La Stampa, 19 febbraio 2021
Salvatore Cascio sta diventando cieco
Ci sono esistenze baciate dal successo che s’incanalano in un tunnel scuro. Non è sempre e solo una metafora. Questa è la storia di Salvatore Cascio, conosciuto da tutti come Totò. Il bambino di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Il piccolo appassionato di cinema che trascina, insieme a un cast stellare, il film all’Oscar del 1990. Lui, Totò, conquista il British Academy of Film and television Arts ed è il più giovane attore a riceverlo nella storia del premio, a 8 anni. Poi altri nove film. Con Tornatore ancora, con Duccio Tessari, con Pupi Avati. È una carriera che decolla e all’improvviso si inabissa.
In passato Totò Cascio ha sempre raccontato di aver voluto cambiare vita, di essersi preso una pausa, di aver sentito il richiamo irresistibile di tornare nella sua Sicilia. Non è andata così. «La mia - racconta oggi - è stata una vita bella, confortata da un buon successo. Poi ho avuto problemi agli occhi. Gravi, molto gravi. Mi sono dovuto fermare a causa di una retinite pigmentosa». Aggiunge: «Non ne ho parlato mai, se non a chi conoscevo bene. Così, per quella naturale riservatezza che interviene quando si deve parlare delle proprie cose, soprattutto quando sono negative. E anche perché ero sprofondato in un periodo buio, anche interiormente». Un sospiro: «È la prima volta che lo racconto pubblicamente. Mi ero chiuso in me stesso. Pazzesco».
Oggi Totò ha 42 anni. La malattia di cui soffre è una degenerazione genetica della retina. Difficile da curare. «Miglioramenti? No. Questa patologia comporta la perdita quasi totale della vista, ci vedo pochissimo». Il futuro? «Grazie a Dio ci sono delle speranze nelle conquiste future della medicina. Spero sempre nella scienza, bisogna credere nella scienza. Grazie a Dio ho tanta fede. Ma ho vissuto anni difficili. Difficili».
C’è la constatazione delle conseguenze di un male grave. Di dover lasciare il set, il cinema, gli amori della vita, perché la scala delle priorità è cambiata: «Ero nel clou della mia carriera, ho dovuto rinunciare».
Poi nel buio della disperazione affiorano delle consapevolezze che danno forza. La prima: la consapevolezza di aver fatto un pezzo, e tra i più nobili, della storia del cinema italiano. «Importante, fondamentale - si entusiasma Totò - e sapete come lo definivo? Il mio biglietto da visita in quel mondo. Un film per cui si può dire che siamo orgogliosi di essere italiani. La musica di Morricone... un capolavoro».
Poi il conforto delle amicizie più intime. Quelle con le quali si sa di poter affrontare certi argomenti: «Ho avuto la fortuna di parlare con persone come Andrea Bocelli, Alex Zanardi, Bebe Vio, Annalisa Minetti. Mi hanno trasmesso la loro forza di volontà grandissima e le risorse per dare voce a tutto ciò che ho vissuto. Anche Leonardo Pieraccioni è un amico vero, mi è stato sempre vicino». E Tornatore? «Ci siamo rivisti cinque anni fa per il documentario di una tv giapponese, anche lì il film ha avuto moltissimo successo. Venne a casa mia, abbiamo un rapporto cordiale».
Fu un incontro, allora, che cambiò un’esistenza. Del regista Salvatore disse: «Sapeva guidarmi, tenermi tranquillo e consolarmi quando ero triste. Con mio padre, mi ha capito davvero». Il ricordo del casting: «Ero piccolo, nemmeno mi rendevo conto di quel che stava succedendo. Tutto questo successo nessuno se lo aspettava, nemmeno Tornatore».
Il progetto di Totò ora è un libro. «Sarà il "mio" Nuovo Cinema Paradiso. La partecipazione a quel film, agli altri, la mia vita, la mia storia». Non ha intenti commerciali: «Voglio offrire uno sprone a chi vive prove particolarmente dure. Scrivo perché ora sono rinato. Ho superato quel che mi portavo dentro. Bisogna accettare i problemi, accettare la disabilità, che non è una condanna ma una condizione».
Questo riconquistato equilibrio fa guardare con maggior ottimismo al futuro. A Salvatore Cascio piacerebbe tonare a recitare, magari in ruoli calibrati sulla sua condizione? «Certo, mi piacerebbe rientrare sul set. In passato mi hanno invitato spesso ai Festival. Ma ho un altro obiettivo, prima. In autunno spero di avere il libro già pubblicato, poi voglio girare le scuole, parlare con i ragazzi. Quando sento di parlare di bullismo mi si gela la pelle. Magari contro i disabili, contro chi viene percepito come più debole».
Oggi Totò vive in Sicilia, con la sua famiglia. «Papà ha saputo investire, ha avuto fiuto, abbiamo un bed & breakfast, un supermercato, un salone per gli eventi. Ci eravamo trasferiti a Roma, poi quando sono iniziati i miei problemi agli occhi mio padre è tornato qui».
Così, giorno dopo giorno, Totò Cascio cerca di dare una mano alle attività di famiglia, che non sono poche: «Con difficoltà qualcosa si fa. Ad esempio oggi con il cellulare o il computer si possono utilizzare sistemi che aiutano gli ipovedenti e i non vedenti. Tutto ciò che è scritto viene tradotto in voce, lo schermo ti "parla". La tecnologia è molto avanzata, dobbiamo ringraziare chi ha lavorato per noi».
Quando ha scoperto che qualcosa non andava nel verso giusto? «Già quando andavo a scuola avevo delle difficoltà, mi alzavo dal posto perché non vedevo la lavagna. Ero in terza elementare, la maestra se ne accorse e chiamo i miei genitori. Quando poi il calo della vista si è manifestato sono andato in Svizzera, in America, a Londra, ho girato. Ma la cosa di cui ho più bisogno adesso è parlarne. Come mettere un argine a un fiume».