il Fatto Quotidiano, 13 febbraio 2021
Commenti al nuovo governo
Venerdì 12 febbraio
Ore 17. Mario Draghi chiama i ministri.
Ore 19. Mario Draghi sale al Quirinale per farsi approvare la lista dei ministri dal Presidente Sergio Matterella.
Ore 20. Mario Draghi legge la lista dei ministri davanti ai cronisti.
Pochi minuti dopo lascia il Quirinale: «Ti ho messo sulle spalle un impegno molto gravoso... Auguri», lo saluta il presidente. «Grazie, di auguri ho bisogno», replica il neopremier con un sospiro [Breda Cds].
I numeri
«Un mix di 23 ministri scelti tra tecnici (8) e politici (15), con numerosi elementi di continuità con il Conte-bis e designazioni ispirate dagli equilibri dei partiti. Guardando ai partiti di appartenenza, sono 4 i ministri del M5s, 3 ciascuno per Pd, Lega e Forza Italia, e 1 per Leu e Italia Viva. Equilibrio che invece non è stato rispettato per quanto riguarda sia la parità di genere (8 ministre sono davvero poche, per di più solo tre con portafoglio) che per quella geografica. Tre ministri su 4 vengono dal Nord, con record assoluto per la Lombardia, a quota 9. Due i ministri originari del Lazio» [Malfetano, Mess].
I commenti
«Vedo che nel nuovo c’è molto del mio governo...» (Giuseppe Conte) [Mess].
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«È un governo migliore di quello di prima. Abbiamo meno ministri di prima, è vero. Ma se avessimo voluto solo qualche poltrona in più ci saremmo tenuti Conte. Abbiamo pensato all’Italia, non a Italia viva» [Matteo Renzi a Monica Guerzoni, Cds]
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«È il primo caso di un metodo Cencelli non applicato dai partiti, ma dal premier. Per la prima volta i segretari non hanno potuto metter bocca, perlomeno nella decisione finale» [Alessandro Trocino, Cds].
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«Le grandi aspettative degli italiani sull’ipotesi di un governo dei migliori in risposta all’appello del Capo dello Stato per fare fronte alla drammatica situazione dell’Italia si infrangono nella fotografia di un esecutivo di compromesso che rispolvera buona parte dei ministri di Giuseppe Conte» (Giorgia Meloni) [Acquaviti, Mess].
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«Imprese, turismo, disabili. Lega da subito al lavoro pancia a terra per aiutare e rilanciare il cuore dell’Italia. Faremo gioco di squadra» (Matteo Salvini) [Giornale]
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«È il governo perfetto per farsi eleggere al Quirinale... Ci sono tutti i partiti, e i moderati di quei partiti, quelli che possono siglare il patto...» (un ex ministro del centrodestra) [Di caro, Cds].
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«In questi mesi, nel lavoro di ricostruzione del partito, abbiamo scommesso molto sulla valorizzazione della forza e della risorsa delle donne e, in questi giorni, nella centralità del tema della differenza di genere come cuore del programma per la ricostruzione italiana. Nella selezione della componente del Pd nel governo questo nostro impegno non ha trovato rappresentanza» (Nicola Zingaretti) [Giornale].
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«Non riesco a capacitarmi! Neanche una donna del mio partito nell’elenco di ministre e ministri — va detto, di assoluta qualità — letto dal presidente Draghi» (La senatrice dc Valeria Fedeli)
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«Abbiamo il governo e non è un brutto governo. Mario Draghi ha dato fiducia ai partiti della sua maggioranza inserendo quindici ministri politici (tre Pd, tre Forza Italia, tre Lega, quattro Cinque Stelle, uno Leu e uno Italia Viva), cosa che al momento del suo incarico non era per nulla scontata. Nei posti chiave per la gestione della crisi economica ci sono praticamente solo tecnici, oggettivamente di alto livello, e questo sulla carta non è un male perché finalmente si punta sulla competenza e non sull’appartenenza. Ognuno può pensarla come meglio crede, ma erano anni che non avevamo un governo all’altezza del ruolo dell’Italia e delle sfide che sono sul tavolo. Certo, la conferma di Di Maio agli Esteri non va in questo senso, ma è chiaro a tutti che il vero e unico ministro degli Esteri sarà Mario Draghi e che il leader grillino si limiterà a tagliare i nastri nelle cerimonie ufficiali e a fare discorsi di maniera parlando nel suo inglese sgangherato» [Alessandro Sallusti, Giornale].
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«Come avete visto non ho parlato. Non perché non abbia un’opinione su questo governo, sul suo segno politico e sul perimetro che lo sostiene. Ma un Partito è una comunità a cui si deve rispetto. Perché senza quella comunità non ci sono segretari, non ci sono ospitate televisive, non ci sono posti in Parlamento. Per questo domenica mattina riuniremo l’assemblea nazionale di Sinistra italiana. Lì discuteremo. E assieme decideremo come comportarci. Anche in Parlamento. Dopo, come è giusto, dirò fino in fondo cosa penso» (Nicola Fratoianni) [Cds].
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«Draghi mi piace più di Conte, ha più stile e ha un volto molto cinematografico, un volto da attore americano, interessante, affascinante. In un mio film potrebbe essere quello che sta per esser assassinato, ma che poi ce la fa a divincolarsi, aiutato da una guardia del corpo come Jason Statham. Oppure, restando in politica, Giorgetti della Lega» (Dario Argento) [Fatto].
