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 2021  febbraio 13 Sabato calendario

QQAN91 Su "Teofania" di Walter F. Otto (Adelphi)

QQAN91

Questo libro è dedicato a un tema, la religione greca antica, che appassiona da secoli studiosi e non specialisti. La domanda portante di Walter F. Otto, quella che per l’appunto è in grado di affascinare il lettore a prescindere dalle sue conoscenze degli studi classici, è una questione per noi contemporanei apparentemente distante, forse persino secondaria, mentre Otto ce ne restituisce inaspettatamente tutta la profondità e significanza: i Greci hanno davvero creduto ai loro dèi?
Otto, con tutta la sapienza di un erudito ma con lo stile coinvolgente di uno scrittore di libri d’avventura, nelle sue pagine molto ispirate fa scorrere dinanzi ai nostri occhi le variopinte figure delle maggiori divinità greche; il suo interrogativo, la fede che a suo dire ha animato i Greci nel dar vita a un Pantheon intramontabile, rimane comunque presente e attivo in ogni pagina della sua analisi. E la risposta alla domanda: cosa hanno ancora da dirci gli dèi greci?, assume man mano la triplice forma della rievocazione di un tempo mai davvero passato, dell’amore per il mondo al quale le divinità greche, ciascuna a suo modo, danno vita, e di un monito al nostro presente. Possiamo realmente permetterci di considerare la religione greca antica come una congerie di fantasie, un insieme di storielle più o meno ben costruite, adatta a passare il tempo a tavola o attorno a un falò, oppure - ma soltanto in alcuni casi molto particolari - come narrazioni dense di significati nascosti, depositarie di verità esoteriche?
Per Otto, la verità della religione greca antica, della religione olimpica, è strettamente legata alla verità e alla presenza del divino. Una presenza che i Greci a suo dire hanno sperimentato in ogni ambito della loro esistenza, e dalla quale sono stati toccati e spesso travolti; certamente però non si tratta di una escogitazione per sopportare il mondo, ma di una visione per comprenderlo nella sua pienezza.
Che «tipo» di essere umano era «il Greco» per poter sperimentare il divino come costante presenza mondana? Appena ci poniamo questa domanda comprendiamo che le riflessioni di cui Otto ci fa partecipi nel suo testo non possono essere confuse con riferimenti eruditi; e dunque, per quanto i riferimenti a Omero e ad altri autori generalmente considerati classici siano frequenti, il lettore non può, neppure involontariamente, scambiarli per abbellimenti accessori di una tesi. Ogni volta, infatti, che Otto parla delle singole divinità, chiamando in causa ora Apollo, ora Afrodite e ora Artemide, egli certamente ricorre ai Classici: la «fonte» della narrazione, il passo citato insomma, non ha però lo scopo scolastico di risvegliare nella mente del lettore memorie di studi lontani, bensì di far emergere l’orizzonte umanissimo, antropologicamente fondato, in cui quella narrazione ha preso forma grazie alla vita del popolo greco.
Otto considera l’apparizione «greca» nella storia dell’umanità un evento eccezionale, irripetibile. Anche questa sua posizione, certamente non originale, va tuttavia a sua volta ricompresa nell’orizzonte che le è proprio: eccezionalità e irripetibilità del mondo greco non si trasformano senz’altro nell’immagine più o meno patinata di un modello per sempre irraggiungibile, e dunque situato in un punto lontanissimo nella preistoria dell’umanità, consegnato ai nostalgici del tempo antico. I Greci restano una sorta di «compito» e fine utopico cui l’umanità ancora oggi potrebbe tendere, se fosse in grado di migliorare se stessa. I paragrafi che Otto dedica a considerare l’amore, e non le ben più «moderne» volontà e obbedienza, come caratteristica essenziale del rapporto tra i Greci e i loro dèi, la premura che Otto adotta per farci comprendere come l’esperienza greca del divino coincidesse con la rivelazione di un’infinita ricchezza esistenziale, tutto ciò fa parte a pieno titolo di questo libretto, che ben possiamo considerare come un compendio di quel che lo studioso aveva sentito e compreso.
Non dunque il mondo greco come oggetto di studio distaccato e per certi aspetti quasi indifferente a colui che lo accosta nelle sue fondamenta, bensì tema coinvolgente da un punto di vista esistenziale, che viene avvicinato proprio perché, in qualche modo misterioso, chi avvicina la grecità già le deve appartenere, segretamente amarla. In questa prospettiva, il lettore non potrà che perdonare alcune mancanze o frettolosità che pure sono presenti nello studio di Otto, come si perdonano a un sentiero che si inoltra maestoso in un paesaggio straordinario alcune piccole asperità del terreno, che servono a tenerci desti nel cammino.