La Gazzetta dello Sport, 13 febbraio 2021
In morte di Maurizio Mattei (arbitro e designatore)
Un atleta, in un’epoca in cui quella dell’arbitro era più una vocazione che una professione, da affiancare al primo, vero lavoro. Figurarsi se la preparazione atletica era, al contrario di oggi, la priorità. Eppure l’ex arbitro Maurizio Mattei, morto ieri a Civitanova per il Covid-19 per cui era ricoverato da giorni, era un atleta. Anzi, nella sua carriera, agli occhi dei due Cesare, Jonni e Gussoni, la forma fisica aveva fatto la differenza. Serie C, poi la B e la A: 320 match diretti. Poi la carriera da dirigente Aia, l’apice nel 2005 quando fu nominato designatore di A e B fino al 2006 quando fu sostituito da Stefano Tedeschi, dopo l’inchiesta di Calciopoli che però non lo vide mai indagato e andò a capo del Settore tecnico. Unanime il dolore – il presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli, ha annunciato un minuto di silenzio nel weekend – ma tra i più colpiti sono gli uomini in nero con i vertici Aia, guidati dal presidente Marcello Nicchi, che hanno espresso il cordoglio alle famiglie e alle sezioni di Mattei e di Gianni Beschin, anche lui scomparso ieri. Tra l’attuale designatore Nicola Rizzoli e Mattei c’è un filo invisibile: «Si può dire che sono nato con lui -dice – fu lui a crescermi, anche con polso duro se serviva, e a riconoscere qualcosa in me quando era organo tecnico della Serie C». Colpito, anche dalla scomparsa di Beschin, lo storico arbitro Paolo Casarin legato a entrambi: «Essere arbitri è come il servizio militare, il legame non si interrompe mai, li ho visti scalare, ho gioito con loro, ho sofferto con loro. E oggi Maurizio e Gianni non ci sono più». Ricorda sui social il rigore e il fare un po’ ruvido di Mattei l’ex arbitro Luca Marelli: «Amato o detestato, il destino di chiunque sia gravato dal dover decidere. Mi ha sospeso più volte perché lo meritavo, mi ha promosso, mi ha lanciato ma, soprattutto, non mi ha mai fatto mancare la sua stima, espressa con i modi tipici del suo carattere, fra il burbero e l’affettuoso».