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 2021  febbraio 13 Sabato calendario

Come cambiano le Questioni di Cuore


Chissà se la ragazza cui l’amica del cuore aveva soffiato il ragazzo sarà riuscita a risoffiarglielo poi a sua volta piantarlo? Chissà se il marito offeso dal tradimento alla fine ha scelto di non andarsene e di ricominciare? E la vedova inconsolabile sarà riuscita a consolarsi con l’aiuto di un gentiluomo o di una gentildonna? Diventati ottantenni, i coniugi pazzi d’amore continueranno a fare l’amore? Eccetera eccetera.
Ogni tanto mi chiedo cosa ha riservato la vita a chi scriveva a “Questioni di cuore” vent’anni fa o più, quando Il Venerdì mi affidò queste due paginette illuminate dai meravigliosi cuori di Mojmir Jezek, oggi una raccolta in un paio di libri d’arte. Perché il mondo intanto andava avanti per conto suo, indifferente alle nostre insignificanti, piccole ma per noi essenziali vite individuali, e cambiavano anche i confini e le regole attorno a noi: le unioni civili, il MeToo, le controversie puntigliose sulla definizione di genere, l’eccesso del politicamente corretto, la folla di donne che conquistano i grandi poteri e la debolezza di quegli uomini che non riescono ancora ad accettare la libertà femminile. Quindi lungo gli anni le Questioni di Cuore sono cambiate, o meglio sono cambiati i modi per affrontarle: ma i sentimenti e le emozioni no, sono quelli dell’uomo delle caverne e della donna sapiens (insulti!) soltanto vestiti di nuovo dal momento storico e dall’accumularsi dei secoli. Le lettere sono cambiate anche perché il popolo di eterni (oltre che nuovi) lettori di Repubblica e de Il Venerdì continua a scrivere, e non ha più trent’anni, e neppure cinquanta, e c’è per esempio una irriducibile lettrice che conserva il giornale sin dal primo numero e che a 92 anni ogni tanto mi informa delle sue letture, romanzi d’amore, e dei suoi nipoti dagli amori sbagliati che stanno divorziando.
Così è parso giusto agli inizi del 2021 modificare il titolo in “Questioni (non solo) di cuore”. Come sempre le lettere più belle arrivano dall’Italia di cui si parla poco, dai borghi antichi, dalla campagna dove la gente è tornata, dalle montagne dove si è ritrovata la serenità: e adesso oltre che di amori, parlano della bellezza che li circonda, del libro che stanno scrivendo, (aiuto, tutti stanno scrivendo un libro e promettono di mandarmi il manoscritto!), della nostalgia di un amore lontano, di politica, delle amicizie sul web, del gatto in cerca di gatte, della capra adottata che si ostina a voler dormire sul divano di casa, della famiglia quanto mai allargata, figli, nipoti, ex mogli o ex mariti coi nuovi compagni e i loro figli. Con il lockdown niente riunioni di famiglia, e naturalmente lamenti d’amore, quelli ovvi della distanza troppo lunga e della troppo ininterrotta convivenza. Le più drammatiche quelle riferite ai figli adolescenti del tutto smarriti, una sola da parte di una colta escort disoccupata.
(…) Gli argomenti andavano, vanno, a periodi: c’è stato quello delle mogli in fuga, delle cinquantenni in cerca di nuovi amori, dei maschi che imputavano al femminismo la fine del mondo e giustificavano il femminicidio, dei sacerdoti innamorati e più o meno angosciati, degli omosessuali ancora clandestini e poi legati civilmente come sposi, delle universitarie innamorate del professore sposato, delle impiegate fidanzate tra loro, degli sporcaccioni (mai pubblicate le loro lettere) dei depressi, dei giovanotti che non osano, dei litigi sui figli, del ritrovarsi dopo anni e riamarsi più di prima. Ciò che lacera spesso le coppie è naturalmente il sesso: a un certo punto lui, e soprattutto lei, dice basta, vogliamoci bene, facciamoci compagnia ma a letto si legge, si guarda Netflix e si dorme, al massimo ci si coccola un po’ e d’inverno ci si scaldano i piedi.
(…) C’è stato un periodo in cui devo aver fatto qualcosa di sbagliato o a qualcuno non bastava litigare sui social; infatti una piccola folla di uomini (donne mi pare di no) senza insultarmi anzi lodandomi, mi pregava di piantarla lì, troppo vecchia, troppo qualsiasi cosa, e di lasciare il mio posto ai giovani. Non so se esistano agony aunt (come ci chiamano in Inghilterra) ambosessi, disoccupate/i, prive di reddito di cittadinanza e neppure navigator. Però ce ne sono già che si occupano di amori giovani su TikTok e altre piattaforme, e io non vorrei essere al loro posto perché questi ragazzi che si mostrano ballando e col cellulare in mano e ponendo domande d’amore, mi paiono più insicuri e impreparati dei non più giovani che scrivono a me, ricchi di una sapienza di vita antica che si sta perdendo mi pare nell’immenso chiacchiericcio di rete.