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 2021  febbraio 16 Martedì calendario

Il male sottile dell’ipocondria

Molto si è scritto sulla Provvidenza che accompagna al Lazzaretto don Rodrigo: «Verrà un giorno...». Di sicuro nella peste come contrappasso ci sono già le brutte testacce dure che negano e sottovalutano, i senza-regole che non si curano di distanze e mascherine e prima o poi finiscono in ospedale. E però al capo opposto c’è la nevrosi dell’ipocondriaco che a ogni allarme sanitario ripete amaramente «ve l’avevo detto» e si mura vivo come la monaca di Monza. Ebbene, visto che «anche noi, normali» direbbe Zalone, ci muriamo vivi come la monaca di Monza, ho il sospetto che l’ipocondria sia il nuovo, epocale spleen che, in inglese, anche dopo Baudelaire, continua a significare milza, l’organo che secerne la bile nera. Ormai ci basta un brivido di notte, un mal di gola, un’eruzione cutanea o due linee di febbre per gettarci nel cattivo umore e nella depressione e, in preda al mal di vivere, spingerci in farmacia a fare, tanto per cominciare, un tampone, perché «non si sa mai». E vorremmo farci ricoverare sani dai virologi Diafoirus e Purgon, che sono i nomi dei rissosi medici che certificavano i malanni immaginari di Molière e somigliano ai rissosi virologi che ci spaventano sui giornali e in tv. L’ipocondria, si sa, è una malattia creativa. Montaigne confessava che la sola vista delle malattie altrui lo ammalava: «Uno che tossisce di continuo mi irrita i polmoni e la gola». E sono moltissimi i geni che ne hanno sofferto. E cito alla rinfusa: Proust, Glen Gould, Darwin, Edgar Allan Poe, Woody Allen, Dostoevskij, Alessandro Manzoni, Andy Warhol, Emily Brontë, Joyce, Beckett… e persino Florence Nightingale, la più famosa infermiera del mondo che dà il nome ai Nightingale Hospital costruiti in Inghilterra per i malati di Covid. E ci sono poesie, dipinti, canzoni, film e commedie che celebrano l’ipocondria, come variante della malinconia. A Napoli persino la rivendicano come speciale antropologia e la chiamano appocundria : «Me scoppia ogne minuto n’pietto» canta Pino Daniele. Insomma l’ipocondria stava già acquattata nella natura umana ben prima che il Covid ci facesse scoprire che «la prudenza davanti al virus non è mai troppa». E, per esempio, con la variante inglese è ora di indossare almeno due mascherine come i ministri Franceschini e Speranza durante il giuramento al Quirinale. Tra i cronisti politici circolano gli aneddoti sulla loro ipocondria, sui messaggi che ogni mattina si scambiano a proposito di sintomi, pericoli, farmaci. Non so quanto siano veri, ma c’è poco da ridere. L’ipocondria non è più comica e neppure tragicomica: è la nostra Weltanschauung, il nuovo «caballero de la triste figura». Anche in politica gli ipocondriaci non sono le macchiette, come i costruttori che raccattava Conte, ma i diffidenti, dietrologi e complottisti, i sempre sospettosi che vedono il nemico nell’alleato e schivano anche i colpi che non ricevono. I politici italiani lo sono tutti. E diciamo la verità: siamo tutti ipocondriaci.