il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2021
Francesco va in Irak
L’appuntamento più importante sarà l’incontro con il grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al Sistani, la massima autorità sciita dell’Iraq, che si svolgerà a Najaf. Sarà il culmine della fitta agenda del viaggio di Papa Francesco in Iraq, dal 5 all’8 marzo prossimi, confermato nonostante il lockdown deciso dalle autorità del Paese arabo per contrastare la pandemia. “È mio desiderio – ha confidato Bergoglio ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede – riprendere a breve i viaggi apostolici, cominciando con quello in Iraq, previsto nel marzo prossimo”.
Aggiungendo che “essi sono spesso l’occasione propizia per approfondire, in spirito di condivisione e di dialogo, il rapporto tra religioni diverse. Nel nostro tempo, il dialogo interreligioso è una componente importante nell’incontro fra popoli e culture. Quando è inteso non come rinuncia alla propria identità, ma come occasione di maggiore conoscenza e arricchimento reciproco, esso costituisce un’opportunità per i leader religiosi e per i fedeli delle varie confessioni e può sostenere l’opera dei leader politici nella loro responsabilità di edificare il bene comune”.
Il faccia a faccia con il con il grande ayatollah sarà per il Papa l’occasione per ribadire la dichiarazione sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmata da Francesco ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019, insieme al grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, la massima autorità dell’islam sunnita. Documento molto apprezzato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite che, nel dicembre scorso, ha dichiarato all’unanimità il 4 febbraio Giornata internazionale della fratellanza umana. In quella dichiarazione, infatti, i due leader religiosi condannano “il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo” e che “non è dovuto alla religione, anche se i terroristi la strumentalizzano”. E sottolineano che “il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. Affermazioni che il Papa ha ripreso nella sua ultima enciclica sociale, Fratelli tutti, e che saranno al centro dei sette discorsi che pronuncerà in Iraq. Un Paese non solo ancora profondamente segnato dall’estremismo islamico, come testimoniano i recenti attentati. Attentati che mirano a cancellare la visita di Papa Francesco, secondo l’alto religioso sciita iracheno e leader del Movimento Sadrista, Muqtada al-Sadr, che ritiene che le recenti violenze in tutto il Paese, compreso l’attacco missilistico di lunedì a Erbil o le operazioni militari turche ai confini iracheni, così come le tensioni a Sinjar e la violenza nelle province meridionali dell’Iraq siano tutti tentativi di rimandare, almeno, la visita papale. Per questo, ha detto Sadr, il governo iracheno è ora tenuto ad affrontare la situazione con “cautela e saggezza”. Ma Bergoglio si propone di attenuare anche le pressioni dell’Iran che sarà uno dei temi principali che affronterà con il grande ayatollah. Francesco lo ha ricordato nel suo messaggio Urbi et Orbi di Natale: “Volgiamo lo sguardo ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l’alto prezzo della guerra”. Bergoglio ne parlerà con il primo ministro iracheno, Mustafa Al Kadhimi, che lo accoglierà all’aeroporto di Baghdad e con il presidente Barham Salih.
Quest’ultimo è stato ricevuto due volte in Vaticano, nel 2018 e nel 2020, e il Papa gli aveva confermato la sua volontà di visitare il Paese. Viaggio poi rimandato a causa della pandemia e che già San Giovanni Paolo II avrebbe voluto compiere nel 1999 come prima tappa del suo pellegrinaggio giubilare nella terra di Abramo, cancellato per l’opposizione di Saddam Hussein. Il motto scelto per il viaggio sintetizza le aspirazioni e i sogni di un popolo vessato dalle guerre e dilaniato dagli attentati terroristici: “Siete tutti fratelli”. “Un pensiero insistente – ha confidato Bergoglio – mi accompagna pensando all’Iraq, dove ho la volontà di andare, perché possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali”. Oltre Baghdad e Najaf, il Papa visiterà Ur, Erbil, Mosul e Qaraqosh. A Ur dei caldei, la terra di Abramo, si svolgerà un incontro di tutte le religioni presenti in Iraq. A Mosul, città della quale sono originari la maggioranza dei cristiani della nazione, il Papa pregherà per le vittime delle violenze dell’occupazione dello Stato Islamico. Da questa terra sono fuggiti più di 120 mila cristiani in una sola notte per non essere uccisi. A Qaraqosh, Francesco porterà la solidarietà della Chiesa a chi si china sulle sofferenze degli altri. Da questo piccolo villaggio cristiano della Piana di Ninive, infatti, arriva l’aiuto ai cristiani sfollati affinché possano tornare nelle loro terre.