Corriere della Sera, 20 febbraio 2021
Le luci sul volto delle conduttrici
Di luce circonfuse. Hanno letto con profitto il filosofo Vladimir Sergeevic Solov’ëv e maliziosamente vengono accusate d’altro. Chi è Solov’ëv? È un autore morto nel 1900 che ha lasciato una traccia indelebile nella letteratura, nella teologia e nella filosofia russa del suo tempo. Ha scritto capolavori come «I fondamenti spirituali della vita» e «I tre dialoghi».
Quando parlava, ad ascoltarlo c’erano personalità del calibro di Dostoevskij e Tolstoj. Mentre studiava nella biblioteca del British Museum riceve una visione della Sophia: «lei mi comparve di luce circonfusa;/ ma solo il suo volto, il volto e nulla più./Momento per me felice che durò un’eternità!». Ha visto in faccia la Sapienza, di luce circonfusa! Alcune nostre conduttrici vengono accusate di farsi sparare in volto luci esagerate e apparire sovraesposte, al limite della sfocatura (mai un nome, per vizio antico di cavalleria). Persino la tv HD sembra perdere definizione, quando ci mostra immagini con effetto flou, volti fuori fuoco, incarnati solarizzati e appiattiti, rispondendo al canone classico del puntare i riflettori sulla realtà: «Questa luce che viene dall’anima /E mi fa ballare». Nell’estetica della luce circonfusa c’è un momento cruciale, il controcampo. A volte si vede il primo piano della conduttrice strategicamente sfuocato, mentre la nuca dell’ospite è a fuoco. Stacco: primo piano dell’ospite, perfettamente a fuoco, una fitta ragnatela di segni.
Di qui, forse, è nata la leggenda metropolitana che tutto questo dispendio di luce serva a nascondere qualcosa, diciamo il tempo che passa. Niente di più ingiusto. Le luci sparate sono una scelta filosofica, fanno pensare a un sogno o a un luogo magico, racchiuso dentro la tv. Sono conduttrici illuminate (ogni cosa è illuminata), hanno letto Solov’ëv, hanno incontrato la Sapienza e noi dobbiamo solo fare tesoro di quanto ci dicono.