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 2021  febbraio 18 Giovedì calendario

Periscopio

Io non vado al mare perché non vado in vacanza. Vittorio Feltri. Libero.

A parte Giorgia Meloni e i suoi che restano da Draghi mezz’ora in più del consentito. E Matteo Salvini che esce e viene al microfono. Canticchia. Se ne va. Poi torna, è un po’ sudato e ha un accenno di fiatone (può essere un po’ di stanchezza; ma se ricapita, qualcuno avverta la fidanzata, Francesca Verdini). Fabrizio Roncone, Corsera.

In linea di principio la giustizia penale è più importante, perché incide sui diritti primari dei cittadini, la libertà e l’onore; e di riflesso anche sulla sicurezza attraverso la certezza della pena. Ma in questo momento di tracollo economico e di necessità di una sollecita ripresa, quella civile è ancora più urgente, serve dare garanzie sui tempi di risposta a chi investe. Carlo Nordio, ex magistrato (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.

Conte mi pare un equivoco chiarito. Di Maio ne esce abbastanza bene, visto che è riuscito a mantenere la Farnesina. Ma come può un capo partito, sia pure provvisorio, come Crimi, restare al proprio posto, dopo aver annunciato il no del suo movimento al governo, per venire contraddetto il giorno dopo dal fondatore ed essere costretto a capovolgere la linea? Eppure Vito Crimi sempre lì resta. Aldo Cazzullo. Corsera.

«Se non si andrà a votare, il nuovo capo dello Stato sarà espresso come sempre dal centrosinistra?». «Molto probabile. Ma bisogna vedere quali saranno i candidati e ricordare che il voto è segreto. Se si candidasse Massimo D’Alema, ad esempio, credo che per primi qualche decina di parlamentari del centrosinistra non lo voterebbero». Ernesto Galli della Loggia, storico (Maurizio Caversan). LaVerità.

Ogni sera, ai tempi di Conte, andava in scena la recita, lo spettacolino. Polvere di stelle con cipria giallo rossa. Come al circo, compariva un Palazzo coi fari di scena bianco rosso e verdi: era la dimora delle Frecce tricolori. Eravamo abituati al servilismo dei tg ma qui avevamo a che fare con una forma di regime assiro-babilonese, temperato solo dal ridicolo. Poi si vedeva lui, il Ninì Tirbusciò di Palazzo Chigi che scendeva le scale, faceva tutto in velocità, parlava, posava, faceva finta di governare e decidere. Marcello Veneziani. LaVerità.

Per SuperMario le congiunzioni astrali non si sono proprio allineate come sognava a Francoforte. Finita con squilli e trombe l’avventura alla Bce, fantasticava un periodo sabbatico in giro per gli Stati Uniti, patriottico, conferenze e prestigiosi green da testare a colpi di swing per poi magari fare qualche buca nella tenuta di Castel Porziano. Invece, colpevoli il Covid e qualche acciacco, si è ritrovato l’anno scorso ai domiciliari tra i Parioli e Castel di Pieve, occupando il tempo tra letture e incontri mirati, quasi tutti nel suo ufficio-studio al piano nobile di Banca d’Italia o nel salotto pariolino, in un’atmosfera austera, dov’era difficile ricevere persino un caffè. Luigi Bisignani. Il Tempo.

Tutte le donne di centrosinistra ai cui verrà chiesto di fare il sottosegretario dovrebbero rispondere: «No, grazie, come se avessi accettato». Annalisa Cuzzocrea, giornalista di Repubblica con un suo tweet.

Forse le donne del Pd dovrebbero organizzarsi in una corrente se vorranno contare qualcosa nel partito. Antonio Decaro, sindaco Pd di Bari. La Repubblica.

«Il terzomondismo di Papa Francesco ti ispira?». A me non piace la sua idea, meglio poveri che ricchi. Però attira le folle e aumenta il peso della Chiesa. Nei suoi panni, farei lo stesso. Jas Gawronski, giornalista (Giancarlo Perna). Libero.

All’origine dei populismi e sovranismi moderni, europei ma non soltanto europei, c’è infatti il «Silvio c’è» e la «discesa in campo» del medesimo: Forza Italia è stata (e resta) la prova generale d’una politica senza principi, pronta a tutti i compromessi e a tutte le alleanze, anticomunista in Italia (dove son buoni tutti) ma culo e camicia con i nostalgici russi del kepì stalinista, liberale soltanto (o meglio nemmeno) a parole. Diego Gabutti. Informazione corretta.

Renata Polverini è diventata il simbolo di quanto il cattivo tempismo, in politica, possa rivelarsi impietoso. Sempre con quel suo volto arcigno da indiano Navajo della Garbatella, sempre con quell’astuzia politica spacciata per estremo sacrificio patriottico, l’ex governatrice del Lazio, in queste ore, sta mordendosi le mani. Anche perché ha preso una sequela di sberle che neanche Gianni, l’incassatore dei Brutos. Francesco Specchia. Libero.

«Lei resterà nella storia del calcio perché alla Roma si autoassegnò lo stipendio di un operaio». «Era il 2005, ultimo anno del mio contratto. Rientravo dopo il grave infortunio. Mi ero allenato con la Virtus di Borgo Venezia. Luciano Spalletti, il nuovo trainer giallorosso, voleva riprendermi in squadra ma la società temeva che fossi ridotto a un rottame. Dissi a Rosella, la figlia del presidente Franco Sensi: datemi il minimo salariale, 1.470 euro al mese, così se non gioco ci perdete poco e se invece gioco ci guadagniamo in due, voi perché risparmiate e io perché torno al mio lavoro...». Damiano Tommasi, ex calciatore (Stefano Lorenzetto). l’Arena.

E all’inizio di quell’inverno del 1944, quando il generale Alexander bloccato sulla Linea Gotica si rivolge ai partigiani di fatto smobilitandoli («cessare le azioni su vasta scala») si trova, come tanti, sbandato, isolato, inseguito, a fare i conti con la paura e un inverno durissimo. Solo la primavera porterà la fine dell’incubo e la Liberazione, il ritorno a casa. Fenoglio è troppo giovane per essere già un reduce: ha solo 23 anni. Come tanti è sperduto, sembra non sapere cosa fare di quella vita nuova. Ma non è tipo da «generazione perduta»: lo sbandamento dura poco. Si trova quel lavoro alla «Marengo vini e vermouth», e comincia a scrivere dando corpo, tra le dense volute di fumo delle Nazionali, a una seconda vita. Maurizio Pilotti. Libertà.

Non ho rimpianti, nemmeno per sogno. Ho sempre fatto tutto con grande convinzione, anche gli errori. Sono un’impunita: se tornassi indietro rifarei tutto daccapo, incluse le cose che mi hanno fatto soffrire. Emma Marrone, X Factor (Simonetta Sciandivasci). il Foglio.

Tutti i sentimenti che proviamo noi due li buttiamo nel nostro lavoro. Stefano Gabbana (Daniela Monti). Corsera.

La coscienza è l’unico tribunale di Dio che assolve o condanna senza appelli. Roberto Gervaso.