ItaliaOggi, 12 febbraio 2021
L’ebreo che giocò per Hitler
Alle Olimpiadi d’inverno, la prova generale per i Giochi di Berlino, il 7 febbraio del 1936, nell’incontro di hockey contro l’Italia, la Germania conduce due a zero, ma il risultato è incerto. I tedeschi hanno perduto il primo incontro con gli Stati Uniti, per passare il turno devono assolutamente vincere. L’ala destra Rudi Ball segna la terza rete, e la nazionale del III Reich entra nelle semifinali. Gli azzurri vengono eliminati.
Hitler ha inaugurato i Giochi a Garmisch-Partenkirchen innanzi a 60mila spettatori, ma non sa sciare, come non sa nuotare. In realtà odia la neve, ma conosce il valore dello sport. In estate, le Olimpiadi con la svastica saranno un successo e molti nel mondo si illudono sul Reich. Anche Winston Churchill. Ma il Führer a Garmisch non assiste alla vittoria contro l’Italia di Mussolini.
Rudi Ball, il campione tedesco, che l’Equipe nel 1931 nominò il miglior giocatore d’Europa, è un Halbjude, un mezzo ebreo, indegno di vestire la maglia della nazionale. Fu convinto o costretto a lasciare Milano dov’era emigrato per tornare in patria. Era nato a Berlino il 22 giugno del 1911. Il padre era un commerciante di stoffe tedesco, e la madre un’ebrea lituana, ma di religione cristiana. Dunque, secondo le leggi di Norimberga del ’35, ebreo solo a metà, come i due fratelli Gerhard e Heine, anche loro giocatori di hockey.
I tre Ball giocano nella SC. Berliner, una delle squadrei più forti d’Europa, e Rudi è il migliore, anche se è alto un metro e 63, e pesa 64 chili. Un avversario con una spallata lo scaraventerebbe in tribuna, ma lui sguscia come un anguilla, un’ala destra veloce imprendibile. A meno di vent’anni conquista la medaglia d’argento ai mondiali del 1930, e nel 1932 il bronzo alle Olimpiadi di Lake Placid negli Stati Uniti, e per sei volte vince il campionato tedesco.
L’anno dopo i nazisti conquistano il potere, i tre fratelli non perdono tempo, se ne vanno in Svizzera e giocano per la squadra di Sankt Moritz. Ancora un anno e Rudi si trasferisce a Milano, accolto a braccia aperte dal club dei Diavoli rossoneri. Grazie a lui, la squadra vince due partite nella Spengler Cup, il torneo internazionale di hockey più vecchio al mondo, riservato ai migliori.
All’inizio del ’36, a Garmisch appaiono cartelli che annunciano Juden Zutritt verboten, vietato l’ingresso agli ebrei. Interviene il comitato olimpico e i cartelli vengono tolti. Ma il Führer vuole escludere anche tutti gli atleti ebrei, a stento viene convinto ad accettarli nelle altre nazionali. Non potranno tuttavia indossare la maglia del Reich ariano. Il funzionario dello Ioc, Charles H. Sherill incontra invano due volte Hitler per convincerlo a cambiare idea.
Gustav Jaenecke, altro campione della nazionale tedesca, annuncia che non scenderà sul ghiaccio se non verrà convocato il suo amico Rudi. Senza i due migliori giocatori, la nazionale non avrebbe chance. Si prende contatto con Ball a Milano e lui cede, e torna in patria. Lo hanno ricattato minacciando i genitori, come è probabile, o Rudi ha creduto di poter dimostrare ai tedeschi che per vincere hanno bisogno dell’aiuto degli ebrei?
A Garmisch si infortuna, non può scendere in campo contro il Canada, e assiste dalla tribuna alla sconfitta dei compagni. La nazionale tedesca giunge solo al quinto posto. I giochi sono un successo propagandistico, ma il bilancio sportivo è men che mediocre, appena tre ori contro sette della Norvegia. L’Italia non conquisterà neanche una medaglia. A Berlino, in agosto, la Germania conquisterà 33 ori.
Nel 1938, i genitori di Rudi possono lasciare il Reich e emigrano in Sud Africa. Questo è un forte indizio che il giovane sia stato ricattato. Lui resta in Germania, come ostaggio, non lo toccano perché è un idolo degli sportivi, e continua a giocare per i Berliner. Nel ’48, infine, parte anche lui per il Sudafrica, dove muore nel 1975. A Potsdam, alle porte di Berlino, gli hanno dedicato una strada.