ItaliaOggi, 11 febbraio 2021
Rifacciamo altrove anche Venezia
Ho abitato 40 anni fa per qualche mese a Venezia. A Pasqua non uscii di casa, i turisti erano tanti che si bloccavano sui ponti. Allora i veneziani autentici erano 80 mila, oggi poco più della metà. L’ultima volta che andai al Louvre, a Parigi, con mia moglie volevamo rivedere solo Claude Lorrain, pittore francese nato nel 1600. Il museo non si può visitare tutto in un giorno, andrebbe centellinato. Sono andato anche dalla Gioconda, ma a vedere quelli che volevamo vederla. Una folla di invasati con il cellulare in mano per fotografare Mona Lisa, nonostante le urla dei custodi. A qualche decina di metri, nessuno si accorgeva della Venere delle Rocce, il capolavoro di Leonardo.A Trastevere, a Roma, la movida e i turisti che si aggirano in mandrie per i vicoli, ci hanno costretto a traslocare. Ma noi siamo privilegiati, chi abita nel quartiere, o a Testaccio, o a San Giovanni, dalla primavera all’autunno non riesce a dormire. Il Covid ha costretto il turismo di massa a una tregua, abbiamo riscoperto il vuoto e il silenzio, ma nessuno si augura che l’emergenza duri ancora a lungo. Tutto ricomincerà come prima, che fare per salvare i luoghi che tutti desiderano visitare?
Rifacciamo altrove piazza San Marco o gli Uffizi, o il Louvre. La proposta non viene dal Texas o dalla Cina, dove hanno già costruito una copia del canal Grande, e un paesino austriaco molto amato dai cinesi, ma da un rispettabile economista svizzero, il professore Bruno Frey, 79 anni. Ha appena pubblicato Venedig ist überall, Venezia è ovunque (Springer Verlag; 19,99 euro), e viene intervistato da Der Spiegel. «Tutto ricomincerà come prima e dobbiamo sfruttare l’emergenza per salvare i luoghi che amiamo», è la facile profezia dell’autore. Non a caso, il settimanale nell’edizione online offre un altro articolo Pizza, pasta, Pisa, titolo in italiano. L’Italia sta per riaprire le frontiere, possiamo tornare nel Paese che amiamo. Ma l’amore eccessivo uccide.
Nel 1950, i turisti in tutto il mondo furono 25 milioni. Nel 2018 oltre un miliardo e 400 milioni, ed è solo l’inizio, ricorda Frey. A Venezia furono 500 mila nell’intero 1949, in un solo giorno oggi a Piazza San Marco arrivano in 130mila, in un anno 30 milioni, le grandi navi da crociera sono 450 all’anno, ma i passeggeri corrono per le calli, tornano a bordo e non spendono neppure un euro. Il Louvre ha 10 milioni di visitatori all’anno, il Vaticano sei milioni, Salisburgo, Copenhagen, Amsterdam, San Gimignano o Oxford, sono in pericolo come Venezia. Nel 2010, 500 milioni hanno visitato la vecchia Europa, piccola e fragile. Tra dieci anni saranno 850 milioni, ma le visite sono sempre più rapide, la durata è diminuita del 15%. Un turismo scappa e fuggi. Non rimane un’esperienza, solo un selfie.
Mettere un biglietto d’ingresso, come propongono i veneziani? Non si può discriminare, creare un turismo di lusso, obietta Frey. Come per la Gioconda, le città vanno messe sotto vetro, e creare una copia altrove. Anche il David a Firenze o la statua di Marco Aurelio a Roma sono una copia, e la gran parte di chi li ammira non lo sa. Rifare Venezia in Cina alla Walt Disney? Sarebbe un falso grottesco, andrebbe costruita vicina all’originale, sempre nella Laguna, perché l’acqua, l’aria, il cielo, i sapori e gli odori resterebbero gli stessi dell’originale.
I fregi del Partenone si trovano al British Museum a Londra, e a Atene i greci li hanno rifatti alla perfezione. Oggi, ricorda Frey, la tecnica ci consente di creare copie identiche e l’offerta potrebbe essere migliore, con visite multimediali, locali accoglienti, alberghi meno cari. Rimane il problema degli esercenti nella vera Venezia, che fare dei caffè in piazza San Marco, o degli hotel storici? Anche oggi a Parigi alcuni dormono al Ritz e altri finiscono in un campeggio. In realtà, non ci sarebbe alternativa a un turismo per pochi e a un turismo per tutti, e lo sa anche il professor Frey. Salvare la bellezza ha un suo prezzo, non a tutti è permesso consultare manoscritti e libri preziosi in biblioteca, e viene consentito solo agli studiosi.