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 2021  febbraio 13 Sabato calendario

I numeri? Se li conosci eviti di preoccuparti

I numeri contano. In democrazia, per esempio, decidono con le elezioni le sorti dei paesi, siano essi il bellissimo borgo medievale di Savignano sul Panaro o gli Stati Uniti ha prevalso uno dei due candidati per un solo voto di differenza (2391 contro 2390). Più grande, ma in proporzione sempre microscopico, il numero di voti che nelle presidenziali Usa del 2000 assegnò a George W. Bush la vittoria in Florida su Al Gore, aprendogli le porte della Casa Bianca. Nello stato del sud est Bush ottenne solo 537 voti in più di Gore su un totale di circa sei milioni di schede scrutinate. Una differenza talmente piccola che scatenò una diatriba giudiziaria durata settimane. Fu risolta da una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti dove ancora una volta un piccolo numero, l’uno, fece la differenza: il verdetto vide infatti cinque giudici schierati a favore di Bush e quattro per Gore. Di quella ancor oggi controversa decisione - chissà se il mondo sarebbe oggi lo stesso se avesse vinto Gore? - rimase famosa anche la relazione di minoranza scritta dalla giudice Ruth Bader Ginsburg, figura carismatica della storia americana e icona «liberal», recentemente scomparsa. Motivando la sua posizione di minoranza la Ginsburg concluse con un secco «I dissent», invece del tradizionale «I respectfully dissent», a rimarcare il suo pesante dissenso dalla decisione dei colleghi. I numeri contano, ma le parole pesano.
Pesano forse un po’ troppo - in questo caso per motivi numerici - quelle usate da Andrew Elliott nel suo È grande questo numero?, da poco nelle librerie per i tipi di Raffaello Cortina Editore.
Ho scelto di aprire questo pezzo con un esempio sulle elezioni che non deriva dal libro, ma ne è ispirato. Elliott parte infatti da una fondata preoccupazione: l’analfabetismo numerico diffuso è un problema grave per la democrazia. Se sul terreno familiare e quotidiano una certa dimestichezza con i numeri è non solo naturale, ma necessaria per vivere, appena ci spostiamo su dimensioni più grandi, comunitarie, la situazione cambia. Lì dove il governo e il funzionamento della società sono affidati alla delega, dove i numeri diventano grandi e le relazioni complesse «pochissimi di noi posseggono una comprensione dei numeri adeguata a prendere decisioni veramente consapevoli», proprio perché «nella nostra specie il talento innato con i numeri è molto limitato». E questo è un problema, perché per essere tale la democrazia richiede anche la comprensione dei numeri, «di prendere decisioni che presuppongono una certa comprensione dei bilanci nazionali, dell’impatto delle attività umane sul mondo naturale, o delle conseguenze delle decisioni politiche sulla ricchezza e sulla salute». Con il suo libro e il sito www.isthatabignumber.com l’autore si propone di aiutare a colmare il divario che separa i più da quel livello minimo di alfabetizzazione numerica richiesto per una cittadinanza attiva e una democrazia compiuta.
Obiettivo al quale Elliott ci conduce in un lungo viaggio tra i numeri, ricco di esempi e suggerimenti. Come il metodo, di romana memoria, «dividi e conquista» che ci permette di gestire numeri grandi suddividendoli in numeri più piccoli che la nostra mente può più facilmente affrontare. Elliot ce ne dimostra l’utilità stimando il numero di spettatori che poteva contenere il teatro antico di Taormina e voi potete metterlo alla prova provando a calcolare il numero di caratteri, spazi compresi, di cui è composta questa recensione. Sconsiglio di farlo contandoli tutti, perdereste presto il conto. Meglio contare il numero di battute di una riga, il numero di righe che ci sono in una colonna, il numero di colonne che occupa questa recensione e cavarsela con due semplici moltiplicazioni fra numeri piccoli. Probabilmente non centrerete esattamente il numero esatto (4995 per la precisione) dato che magari non tutte le colonne saranno intere, ma ci andrete vicino.
Partito con l’encomiabile scopo di non farci spaventare dai numeri proponendocene di tutti i tipi e tutte le grandezze, con lo scorrere delle pagine Elliott però si fa prendere la mano dai troppi esempi numerici. Paradossalmente accade proprio che nell’intento di «dissipare la sconcertante nebbia che sembra accompagnare i numeri grandi» l’autore usi un numero di esempi, e di numeri, troppo grande. Il che, senza togliere nulla al rigore dell’approccio, a tratti disorienta. L’approccio quasi enciclopedico, che ad esempio aveva funzionato bene in un recente libro di fisica della stessa collana (Zen e multiversi di Aguirre, del quale ho scritto su queste pagine qualche mese fa), qui invece rende la lettura più impervia. Premiata però da una ricca aneddotica che permetterà al lettore più paziente di scoprire quanto pesa King Kong e che nel papiro di Mosca, risalente al 1850 a.C. e una delle poche testimonianze scritte della matematica egiziana, vengono discussi venticinque problemi riguardanti la geometria, le piramidi, le superfici curve e… la gradazione della birra.