerando genetliaco è stata oltremodo festosa da parte di chi, ahilui, rimpiange ancora la sua Chiesa italiana, governata da presidente dei vescovi dal 1991 al 2007. Tuttavia questa nostalgia per il clericalismo ruiniano aiuta a comprendere una volta di più la svolta rivoluzionaria del pontificato di Francesco.
Tra i punti programmatici che portarono all’elezione del papa arrivato dalla “fine del mondo” (quelli delle congregazioni generali prima del Conclave) ci fu infatti una conditio sine qua non imprescindibile: la depoliticizzazione della Chiesa italiana, simboleggiata dalla sciagurata gestione del cardinale Tarcisio Bertone, propedeutica al Vatileaks1 e alla rinuncia di Benedetto XVI al trono di Pietro. E in effetti così fu: Francesco diede da subito un’impostazione esclusivamente sociale alla Cei, durata un lustro pieno (2013-2018) e oggi confermata dalla nomina di alcuni pastori nelle grandi città con “l’odore delle pecore” addosso.
Ma questo è un altro discorso. Torniamo alla Chiesa come campo di battaglia politica. Fu proprio Ruini ad avviare questa degenerazione clericale con il suo fatidico Progetto Culturale del 1994. Progetto che doveva riempire il vuoto lasciato dall’unità politica dei cattolici rappresentata dalla Dc, che in realtà fu un partito decisamente laico rispetto al pensiero di don Camillo. Nella prassi il Progetto Culturale si concretizzò in un appoggio al centrodestra di Silvio Berlusconi, rinforzato dal tentativo di infiltrare il centrosinistra coi teodem di Rutelli.
I punti più alti e bui di quell’infelice stagione furono la vittoria della Cei con il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita (2005) e soprattutto il divieto dei funerali religiosi a Piergiorgio Welby (2006), laddove la negazione della misericordia e dell’amore evangelico si coniugarono con una visione mondana del potere, da fazione partitica. Per questo, don Camillo viene rimpianto più come leader politico che come uomo di fede. Basta scorrere gli auguri che cattolici conservatori, antichi teocon e atei devoti gli hanno fatto pervenire tramite il quotidiano online l’Occidentale. A partire dall’ex ministro Gaetano Quagliariello. E poi: Eugenia Roccella, Roberto Formigoni, Maurizio Gasparri, Maurizio Sacconi, Carlo Giovanardi, persino Fabrizio Cicchitto. Nelle loro parole ci sono solo riferimenti al pensiero forte ruiniano, alla sua intelligenza, alla sua Cei. Dio viene dopo la Chiesa. Si ripete il fallace errore alla base della fascinazione della destra per Ruini e poi per Ratzinger: ridurre la Chiesa a una corrente culturale e teocratica, mettendo in secondo piano la misericordia cristiana e la grazia della conversione.
Non a caso, Gasparri, seppur scherzando, rivendica: “Gli dissi: ‘Eminenza, ma scenda in politica e diventi il segretario di un nostro partito basato sui veri valori della identità italiana cattolica, conservatrice!’”. Insomma un nuovo don Sturzo. Che nel frattempo è passato da B. a Salvini, come confidato in una lunga intervista ad Aldo Cazzullo sul Corsera: “(Salvini, ndr) è una risorsa importante, non solo per il suo partito”. Tutto torna. Auguri don Camillo.