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«È vero e infatti a me pare rilevante la "tipologia" che ha presieduto alla scelta dei "tecnici", termine che non mi piace perché sono tutti politici quelli che vanno al governo e sarebbe giusto definirle personalità che non derivano dal corpo politico. Bene, in questo caso se li esaminiamo uno per uno, scopriremo che tutti corrispondono ad una caratteristica peculiare: non sono soltanto astrattamente degli esperti, ma ognuno di loro ha un curriculum nel quale c’è una grossa esperienza gestionale» [Sabino Cassese a Fabio Martini, Sta].
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«Un governo bellissimo. Pochi tecnici, molti politici, niente estremisti, niente galli nel pollaio, moderati valorizzati ovunque (Giorgetti e Garavaglia: wow!) e alcuni ministri che hanno saputo della nomina in diretta tv (Carfagna). Poteva essere il governo di nessuno, sarà il governo di tutti!» (Claudio Cerasa) [Fatto].
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Come si è capito dalla lista dei ministri, non è un governo esplosivo e rivoluzionario. Non è un governo che abbaglia. O che soddisfa tutte le attese, davvero troppe, che si erano create giorno dopo giorno. C’era il desiderio diffuso di assistere a un totale rivolgimento di persone e di attitudini, come se stessimo per entrare in una nuova era. Comprensibile, se si considerano le delusioni dell’esperienza precedente; poco realistico, alla luce dell’evidente tendenza all’equilibrio e alla moderazione di Mario Draghi (e del presidente della Repubblica accanto a lui). La compagine riflette la realtà complessa del Paese immerso in un inverno non solo meteorologico. E il risultato, se ci si astrae dalle polemiche sul profilo di alcuni prescelti che non sarebbe abbastanza alto, è il migliore, o il più decente, a cui si poteva aspirare nelle condizioni date» [Stefano Folli, Rep.].
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«Ciascuno dei leader politici sembra rivendicare una condizione magica in cui può dirsi felice “non tanto del Draghi in sé quanto del Draghi in me» (Corriere della Sera) [Fatto].
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«Il potere vero non ha bisogno di parlare. Più grande è, più silenziosamente agisce. Il silenzio è d’oro: lo sanno bene i monaci, i capi militari, ma anche e forse soprattutto chi è abituato a maneggiare l’esplosivo delle leve finanziarie, la dinamite dei mercati, il governo della moneta. Di tutti gli arcani del comando, il silenzio, fratello del vuoto, dell’attesa e dell’immaginazione, è dunque il più temibile; e infatti a certe orecchiette ormai poco avvezze è risultato, come si dice, assordante. Quando ieri sera Mario Draghi ha finalmente letto la lista dei suoi ministri la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne dei partiti non sapeva nemmeno che voce avesse. Per la prima volta nella storia repubblicana nessuno — non un politico, non un giornalista, non un mandarino dell’amministrazione — era a conoscenza dei nomi, dei programmi, delle ragioni, delle combinazioni, degli equilibri e degli obiettivi per cui il presidente incaricato aveva scelto questo o quello» [Ceccarelli, Rep].
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«Non mi aspettavo un governo così “misto”. Sono spiazzata. Spero che questa composizione sbilanciata sulla politica non lo freni, perché abbiamo bisogno di andare veloci» (Rossella Muroni, deputata con sensibilità ambientalista) [Cds]
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«“A me sembra una bella squadra”, dice Bruno Tabacci. Eppure sembra fatta col bilancino per tenere buoni tutti quanti: 4 caselle per i grillini, 3 a testa per Pd, Forza Italia e Lega. Un’allegra ammucchiata multicolore. Tabacci dissente: “Ma no. No. In queste condizioni cosa possono pesare i partiti? Non potranno prevaricare alcunché”. Intanto però hanno piazzato parecchi loro uomini, è un governo iper-politico. “Be’ insomma, c’è Franco all’Economia, c’è Colao, c’è il responsabile del super-ministero all’Ambiente…”. Quella “transizione ecologica” non sarà mica una supercazzola per far felice Beppe Grillo? “Affatto. Lì ci saranno molti soldi da spendere”. Resta Speranza a lottare col Covid, Lamorgese agli Interni, Franceschini, persino Di Maio agli Esteri. Quasi un Conte-ter senza Conte e con parecchio centrodestra. Ma non c’è modo di turbare l’amico di Draghi, Tabacci non si piega: “Non si può fare questo paragone. Le scelte non erano facili, ma non si può dire che manchi discontinuità”. L’ultimo dei “costruttori” contiani è il primo dei draghiani, entusiasta e irreversibile» [Tabacci a Tommaso Rodano, Fatto].
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«Un sapiente dosaggio tra continuità e cesura col passato. Ma con l’inserimento di profili soprattutto tecnici che sottolineano la voglia di competenza, se non di eccellenza, e una proiezione nel futuro. Il modo in cui emerge il governo di Mario Draghi, presentato ieri sera al Quirinale, più che a sorprendere tende a rassicurare. Conferma la volontà di amalgamare ministri politici, amministratori dello Stato, accademici, uomini e donne; e di inserire l’uno accanto all’altro esponenti di forze diverse, considerate finora incompatibili» [Massimo Franco, Cds].
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«La crisi del governo Conte è stata la Waterloo della politica e la fine di un governo a prevalenza di incompetenti. La mia preoccupazione è che il governo Draghi duri troppo poco, che ci “sia nei partiti la volontà di eliminare la presenza operativa di Draghi mandandolo al Quirinale» (Carlo De Benedetti su La7) [Fatto].
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«Quanto alla persona Draghi – che Formigli ha sobriamente definito “l’Ayrton Senna” della politica ancorché dotato di una macchina di merda (l’Italia, parrebbe)» [Fatto]