Corriere della Sera, 13 febbraio 2021
Contagi tra i medici ridotti del 64%
Il monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe, sulla base dei dati dell’Istituto superiore di Sanità, ha evidenziato che i nuovi casi di infezione di Sars-CoV-2 nella popolazione generale sono stabili, ma i contagi tra gli operatori sanitari si sono ridotti del 64,2 per cento: dai 4.382 rilevati nella settimana 13-19 gennaio, quando è stata avviata la somministrazione delle seconde dosi, ai 1.570 di quattro settimane dopo (3-9 febbraio), registrando una decrescita costante ogni sette giorni.
«Questa netta riduzione è verosimilmente effetto della somministrazione di circa 1,9 milioni di dosi di vaccino in questa categoria di popolazione» spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
In media in Italia il 70 per cento delle dosi disponibili – Pfizer e Moderna con efficacia al 95 per cento – sono state somministrate agli operatori sanitari, in prima linea contro il virus, con punte sopra l’80 per cento in Abruzzo, Lazio e Puglia. Male invece l’Alto Adige dove solo il 34 per cento delle dosi disponibili sono andate agli operatori sanitari (moltissimi hanno rifiutato l’immunizzazione): una scelta che sta pagando l’intera popolazione con misure sempre più restrittive a fronte di un aumento dei contagi.
Il dato sui medici italiani ricalca un po’, con le dovute differenze, con situazioni non del tutto sovrapponibili, quello che è stato osservato in Israele dove il 90 per cento della popolazione «over 60» ha ricevuto il vaccino Pfizer.
In questa fascia di età si è verificato un calo del 41 per cento delle infezioni e un calo del 31 per cento dei ricoveri tra metà gennaio e l’inizio di febbraio: un dato che confermerebbe il fatto che il vaccino Pfizer sembrerebbe bloccare anche il contagio, tuttavia su questo punto saranno necessarie ulteriori indagini.
Il trend in entrambe le situazioni è senz’altro positivo: calano i contagi. Ma è tutto merito della vaccinazione? O c’entra un po’ anche il lockdown? L’Italia per tutto il periodo natalizio è rimasta in zona rossa e solo di recente le restrizioni si sono addolcite (e non per tutte le regioni). Anche Israele è in lockdown dal 27 dicembre.
«Nei trial clinici – spiega Paolo Bonanni, epidemiologo, professore di Igiene all’Università di Firenze – la situazione è ideale perché si formano due gruppi omogenei: a uno viene somministrato il vaccino, all’altro il placebo e gli altri parametri sono invariati. Nel mondo reale possono invece subentrare diversi fattori che in campo epidemiologico sono chiamati “fattori di confondimento”, come può essere un lockdown, la maggiore o minore esposizione, o altro non calcolabile».
Conclude l’epidemiologo Bonanni: «Tuttavia un calo di contagi così marcato non è stato visto in altri lockdown, sia in Italia sia in Israele ed è difficile che non sia stato il fattore vaccino ad aver impattato sul dato. E questa è un’ottima notizia».