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 2021  febbraio 15 Lunedì calendario

Biografia di Giorgio Parisi raccontata da lui stesso

Salsa, sirtaki e particelle elementari. La Roma che non ti aspetti del professor Giorgio Parisi è un intreccio di istituzioni scientifiche e scuole di ballo. Lo scienziato italiano, tra i più apprezzati nel mondo, come conferma il recentissimo premio Wolf per la fisica che gli è stato assegnato la settimana scorsa, è nato nella capitale il 4 agosto del 1948. E tutta la sua carriera accademica, pur costellata da periodi di studio all’estero, ha orbitato intorno alla città eterna. Anche oggi che si divide tra l’Università La Sapienza, dove insegna Meccanica statistica, e l’Accademia dei Lincei di cui è presidente dal 2018: «Dalla mia finestra ai Lincei vedo la statua di Garibaldi sul Gianicolo», racconta. «E finalmente ho imparato a non sobbalzare sulla sedia quando a mezzogiorno viene esploso il colpo di cannone. Ma mi diverte vedere le reazioni dei miei ospiti che non se l’aspettano».
C’è poi la Roma serale, quella dello svago.
«Lo sa che ci sono tante scuole che insegnano i balli folkloristici greci?», chiede Parisi, svelando nel corso di questa intervista, una sua passione nota solo ai più intimi.
Professor Parisi, iniziamo dalle origini: la sua famiglia è romana?
«Io e i miei genitori siamo nati qui. Mentre invece tre dei quattro nonni arrivarono nella capitale da varie zone d’Italia: Umbria, Piemonte, Sicilia. La quarta però era romana da sette generazioni».
C’è un quartiere a cui sente di appartenere?
«No, perché ho cambiato spesso. Sono nato vicino a Piazza Fiume, sono cresciuto ai Parioli. Da adulto ho vissuto sei anni a Trastevere, ma quando quell’appartamento è diventato troppo piccolo per una famiglia con due figli ci siamo trasferiti in viale Libia, dove abito ancora oggi».
Adolescenza negli anni Sessanta ai Parioli dunque?
«Sì, frequentavo il Liceo scientifico San Gabriele. Una scuola privata che poi, a causa del calo demografico, è stata chiusa. Oggi al suo posto c’è un residence».
E com’era Roma negli anni Settanta, quando si è laureato in fisica alla Sapienza?
«Certamente ci si muoveva e si parcheggiava più facilmente (ride). Però c’erano anche molte tensioni. Nel 1968 ero tra gli occupanti del Dipartimento di Fisica, all’interno della Città Universitaria, quando arrivarono i fascisti di Caradonna che assaltarono Lettere e Giurisprudenza. Non fui convolto negli scontri, ma vidi tutto».
Altra tappa fondamentale della sua formazione i Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare a Frascati, poco fuori Roma.
«Sì, fu il mio professore Nicola Cabibbo a consigliarmi quella esperienza: Frascati all’epoca era uno dei posti più interessanti per la fisica delle particelle, grazie a uno dei primi acceleratori a fasci incrociati progettato da Bruno Touschek, un fisico austriaco trasferitosi a Roma nei primi anni Cinquanta».
Nel 1981 lei tornò in città, anche se all’estrema periferia sud: professore ordinario nella neonata Università di Tor Vergata. Come ricorda gli esordi del secondo ateneo di Roma?
«Si trattò di un’ottima operazione culturale, ma che aveva anche l’obiettivo di alleggerire la pressione sulla affollatissima Sapienza.
Un’avventura che ricordo con nostalgia, perché ci si conosceva tutti e l’età media dei ricercatori era bassissima. Nel Dipartimento di Fisica eravamo in dieci, contro le diverse centinaia di Roma 1».
Qualcosa sarebbe potuto andare meglio?
«Non siamo mai riusciti a risolvere il problema dei trasporti. Per arrivare a Tor Vergata bisogna prendere la metropolitana e diversi autobus. Oppure andare in auto, affidandosi all’imprevedibile Grande raccordo anulare.
Ricordo che una volta da casa mia ci misi tre ore».
Anche per questo dopo dieci anni passò alla Sapienza?
«Beh i motivi logistici hanno avuto il loro peso: ora posso andare all’Università in poco più di mezz’ora di passeggiata a piedi».
Roma è certamente una città d’arte e cultura. Ma è anche una città di scienza?
«Assolutamente sì. Ci sono le sedi centrali dei principali istituti di ricerca, come per esempio l’Infn o il Cnr. E poi grandi università dove si fa ottima scienza, e non mi riferisco solo alle tre statali. Non molti sanno che a scoprire che l’aspirina in piccole dosi poteva essere di grande aiuto per i cardiopatici è stato un team della Cattolica guidato dal professor Carlo Patrono».
E i giovani romani sono ancora attratti dalla fisica e più in generale dalla scienza?
«Continuiamo ad avere studenti e studentesse bravissimi. Il problema è che se fino a 10 anni fa ci chiedevano di fare da noi anche il dottorato, ora preferiscono andare all’estero già subito dopo la laurea. Perché sanno che per loro in Italia ci sono pochi posti, ormai il nostro è un Paese poco ospitale verso la scienza».
A parte gli aspetti professionali, qual è la Roma che ama di più?
« Sono molto affezionato a Trastevere, dove ho vissuto da giovane e che frequento ancora per il mio ruolo ai Lincei: dietro la nostra sede ci sono il Gianicolo e l’Orto botanico. E poi la bellissima Villa Lante, un piccolo gioiello architettonico disegnato da Giulio Romano: il panorama della città visto attraverso il suo colonnato è uno spettacolo unico al mondo. Ma c’è anche un altra Roma che mi piace molto: quella dello svago e del divertimento, quella dove si balla » .
Scusi professore, lei balla?
«Sì, ho iniziato molti anni fa con salsa e baciata. Poi ho scoperto nel centro sociale Casale Podere Rosa, tra Talenti e San Basilio, le danze popolari greche e me ne sono innamorato. Hanno una varietà di passi e di strumenti incredibile. E se si acquisisce un po’ di esperienza si riesce a distinguere dai suoni e dalle movenze un ballo dell’Epiro da uno della Macedonia. E Roma offre tanti luoghi dove imparare: io ho frequentato corsi e stage di insegnanti greci anche presso la Casa della Pace di Testaccio o in un locale a piazza San Cosimato. Negli ultimi tempi però mi sono dedicato al Forrò, un ballo di coppia brasiliano, sotto la guida di una bravissima insegnante: Francesca Maiolino”.
È dunque un ballerino provetto?
«Diciamo che me la cavo».
Come ha vissuto questi mesi di pandemia?
«Con l’Accademia dei Lincei, un ente dello Stato che fornisce pareri scientifici ai poteri pubblici, abbiamo prodotto una ventina di documenti sul Coronavirus. Sul fronte privato, ho frequentato meno Roma e le sue scuole di ballo. Ho provato a esercitami davanti al pc per tenermi in allenamento, ma non è la stessa cosa».