ItaliaOggi, 17 febbraio 2021
Periscopio
Non ho mai votato a sinistra. La sinistra si considera democratica. Io non l’ho mai considerata tale. La lotta che mi ha fatto, l’ho vissuta sulla mia pelle. Giorgio Forattini, disegnatore satirico (Giancarlo Perna). Libero.
La regola vuole che la pubblicità sui reati ci sia quando si è nella fase del dibattimento. Nelle indagini invece deve esserci segretezza e riserbo. Avviene il contrario. Carlo Nordio, ex magistrato. Il Messaggero.
Nel governo Draghi i politici ministri sono quindici, i tecnici solo otto. Francesco Merlo. la Repubblica.
L’incarico a Draghi è il segno del fallimento di una classe politica. Massimo Cacciari. Corsera.
Per la prima volta nella storia del Pd e dei partiti che lo hanno preceduto, nella delegazione di governo non c’è una rappresentanza femminile. Debora Serracchiani. Agenzie.
L’ex deputata Pd, Lia Quartapelle alla domanda se il Cavaliere sia stato più bravo di Zingaretti nell’inserire donne del suo partito come ministre nel governo Draghi non ha esitato a dire «sì». Radio popolare.
In questi giorni mi è venuta in mente una battuta di Coluche, l’attore comico francese che scese in politica prima di Grillo e che diceva: «In parlamento il 50% sono buoni a nulla. L’altra metà sono pronti a tutto». Giangilberto Monti, cantautore della scuola di Dario Fo (Paolo Carnevale). Corsera.
Renato Brunetta, neo ministro della pubblica amministrazione, nato da famiglia veneziana poverissima, orgogliosissimo garzone di papà ambulante che vendeva gondolette e altri souvenir in laguna vicino alla stazione di Santa Lucia, è l’esemplare della gente veneta che spiega come una piccola comunità di naufraghi su isolette nelle palude sia diventata una potenza mercantile. Brunetta era primo della classe da subito come Giulio Tremonti ma, a differenza del valtellinese, il lagunare era un primo della classe che passava i compiti. Renato Farina. Libero.
Il bilancio di previsione dello Stato italiano per il 2021, che il Senato è stato chiamato a ratificare in quattro giorni, è la sagra del corporativismo: 450 pagine (senza contare le tabelle), 20 articoli, il primo dei quali suddiviso in 1.150 commi, è solo formalmente un provvedimento unitario. Vi dominano il settorialismo e la non-pianificazione. Sabino Cassese, ex presidente della Corte costituzionale. Corsera.
A Draghi hanno dato la bicicletta e ora deve pedalare. Tra discese ardite e risalite, in 365 giorni Mario Draghi si gioca tutto. Traguardo: l’agognata conquista del Quirinale. Ma proprio da adesso a Palazzo Chigi inizieranno per lui i dolori. SuperMario, infatti, rimarrà sconcertato quando toccherà con mano la Suburra in cui si trova l’Amministrazione dello Stato, devastata dai meccanismi dello spoil system e dalle logiche assistenziali e clientelari degli ultimi governi: una burocrazia impazzita, con norme irragionevoli, nazionali e regionali, che rendono quasi impossibile la realizzazione dei suoi progetti di rilancio senza procedure abbreviate ad hoc, così come avviene per l’organizzazione di una Olimpiade. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Renata Polverini, ex presidente della Regione Lazio ed ex FI, dopo essere stata travolta dalla sua decisione di diventare una «volonterosa» per sostenere governo Conte 3, non va neanche più in tv, che era la sua forza e dove era sempre presente come se fosse stata una prezzemolina catodica. Il motivo è semplice perché, se proprio urge rappresentare le idee del partito dell’atomo, be’, al limite, invitano il frontman, quel vecchio volpone di Bruno Tabacci il quale, almeno, in materia economica ne sa molto. Francesco Specchia. Libero.
Renzi partecipa all’incontro con il gruppo di Iv. Ma poi davanti ai microfoni lascia Maria Elena Boschi, sempre vestita di nero. Renzi va via mollandoci comunque un paio di notizie niente male. La prima: è già una settimana che non cambia idea. La seconda: saluta dicendo «Sono felice. I love you», e bisogna ammettere che la pronuncia in inglese, sì, la imbrocca (non è molto portato per le lingue straniere, fatica tanto, i miglioramenti però vanno segnalati). Fabrizio Roncone, Corsera.
Purtroppo Franco Marini, recentemente scomparso sarà ricordato anche per il crudele, ma autentico, dettaglio del vestito ordinato e già ritirato per giurare da presidente della Repubblica: era il 2013, pareva fatta, ma si mise di mezzo Renzi (già allora), e altri parlamentari democratici si chiamarono fuori dall’accordo stretto su di lui tra Berlusconi e Bersani (poi venne pugnalato alle spalle pure Prodi, e infine fu rieletto Napolitano). Aldo Cazzullo. Corsera.
Nel gennaio 1994, quando assunsi la direzione de il Giornale, scrissi un fondo in cui dicevo che sostituire Montanelli è come succedere a Papa Giovanni XXIII con la pretesa di non farlo rimpiangere. E aggiunsi: vorrei che questo giornale diventasse ancora più grande, sia pure con un direttore più piccolo. In questo, credo di essere riuscito: in tre anni abbiamo raddoppiato le vendite e senza poter contare sui supplementi e i gadget sfoderati dai nostri concorrenti. Luciana Baldrighi, Feltri racconta Feltri. Sperling&Kupfer Editori, 1997.
Il mio primo contratto da giornalista è del 1988, avevo trentatré anni. Ma prima avevo fatto Pagina, una rivista meravigliosa. Poi, mentre avevo cominciato a scrivere per l’Espresso, mi assunsero come redattore alla casa editrice Laterza. Giornalista divenni nel corso di un’operazione strana che unì Epoca e Storia illustrata, finché Paolo Mieli non andò alla Stampa e mi chiamò con lui. Pierluigi Battista (Nicola Mirenzi), Huffington Post.
Mi pare che fosse un americano, Thomas Jefferson, che diceva: «Il popolo deve preoccuparsi quando non ci sono scandali politici». Guglielmo Zucconi, La scommessa. Rizzoli, 1993.
Sono realista. Non penso che dal Covid verremo fuori migliori: perché dovremmo? I buoni continueranno a essere buoni, i cattivi continueranno a essere cattivi, forse più di prima. Emma Marrone, X Factor (Simonetta Sciandivasci). il Foglio.
Papà fece da consulente di Benigni per il suo film La vita è bella, ma di più non so dire. So che la casacca che indossava Roberto era stata cucita su quella che conservava mio padre. E che naturalmente s’era guardato bene dal mostrarmi. Emanuele Fiano deputato Pd, figlio di un sopravvissuto di Birkenau, morto adesso a 95 anni (Simonetta Fiori), la Repubblica.
Sindacalista pentito ma non troppo. Di sinistra ma non troppo. Lazialissimo. Michele Magno, saggista.
Devo tutto me stesso alla mia volontà. Mi sarò sempre immensamente grato. Roberto Gervaso.