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 2021  febbraio 16 Martedì calendario

Calcio, proprietà straniere mai così in alto

I primi tre posti della classifica in Serie A e due primi posti su tre in Serie C. Le 12 proprietà straniere del calcio italiano stanno lasciando il segno in questa stagione. Con una presenza di poco superiore al 10%, sul totale dei 99 club professionistici nel nostro Paese, la percentuale di successo risulta decisamente più elevata.
L’ultimo fine settimana ha evidenziato ulteriormente il fenomeno. La graduatoria di Serie A è stata sovvertita grazie al successo dello Spezia, appena diventato americano, sul Milan del newyorchese Fondo Elliott. Ne ha approfittato l’Inter che, con ogni probabilità, parlerà cinese ancora per poche settimane. Ma resterà comunque in mani straniere: inglesi se andrà in porto la trattativa di Suning col fondo londinese BC Partners, oppure svedesi, americane o arabe. Completa il podio temporaneo del massimo campionato la Roma americana della famiglia Friedkin. In Serie B, venerdì scorso, il Pisa dell’imprenditore russo-americano Alexander Knaster (titolare del fondo Pamplona Capital) è andato a vincere a sorpresa a Monza contro la lanciatissima formazione brianzola di Berlusconi e Galliani, che sognava di fare un altro passo verso la vetta. Nel girone A della Serie C comanda il Como anglo- indonesiano, controllato dalla società inglese Sent Entertainment che fa parte dell’impero economico dell’in- donesiano Robert Budi Hartono. Nel girone B guida il Padova del francese Joseph Marie Oughourlian.
Sembra la stagione buona per interrompere il sortilegio che vede le proprietà straniere in Serie A ancora all’asciutto di trofei. Nel massimo campionato ormai i patron venuti dall’estero sono più di un terzo. Con l’acquisto dello Spezia da parte del fondo MSD di Robert Platek, che gestisce il patrimonio di Michael Dell, sono diventati sette. Cinque sono americani: oltre alle già citate Roma, Milan e Spezia, ci sono la Fiorentina di Rocco Commisso e il Parma di Kyle Krause. A quota uno la Cina con Suning e il Canada con Joey Saputo a Bologna. Anche in Serie B sono gli americani a guidare questa invasione. Oltre al Pisa, c’è il Venezia di Duncan Niederauer. In Serie C, a Como e Padova, si è appena aggiunto il Catania dell’avvocato americano Joe Tacopina, da oltre un decennio noto alle cronache pallonare italiane per aver partecipato allo sbarco a Roma di Thomas Di Benedetto, poi tentato la scalata al Bologna insieme a Saputo e infine acquistato il Venezia. Guardando altri indicatori la crescita delle proprietà straniere nel calcio italiano assume connotati ancora più marcati. Hanno un’azionista di maggioranza estero le squadre di otto delle 20 città più popolose d’Italia: Roma, Milano, Bologna, Firenze, Catania, Venezia, Padova e Parma. Gli imprenditori venuti da oltre confine si sono concentrati anche su alcuni dei centri artisticamente più rilevanti del nostro Paese: Roma, Firenze, Venezia, Pisa e Padova. Senza dimenticare Siena, la cui squadra adesso milita in Serie D ed è stata rilevata dall’armeno Bagrat Gazaryan. Seguendo questa mappa sembra evidente il tentativo di abbinare il pallone alla bellezza delle nostre città. Impossibile
non notare la coincidenza tra queste squadre e la vicinanza di alcuni dei capolavori italiani più famosi nel mondo. Lo stesso Spezia può essere associato agli splendidi scenari del Golfo dei Poeti, molto amato dagli anglosassoni a partire da Lord Byron.
In alcuni casi hanno influito le origini italiane degli imprenditori coinvolti: Commisso, Saputo, Tacopina senza dimenticare James Pallotta, predecessore di Dan Friedkin alla Roma. I proprietari stranieri intravedono margini di crescita nei club italiani, dove non viene ancora sfruttato al meglio il mix tra marketing e comunicazione, tipico dello sport statunitense. Inoltre il calcio può offrire occasioni di guadagno, se arrivano i risultati e si scoprono talenti. Non a caso, alcuni di questi investitori stanno costruendo un network di vari club. Oughourlian, oltre al Padova, possiede il Lens e i Millonarios di Bogotà. Platek ha già nel suo portafoglio il Sonderjysk in Danimarca e il Casa Pia in Portogallo, e ha finanziario l’acquisto del Burnley e negoziato quello del Sunderland in Inghilterra. Il Fondo Elliott ha avuto legami con il Lille. Sullo sfondo è possibile scorgere spiegazioni geopolitiche, visto che questa ondata da oltre Atlantico segue l’arrivo nel calcio europeo di numerosi gruppi cinesi, ora bloccati in patria dai diktat del partito comunista di Pechino. Il calcio è arma di soft power. Non si può lasciare il pallone europeo in mano ai rivali.
Molti nuovi proprietari anglosassoni sono fondi di investimento: in questa fase, nella quale non sono molti gli strumenti che possono garantire redditi elevati e nel mondo della finanza ci sono somme rilevanti da indirizzare, il calcio diventa un settore attraente. Su cinque campionati professionistici, dalla Serie A alla C, ci sono tre capoclassifica con proprietà straniere: Inter (Cina), Como (Inghilterra e Indonesia) e Padova (Francia). Fanno eccezione solo l’Empoli in B e la Ternana in Serie C (girone C). Anche la Serie D ha una capolista straniera nel girone F. È il Campobasso dell’italo-americano Matt Rizzetta che guida la cordata del fondo newyorchese North Sixth Group. La squadra molisana manca dal calcio professionistico da quasi 20 anni (ultima stagione in C2 nel 2001-02). Il Siena invece è solo ottavo nel girone E. Gioie e dolori delle proprietà straniere nel calcio italiano sempre più cosmopolita.