La Gazzetta dello Sport, 11 febbraio 2021
Biografia di Ottavio Missoni
Le più importanti testate del mondo stanno celebrando il centenario della sua nascita. Ma Ottavio Missoni, venuto al mondo l’11 febbraio 1921 nella comunità italiana di Dubrovnik/Ragusa, poi zaratino e triestino d’adozione, correrebbe a leggere per prima questa pagina. La Gazzetta è stata per decenni il “suo” giornale: ne chiese una copia poche ore prima di chiudere gli occhi per sempre. A suo tempo, aveva svelato in una lettera diretta alla Rosea che il suo era anche un vincolo di gratitudine, ricordando quando, appena rimpatriato dopo 4 anni di prigionia in Nord Africa, veniva accolto e rifocillato alla mensa della Gazzetta, allora nella storica sede di via Galilei. Normale, per i nostri colleghi del dopoguerra, coccolare quello straordinario talento dell’atletica, che aveva ottenuto grandi risultati da giovanissimo, prima che la sua carriera venisse divorata dal servizio militare durante il conflitto mondiale. Un 48”8 sui 400 a 16 anni, un 47”8 da junior: tempi di valore mondiale per le categorie, che sarebbero stati imbattuti in Italia per molti decenni e che gli valsero la convocazione in Nazionale stabilendo un record di precocità.
Carta quadrettata
Il suo ultimo squillo da atleta, la conquista della finale dei 400 hs all’Olimpiade londinese 1948, coincise con l’inizio di una nuova avventura di vita. E la porta d’ingresso si chiamò Rosita Jelmini, un’incantevole sedicenne di buona famiglia, allora in vacanza-studio a Londra, che lo vide in pista e poi l’incontrò sotto la statua di Cupido in Piccadilly Circus. Sbocciò un amore che divenne matrimonio nel ’53, cambiò le loro vite e la storia della moda e dell’imprenditoria italiana. Quella coppia di creatività fresca, moderna, colorata, innovativa, trasgressiva quanto basta nell’estetica, dopo inizi avventurosi, cominciò ad affermarsi negli anni 60, dando vita ad uno dei marchi fondatori del fashion italiano. Certamente quello più riconoscibile: allora come oggi, a colpo d’occhio si individua un capo Missoni. Ottavio si mantiene sempre sincero e diretto nel riconoscere i meriti creativi della moglie, fino a presentarsi così a qualche importante premiazione: «Sono lo sposo di Rosita». E non scherza. Si definisce un artigiano e lavora soprattutto sui colori, con un’infinita serie di esperimenti con pennarelli e carta quadrettata.
Sindaco in esilio
E così, fra una sfilata e una laurea ad honorem, fra l’apertura di una boutique a New York e l’accesso dei tessuti Missoni nelle mostre d’arte, fra un’onorificenza e una campagna pubblicitaria d’avanguardia, si costruisce una leggenda che vive tuttora. Ottavio, Tai per familiari e amici stretti, diventa il più incredibile personaggio del jet-set. Nel senso che lo abita a suo modo, non rinunciando a esprimersi nella “lingua madre”, il dialetto dalmata-triestino, scegliendo con cura amici e compagni di strada: gente libera di pensiero, a prescindere dal successo nella vita e nelle professioni. Li invita settimanalmente in un cenacolo milanese, avvincendoli con una simpatia travolgente, fatta di umanità, ironia, umorismo, saggezza. Non abbandona mai lo sport, sia da onnivoro lettore, sia da praticante: a 50 anni lo riscopre cominciando una carriera da master di cui è orgoglioso quasi più che dei suoi successi come stilista. Da anziano, ben oltre gli 80, si cimenta ancora in salto in alto, giavellotto, peso, disco; conquista una ventina di titoli italiani e porta un’inconsueta notorietà all’agonismo della terza età. Come non dimentica mai la sua Dalmazia, diventando anche “sindaco del libero comune di Zara in esilio”: si prodiga così per la riconciliazione e la memoria dell’italianità.
La cultura
Era alto, bello come un Apollo, come scrisse Gianni Brera, irresistibile, come un mattatore della scena, alla Vittorio Gassman, ma con uno stile suo, fatto di convivialità, bonomia, voglia di stare con gente vera, di cultura, ma che non se la tirasse. Le sue battute sono nella memoria di chi le ha ascoltate. «Non smisi mai di studiare, per il semplice motivo che non avevo mai cominciato». «Un giorno l’architetto Zanuso si lamenta con me perché i giapponesi gli hanno copiato la linea di una penna, senza pagarne i diritti. E io gli rispondo: cosa dovrei dire io che Maya, Inca e compagnia mi copiano da 3000 anni?». «Se Dio esiste è sicuramente uno stilista». «Non so se Dio è come ce lo raccontate voi preti, perché se guardiamo alla realtà o gli siamo venuti male o è lui che non è un granché a disegnarci».
I colori
La famiglia, che con gli anni si trasforma in una gioiosa e coloratissima tribù, è sempre stata al centro della sua scena, un orgoglio esibito. I figli sono diventati i continuatori della coppia fondatrice: Angela è da anni la direttrice creativa della casa, Luca il custode attento dell’arte di famiglia, Vittorio era l’uomo insostituibile delle pubbliche relazioni, finché un incidente aereo se lo portò via nel gennaio 2013. E da questo atroce lutto, Ottavio, novantaduenne, non poté riprendersi, spegnendosi pochi mesi dopo. Rosita oggi ha 90 anni, portati con uno splendore raro. È tuttora attivissima, in particolare nella linea “casa” del marchio. Il grande amore della sua vita se lo porta negli occhi quando si affaccia sulla veranda della casa di Sumirago, con vista sul Monte Rosa: «Grazie Tai per una vita dai colori indimenticabili».