Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  febbraio 18 Giovedì calendario

Mangeremo hamburger di aragosta sintetica

Winston Churchill già lo scriveva nel 1931: «Che senso ha allevare un pollo intero solo per mangiarne il petto e l’ala? Meglio far crescere solo queste parti e non il resto». In linea teorica aveva ragione, ma in realtà il resto del pollo era indispensabile a fare aumentare di volume petto, cosce e ali senza altri interventi umani. Oggi gli scienziati hanno invece scoperto come allevare la carne in laboratorio in modo persino più semplice di come la Natura aveva previsto: si prendono un po’ di cellule muscolari, le si nutre con siero e proteine che fanno crescere il tessuto, si aggiunge un po’ di grasso e in pochi giorni il petto di pollo è pronto.
Il problema è il prezzo. Il primo hamburger prodotto nel 2013 dall’Università di Maastricht costava 250.000 euro, quasi come un’intera mandria giapponese di Kobe. Oggi costa solo 8 dollari, ma è ancora un prezzo troppo alto per fare concorrenza a McDonald’s o a Burger King, che in America ha risolto il problema producendo carne vegetale a base di soia, piselli e olio d’oliva. I bioreattori necessari alla coltivazione della carne consumano molta energia e il siero che serve a nutrire le cellule costa 250 euro al litro. Gli esperti dicono che nel giro di pochi anni il costo della carne artificiale sarà competitivo, ma intanto gli scienziati lavorano ad altre soluzioni: il pesce, per esempio.
Si è deciso di produrre carne artificiale perché l’allevamento è responsabile da solo del 18 per cento dei gas serra, consuma troppa acqua e occupa troppo terreno, devastando gli ecosistemi. Ma non è che in mare le cose vadano meglio. Il pesce scarseggia sempre di più e molte specie sono vicine all’estinzione. Inoltre non è più da tempo il cibo salutare di una volta, e negli allevamenti i pesci nuotano fra antibiotici e parassiti. A San Francisco Justin Kolbeck ha fondato cinque anni fa l’azienda Wildtype alla ricerca di alternative ai pericoli che minacciano il mondo: «E’ difficile – ha detto a El País - trovare una fonte di pesce e crostacei che sia completamente priva di mercurio, antibiotici o microplastiche. Il nostro pianeta sta affrontando una crisi di sicurezza alimentare e le carenze nella catena di approvvigionamento di carne e pesce peggioreranno solo con la crescita della popolazione».
Kolbeck vuole reinventare i frutti di mare e ha già provato a estrarre in laboratorio cellule staminali dal salmone. Sempre in California c’è Finless Food, che produce carne di tonno rosso da staminali coltivate in bioreattori. A Singapore Shiok Meats si concentra sui più semplici gamberetti, le cui cellule ricevono una soluzione nutritiva a 28 gradi centigradi e diventano polpa dalla quale sono stati ricavati anche gnocchi di gamberi. Shiok nello slang di Singapore significa fantastico, delizioso, piacevole, e l’azienda fondata tre anni fa da Ka Yi Ling e Sandhya Sriram ha presentato con orgoglio nel novembre scorso la prima carne di aragosta creata in laboratorio. Lo chef spagnolo José Luis Del Amo, emigrato nella città-stato malese, l’ha cucinata in un evento esclusivo, ma l’aragosta artificiale non arriverà sul mercato prima del 2022.
La carne di pesce è più semplice da produrre in laboratorio, ma non sarà mai uguale a quella di un pesce vero, perché manca del tessuto connettivo necessario a supportare le fibre muscolari. Si potrà farne hamburger, bastoncini da friggere, creme da spalmare sui crostini, ma niente di più consistente. Inoltre non dispone dei minerali, dei grassi e degli altri composti presenti nel pesce naturale, che dovranno essere aggiunti.
Fare crescere solo il petto e le ali invece di un intero pollo risolverebbe molti dei problemi ambientali del mondo, dove si allevano 1 miliardo e 300 milioni di bovini, 2 miliardi e 700 milioni di ovini e caprini, 1 miliardo di suini e 12 miliardi di polli e galline. Prima di ridurne il numero in modo sensibile bisognerà risolvere i problemi legati al vorace consumo di energia dei bioreattori, insostenibile su larga scala, e arruolare molti influencer che convincano la gente che la carne artificiale è più buona e più sana di quella vera. Ma secondo i responsabili di SuperMeat, che produce carne di pollo, in pochi anni carne pesce artificiali saranno fatti crescere in casa, come si fa con lo yogurt e il basilico. E le paure della gente? Sarà come per il ghiaccio, che una volta si andava a prendere in montagna e oggi si fa in casa, senza che nessuno si chieda più se c’è mai stata una differenza.