La Stampa, 19 febbraio 2021
Così rinasce l’area ex Olivetti
Sono cresciuti anche gli alberi nella fabbrica dove una generazione fa, i figli dei contadini canavesani, diventati periti tecnici, sognavano la Silicon valley senza saper bene cosa fosse. E intanto assemblavano i computer nel nome di Olivetti, in questa città dell’informatica che si chiama Scarmagno. Case e cascine, nella campagna da Ivrea verso le colline. E poi c’era l’autostrada che sbucava proprio lì, a Scarmagno, la patria della grande fabbrica, dove negli anni d’oro dell’informatica «made in Italy» lavorano anche 9 mila operai. Ora la «Gigafactory» delle batterie al litio, destinata a diventare la più grande d’Europa, per capacità produttiva e di stoccaggio, cambierà la pelle di questo rudere industriale di 850 mila metri quadri. Una città dentro un paese. E i bar torneranno a lavorare come una volta, e nasceranno imprese di ogni tipo. E già si sogna la rinascita degli alberghi «di nuovo pieni», come quando l’azienda-mamma di questo territorio era una locomotiva che nessuno pensava si potesse fermare.
E allora eccola qui l’industria che fa rialzare la testa al territorio, a corto di ossigeno da almeno 15 anni, come dice il sindaco di Ivrea, Stefano Sertoli. Che, alla presentazione del progetto di Italvolt, prendendo la parola davanti al creatore dell’azienda Lars Carlstrom ha definito «Exiting» il futuro. «Entusiasmante», perché «cambia la narrazione industriale». «Entusiasmante. Certo, ma solo qualora si arrivasse al dunque» insite Sertoli che, prudente, si tiene dalla parte della ragione. E aspetta il 2024, quando i 4000 addetti di Italvolt (15 mila ipotizzati con l’indotto) produrranno le batterie. «E comunque mi sembra che la strada sia imboccata. E, come ha detto il Ceo, qui si voglia anche recuperare lo spirito olivettiano. Con l’uomo al centro». Lo ha detto? «Sì lo ha detto, proprio così».
E allora viene in mente come Scarmagno abbia raccontato negli ultimi 30 anni la storia industriale del secondo polo produttivo del Piemonte: quello di Ivrea E dei computer. Un posto che lasciò senza parole papa Woytjla, sbarcato a Ivrea nel 1990. Incontrò gli operai e ammise di non no capire granché di informatica: «L’ho detto anche al vostro Ingegnere ed egli me l’ha spiegato. Ma naturalmente, si dovrebbe capire anche il "computer" come processo creativo e produttivo di una fabbrica». Allora sembrava tutto bellissimo e inarrestabile. Lo tsunami è arrivato anni dopo. E Laura Spezia, allora segretaria della Fiom locale ne seguì il declino: «Occupammo quello stabilimento. Ci furono scioperi. Erano anni durissimi, nei quali franava tutto».
Già, una frana che ha travolto tutti: Olivetti e indotto. Anche se qualcosa s’è salvato ed è rifiorito: aziende che producono elettronica. Ma il miraggio della Gigafactory era svanito, fino a quindici giorni fa. «Si sono presentati in municipio e abbiamo parlato» racconta il sindaco di Scarmagno, Adriano Grassino. «Ho fatto portare un aperitivo tanto per conoscerci un po’». In una commistione tra gente che guarda alle necessità del proprio paese e manager con visioni che spaziano sul mondo intero. E pronti ad investire 4 miliardi in questo paese di 900 abitanti: progetto della divisione Architettura di Pininfarina; Comau, fornirà soluzioni innovative, impianti e tecnologie. «E il territorio ne avrà benefici» dice Grassino. Che parla del futuro delle imprese non strettamente legate alla produzione di batterie. I numeri? Difficili da quantificare. Tutto questo, però, solo dal 2024. Ma a sentire Fabrizio Bellino, segretario Fiom di zona «da 2 giorni ci chiamano per sapere quando assumono e a chi inviare il curriculum». È il futuro che avanza. Anzi no. È la speranza che bussa.