ItaliaOggi, 12 febbraio 2021
Periscopio
Durante il G8 di Genova ero a Riccione, per scelta. Non mi piaceva quello che stava succedendo, la città trasformata in una caserma e proteste che travalicavano il giusto dissenso. Luca Bizzarri, per dieci anni uno dei volti di Le Iene (Roberta Scorranese). Corsera.
L’aria azzimata di Conte è tipica di un certo avvocato meridionale di un tempo che ignora l’abbigliamento casual. Cravatta e camicia bianca, poi, sono da sempre l’uniforme del politico italiano medio. Ernesto Galli della Logga, storico (Maurizio Caversan). LaVerità.
«Cosa resta degli Agnelli con la Fiat americana?». La rispettabilità di cui gode in Italia. Il fatto che si sia parlato così poco della fuga di capitali indica il perdurante carisma. Negli Usa, la loro immagine sarebbe stata travolta, facendo dimenticare tutto il buono che hanno fatto. Jas Gawronski, giornalista (Giancarlo Perna). Libero.
Certo, per i cronisti politici sono stati anni stupendi. Rocco Casalino allude, tratta, corteggia, annuncia, rimprovera, minaccia, drammatizza e poi, quasi sempre, perdona. Permaloso e un po’ mitomane (tornando da Bruxelles: «Per questo benedetto Recovery avete ringraziato tutti, da Conte a Gualtieri, e vi siete dimenticati di me»), pignolo fino all’ossessione, narratore sfrenato (Lele Mora, suo ex agente: «Ha talento, è solo un filo pettegolo»). Fabrizio Roncone. Corsera.
Con Mattarella, anche per consuetudine familiare da parte dei genitori, il rapporto di Ugo Zampetti, segretario generale della Presidenza della Repubblica, è iniziato quando, uno come deputato e l’altro come funzionario, hanno cominciato a lavorare nella commissione affari costituzionali di Montecitorio. Dall’elezione a giudice costituzionale, Zampetti gli è sempre rimasto fedele, con appuntamento fisso la domenica mattina nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte. Nelle consultazioni di questi giorni siede costantemente alla destra del presidente mentre alla sinistra prende diligentemente appunti Daniele Cabras, consigliere parlamentare, figlio d’arte anche lui di un altro autorevole esponente della sinistra Dc, con Giovanni Grasso fuori dalla porta come un corazziere a controllare che tutto proceda regolarmente. Luigi Bisignani. il Tempo.
Nella conversione che ha colto l’apostolo delle felpe sulla via tra il Papeete e Bruxelles, c’entrano San Giorgetti e i Draghi, con il contorno di produttori del Nordest smaniosi di essere governati da un professionista, ma non è difficile scorgere anche una giocosa vena di sadismo. La si è vista affiorare quando Salvini ha promesso «assidue frequentazioni» con il Pd, già pregustando la reazione di Zingaretti, il quale si contorce tra il desiderio di rifiutare quella mano tesa, apparentemente disinfettata da ogni intenzione ostile, e l’impossibilità di farlo senza passare per irresponsabile. Massimo Gramellini. Corsera.
Avere sei figli è stupendo. Hanno pregi e difetti, ma siamo contenti di aver dato al mondo delle persone in gamba. La maggioranza non segue il nostro esempio perché oggi l’aspetto economico orienta le scelte. Se ho tre figli ma non posso andare in vacanza, mi deprimo. Idem quando non riesco a garantirgli lo smartphone, il tablet e un abbigliamento all’altezza delle loro aspettative. Inoltre non si procrea perché è più facile lasciarsi, quando non c’è di mezzo la prole. Damiano Tommasi, ex calciatore (Stefano Lorenzetto). l’Arena.
Il mio dissenso rispetto a molte scelte della alla magistratura non ha influito sulla mia carriera perché non ho mai fatto domande per incarichi direttivi. Stavo benissimo alla Procura di Venezia e ho fatto il sostituto fino a 62 anni. Poi sono stato spinto dai colleghi a far domanda come aggiunto, e ci son rimasto fino alla pensione. Devo anche aggiungere che questo dissenso non ha mai influito sul mio lavoro, perché nessuno si sarebbe mai permesso di interferire nel merito delle indagini, e comunque i miei capi erano impeccabili. Così ho indagato tranquillamente fino al Mose, quando abbiamo inquisito politici di destra, di centro e di sinistra. Ma quando fui promosso consigliere di Cassazione ci furono (unico su 150 colleghi in valutazione) dei voti di dissenso di alcuni componenti di Magistratura Democratica. Alcuni colleghi mi suggerirono di intervenire per arrivare a un compromesso. Risposi che quei voti a verbale erano per me un punto d’onore. Questo era il sistema: cauti tentativi di intimidazione. Leggendo Palamara, negli ultimi anni mi pare che il sistema sia peggiorato. Carlo Nordio, ex magistrato (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
Se stamattina, siamo a febbraio, potessimo uscire insieme, papà, tu e io e il cane. Piove, ma piano. Andremmo alla fermata del tram. Anche a te piacevano, i tram di Milano. Prenderemmo l’1. Che va in centro – adagio, col suo caro clangore d’acciaio. Tu guarderesti stupefatto i passeggeri con la mascherina sul volto. Ti aggiornerei rapidamente. Abbasseresti la maschera, a far domande. Te la rialzerei, come a un figlio. Ma, aggiungerei, tu eri bambino nel tempo della Spagnola, non mi preoccuperei. Gente che parla allo smartphone, che parla da sola. Corrughi la fronte. Poi ti spiego, direi, e mi stringerei a te sulla panca di legno. Marina Corradi, scrittrice. Gazzetta di Parma.
Dovremmo considerare la rete non una biblioteca, ma una piazza. In biblioteca se prendo un libro so che posso, almeno quasi sempre, fidarmi. In piazza so che incontro un tema e, intorno, opinioni diverse. Ma censurare la rete per eliminare le fake news è assurdo. E non serve a nulla. Alessandro Barbero (Roberta Scorranese). Corsera.
Beppe Fenoglio va a letto solo a notte fonda, e finalmente a casa sua torna il silenzio: resta una stanza piena di fumo e di quell’odore acre che una volta avevano gli inchiostri delle macchine da scrivere. Restano i fogli sparsi sul grande tavolo. È un lavoro duro, per niente facile. Ma Beppe non è tipo da cose facili. «Scrivo per un’infinità di motivi», spiega lui in uno dei rari autoritratti che si concede. «Per vocazione, anche per continuare un rapporto con un avvenimento o anche per giustificare i miei sedici anni di studi senza laurea, anche per spirito agonistico, anche per restituirmi sensazioni passate. Per un’infinità di ragioni, insomma. Non certo per divertimento. Ci faccio una fatica nera. La più facile delle mie pagine esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti. Scrivo «with a deep distrust, and a deeper faith»», con profonda sfiducia, ma con una fede ancora più profonda. Maurizio Pilotti. Libertà.
Ho abbastanza talento per capire quanto me ne manca. Roberto Gervaso.