la Repubblica, 14 febbraio 2021
Il coro degli eterni scontenti
E un trans? Non c’è! Gay, Lesbiche, forse ma non dichiarati! Asessuati? Certamente molti, però fatti loro. Han dimenticato anche un Queer! Fosse un film non potrebbe concorrere all’Oscar che ormai ha regole molto severe: se non c’è un nero, un cinese, un ottentotto, un LGBTQIAPK, può essere il capolavoro dei capolavori ma non meriterebbe neppure la nomination per un premio (che non c’è ancora) al peggior titolo italiano di un film straniero. Ma qui si tratta di un governo, per di più di un governo italiano che da mettere insieme soprattutto oggi è la cosa più complicata che ci sia e con l’ultimo non ce la si faceva più, erano sempre tutti in televisione, a spiegare perché non ce la facevano pur facendolo secondo loro benissimo.
Devono aver tutti tirato un sospiro di sollievo quando il premier Conte è stato un gran signore e ha tolto il disturbo, cosa che nessuno dei suoi se non spintonato avrebbe mai fatto. Adesso c’è questo professor Draghi, atteso come il salvatore della patria in poche mosse, tutti speranzosi di meraviglie tanto da stare zitti, per un paio di giorni, il chiacchiericcio affidato a cartomanti, chiromanti, illusionisti, lettori di tarocchi, profetesse; ma come ovvio solo un minuto dopo che in quanto premier incaricato Draghi ha comunicato la formazione del nuovo governo approvata dal presidente Mattarella, c’erano già dei musi tremendi e un vociare scomposto.
Agli italiani non gliela fai, i social già gridavano al tradimento, tre leghisti e un Italia viva! Sette tecnici di chiara fama quindi particolarmente fastidiosi! Di Maio! Brunetta! Gelmini! Otto donne e quindici uomini! Noi del GPMA, un forte Gruppo di Pensionate Molto Anziane che tra poco avrà il suo sito, invece contentissime sin dall’apparizione l’altra sera, circondato da severe colonne istituzionali, di quell’uomo angelicamente attraente che è Mario Draghi, intoccabile, indecifrabile. Una assoluta novità rispetto ai ridenti o maledicenti chiacchieroni cui ci eravamo abituati: ha elencato i suoi prescelti secondo il loro titolo di Dottore, Professore, Onorevole, con una voce sicura, senza sbalzi né pause di preferenza o dubbio. Non una parola in più, non una fuga ma una subitanea scomparsa da Uomo Invisibile, lasciando con un palmo di naso il paziente drappello di reporter. Un Cary Grant, un Daniel Day-Lewis, un Mahershala Ali però bianco.
A differenza delle giovani donne (per noi tali sino ai 75) di oggi, che guardano gli uomini con sufficienza in attesa di un loro passo falso (e ne fanno in continuazione) la nostra generazione primo ‘900 ha sempre badato, tenendo gli occhi virtuosamente bassi, soprattutto all’aspetto, seducente o no, salvo poi accontentarsi, ovvio, di quel che la nostra grama vita ci offriva. Questo vizio c’è rimasto, tanto è gratis, ed erano decenni che i maschi ma pure le sempre meno rare femmine di lotta e di governo non si potevano definire minimamente piacevoli sia da guardare che da ascoltare. Ora non si offenda il professor Draghi, anche l’occhio vuole la sua parte e se non ha nominato nessun ministro (forse un paio di ministre) con o senza portafoglio di una certa prestanza, pazienza.
Ma le giovani (sempre sotto i 75) hanno ben altre pretese, giustamente, e sui social c’è già l’inferno perché le donne al governo sono solo 8 e solo due con portafoglio, e gli uomini 23, mentre pare, ma io non lo ricordo, che fosse stata assicurata dal presidente incaricato metà masch i e metà femmine. Concita De Gregorio ieri su questo giornale ha deprecato con piena ragione il fatto che nessuna dei tre ministri del Pd sia donna, trattandosi del partito che più dovrebbe sostenere la cosiddetta parità di genere, mentre su Linkiesta Guia Soncini, non ricordando un solo nome di onorevole donna del Pd, si è rallegrata del fatto che una ministra di sinistra c’è, ed è la bella e severa berlusconiana Carfagna. Ecco un mistero da decifrare.
Come mai, cosa ha impedito al Pd di candidare almeno una delle sue bravissime signore, che infatti ieri si sono ribellate con ragione, perché sacrificate non per ragioni di sesso ma proprio per qualche trama, patto, ricatto, fucile puntato, mago Merlino, che non potevano essere ignorati.
Noi che ci ricordiamo della ministra Falcucci all’Istruzione in quanto maestra democristiana, ci lecchiamo i baffi non per tutte metaforici, al pensiero di Cartabia alla Giustizia e Lamorgese agli Interni e Messa all’Università più tutte le altre ovvio: non credo sia la parità di numero a favorire le donne, ma la loro eccellenza quando c’è: e scusate l’affronto, ma non basta essere donna per essere meglio.
Dopo giorni di incerto silenzio, dall’altra notte rimbombano di nuovo nei social gli scontenti, i furibondi, i delusi, quelli cui non gliene va mai bene una, che se non sono contro non sono loro. Non si capisce più se sono ultrasinistrissimi o salviniani dell’epoca d’oro, comunque c’è chi spiritoso propone in tutti i ministeri un personaggio di Totò, chi protesta “governo eversivo, una farsa” per non parlare delle signore, che tra l’altro sono fuori di sé perché al giuramento le ministre donna erano tutte in tailleur nero, cioè troppo virili. Paese immobile? Il nostro gruppo di soddisfatte sta consultando i fondi di caffè e bruciando incensi d’epoca Vanna Marchi per prevedere chi sarà il primo conduttore di chiacchiere televisive a ottenere la presenza del premier e contemporaneamente abbiamo acceso ceri nella nostra parrocchia di riferimento perché il cattolico Mario Draghi abbia la grandiosa eleganza di non andarci mai.