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 2021  febbraio 16 Martedì calendario

In Nuova Zelanda i parlamentari non sono più obbligati a portare la cravatta

In Nuova Zelanda i parlamentari non sono più obbligati ad indossare la cravatta in aula. È il risultato della battaglia ingaggiata dal deputato maori, Rawiri Waititi, co-presidente del partito Maori, che era stato espluso per essersi rifiutato di portarla. A spingerlo alla ribellione, ha detto, il fatto che la cravatta viene percepita da alcuni come un simbolo coloniale. Per questo, si era presentato in aula con al collo un ornamento della tradizione maori: il pounamu, la pietra di giada verde.
Il regolamento interno dell’assemblea nazionale esige che i deputati abbiano un abbigliamento adeguato al ruolo, formale, che comprende, rigorosamente, anche la cravatta. Ma il rappresentante eletto dei Maori, Rawiri Waititi si è rifiutato, sostenendo che la maggior parte dei suoi elettori non porta mai cravatte.
Waititi, con la pelle tatuata da segni tribali, ne ha fatto una questione di rivendicazione politica: questa regola, ha detto, vuole imporre ai rappresentanti del popolo maori la cravatta che è un «nodo coloniale», a suo dire. Waititi vuole indossare un hei tiki, un collier tradizionale maori, che nella loro cultura è da considerare un accessorio appartenente ad un abbigliamento formale e corretto.
La questione ha avuto molto seguito sui social network dove l’opinione pubblica ha sostenuto la battaglia del parlamentare maori.
Il primo ministro neozelandese, Jacinda Ardern, invece, non ha preso posizione, sostenendo che ci sono argomenti molto più importanti di cui discutere.
Ora la questione è chiusa dal momento che il presidente del parlamento più inclusivo del mondo, Trevor Mallard, ha annunciato che i deputati non hanno più l’obbligo di indossare la cravatta. Una vittoria per Rawiri Waititi che ritiene che i Maori, come tutte le altre minoranze etniche in Nuova Zelanda, debbano poter affermare la propria cultura e la propria identità in parlamento che è il simbolo della democrazia del Paese.
Il parlamento, dopo le ultime elezioni che si sono svolte a ottobre 2020, è composto per il 48% da donne, per l’11% omosessuali dichiarati, e per il 21% maori. Questi ultimi in maggioranza rispetto al 17% rappresentato in seno alla popolazione.
L’ex colonia britannica in termini di inclusione ha già fatto numerosi passi avanti sul piano simbolico, ma anche concreto. Ad esempio, il nome maori della Nuova Zelanda, Aoteaeroa, è ormai integrato alla denominazione ufficiale del paese.